nel caso di successione di posizioni di garanzia,
in base al principio dell'equivalenza delle cause, il comportamento colposo del
garante sopravvenuto non é sufficiente ad interrompere il rapporto di causalità tra
la violazione di una norma precauzionale operata dal primo garante e l'evento,
quando tale comportamento non abbia fatto venir meno la situazione di pericolo
originariamente determinata (principio pacifico, affermato fra l'altro da Sez. 4, n.
27959 del 05/06/2008, Stefanacci e altri, Rv. 240519; Sez. 4, n. 38810 del
19/04/2005, Di Dio, Rv. 232415; Sez. 4, n. 4793 del 06/12/1990, dep. 1991,
Bonetti e altri, Rv. 191805). Né può parlarsi, ai fini della esclusione di
responsabilità, di "affidamento" quando colui che si affida sia in colpa per aver
violato determinate norme precauzionali o per aver omesso determinate condotte
e, ciò nonostante, confidi che altri, che gli succede nella stessa posizione di
garanzia, elimini quella violazione o ponga rimedio a quella omissione (Sez. 4, n.
4793 del 06/12/1990, dep. 1991, Bonetti ed altri, Rv. 191804; Sez. 4, n. 35827
del 27/06/2013, Zanon e altri, Rv. 258124).
quando l'obbligo di impedire l'evento ricade su più persone che debbano
intervenire o intervengano in tempi diversi, il nesso di causalità tra la condotta
omissiva o commissiva del titolare di una posizione di garanzia non viene meno
per effetto del successivo mancato intervento da parte di un altro soggetto,
parimenti destinatario dell'obbligo di impedire l'evento, configurandosi, in tale
ipotesi, un concorso di cause ai sensi dell'articolo 41, comma primo, cod. pen. In
questa ipotesi, la mancata eliminazione di una situazione di pericolo (derivante da
fatto commissivo od omissivo dell'agente), ad opera di terzi, non é una distinta
causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento, ma una
causa/condizione negativa grazie alla quale la prima continua ad essere efficace
(Sez. 4, n. 43078 del 28/04/2005, Poli ed altri, Rv. 232416:
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