giovedì 29 settembre 2016

DINIEGO PERMESSO DI SOGGIORNO

Il combinato disposto degli artt. 4, comma 3, e 5 del D.lgs n. 286 del 1998 dispone che il rilascio del permesso di soggiorno sia rifiutato quando manchino i requisiti richiesti per l’ingresso ed il soggiorno nel territorio dello Stato, ossia quando lo straniero risulti, tra l’altro, “condannato, anche con sentenza non definitiva compresa quella adottata a seguito di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell’art.444 c.p.p., per reati previsti dall’art. 380, commi 1 e 2, c.p.p.”, ovvero quelli per i quali è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza di reato.
           In relazione a tali reati, il giudizio di pericolosità sociale e di minaccia per l'ordine pubblico è stato presunto dal legislatore, in considerazione della gravità degli stessi anche sul piano penale o in relazione al particolare allarme sociale che provocano nella comunità.
         L'orientamento giurisprudenziale consolidatosi sul punto è nel senso che le ipotesi di cui all’art. 4, co. 3, precludano tassativamente il rilascio del permesso di soggiorno in favore del cittadino extracomunitario che sia incorso nei reati ivi previsti (ex plurimis, Cons. Stato, Sez. III, 1024/2015 e 112/2015).
  Tale presunzione legislativa è stata inoltre ritenuta legittima dalla Corte Costituzionale, che, nella sentenza n. 148 del 2008, ha escluso che possa ritenersi manifestamente irragionevole condizionare l'ingresso e la permanenza dello straniero nel territorio nazionale alla circostanza della mancata commissione di reati di non scarso rilievo - come nel caso di specie il tentativo di estorsione, foriero di particolare allarme sociale, essendo peraltro la relativa fattispecie integrata dall’uso di minaccia o violenza - la cui configurazione è immediatamente diretta a tutelare beni giuridici di rilevante valore sociale, di modo che non può ritenersi manifestamente irragionevole la disciplina legislativa che una siffatta condanna assume come circostanza ostativa all'accettazione dello straniero nel territorio dello Stato.
Il giudice delle leggi ha più volte affermato che la“regolamentazione dell'ingresso e del soggiorno dello straniero nel territorio nazionale è collegata alla ponderazione di svariati interessi pubblici, quali, ad esempio, la sicurezza e la sanità pubblica, l'ordine pubblico, i vincoli di carattere internazionale e la politica nazionale in tema di immigrazione e tale ponderazione spetta in via primaria al legislatore ordinario, il quale possiede in materia un'ampia discrezionalità, limitata, sotto il profilo della conformità a Costituzione, soltanto dal vincolo che le sue scelte non risultino manifestamente irragionevoli” (cfr. sentenza Corte Cost. 16 maggio 2008 n. 148) e che “l’automatismo espulsivo altro non è che un riflesso del principio di stretta legalità che permea l’intera disciplina dell’immigrazione e che costituisce anche per gli stranieri presidio ineliminabile dei loro diritti, consentendo di scongiurare possibili arbitri da parte dell’autorità amministrativa” (cfr. sent. Corte Cost. n. 148/2008 cit. e ord. Corte Cost. n. 146/2002).
      Né la circostanza che la contestata norma ritenga sufficienti, al fine di impedire il rilascio del permesso di soggiorno, anche sentenze di condanna non definitive, vale a rendere la disposizione manifestamente irragionevole.
Il rilievo degli interessi pubblici tutelati attraverso la normativa che disciplina ingresso e permanenza dello straniero nel territorio dello Stato, giustificano, infatti, una valutazione implicita di pericolosità derivante dal mero fumus di colpevolezza, quantomeno nelle ipotesi – come quella di specie – in cui l’addebito abbia ad oggetto reati che per la loro specifica natura esprimono un rilevante grado di allarme sociale, tanto da rendere obbligatorio l'arresto in flagranza.
8. Alla luce delle superiori premesse, dunque, in presenza di condanna, anche non definitiva, per uno dei reati di cui all’art. 380 c.p.p. all’Amministrazione, in sede di rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, è preclusa qualunque valutazione discrezionale in ordine alla pericolosità sociale del richiedente, essendo questa postulata dal legislatore, sulla base di un’articolata valutazione legata alla oggettiva gravità del fatto storico in relazione al titolo di reato, cui peraltro il provvedimento gravato fa rinvio, non senza evidenziare di condividerne il sotteso giudizio di oggettiva pericolosità sociale.

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