mercoledì 7 settembre 2016
deposito cauzionale nelle locazioni
L'obbligo del locatore di un immobile urbano, di
corrispondere al conduttore gli interessi legali sul deposito cauzionale versato
da quest'ultimo ha natura imperativa, in quanto persegue finalità di ordine
generale, tutelando il contraente più debole ed impedendo che la cauzione,
mediante i frutti percepibili dal locatore, possa tradursi in un incremento del
corrispettivo della locazione, con la conseguenza che tali interessi devono
essere corrisposti al conduttore anche in difetto di una sua espressa richiesta
(Cass. 27 gennaio 1995, n. 979; 21 giugno 2002, n. 9059; 19 agosto 2003, n.
12117; 30 ottobre 2009, n. 23052). Si afferma nel controricorso che
l'inderogabilità della previsione non esclude la rinuncia al diritto, da cui
l'inesistenza di un reddito tassabile. In realtà, anche alla luce dell'accertamento
del giudice di merito, la rinuncia al diritto ha rappresentato la forma della
deroga (vietata) alla norma imperativa, e dunque non può riconoscersi
un'operatività della rinuncia a prescindere dall'inderogabilità della norma.
Mediante la rinuncia agli interessi legali il contratto prevedeva, secondo il
giudice di merito, l'infruttuosità del deposito cauzionale. E' proprio dunque la
rinuncia che integra la deroga alla norma imperativa. Né può farsi riferimento
alla giurisprudenza sull'inderogabilità dei minimi tariffari, stabilito dall'art. 24
della legge 13 giugno 1942, n. 794, sugli onorari di avvocato e procuratore,
che non trova applicazione nel caso di rinuncia, totale o parziale, alle
competenze professionali, perché tale conclusione si fonda sul circostanza che
la prestazione d'opera del difensore può essere gratuita - in tutto o in parte -
per ragioni varie, oltre che di amicizia e parentela, anche di semplice
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
convenienza, sicché la rinuncia non risulterebbe posta in essere
strumentalmente per violare la norma imperativa sui minimi di tariffa (Cass.
27 settembre 2010, n. 20269 — unico limite resta il divieto legale sancito dai
citato art. 24, e cioè quello di predeterminare consensualmente l'ammontare
dei compensi professionali in misura inferiore ai minimi tariffari). Nel caso del
deposito cauzionale relativo alla locazione la rinuncia sarebbe invece
strumentale alla violazione della norma imperativa.
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