mercoledì 7 settembre 2016
autodifesa nel processo penale - limiti
la normativa interna, la quale
esclude la difesa personale della parte nel processo penale e nei procedimenti incidentali
che accedono allo stesso, non si pone in contrasto con l'art. 6 paragrafo terzo lett. c) della
Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che prevede la possibilità di autodifesa; è stato
infatti ritenuto dalla CEDU sul tema della difesa personale della parte nel processo penale
o in procedimenti incidentali che accedono allo stesso, che il diritto all'autodifesa non è
assoluto, ma limitato dal diritto dello Stato ad emanare disposizioni concernenti la
presenza di avvocati davanti ai tribunali allo scopo di assicurare una buona
amministrazione della giustizia (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 7786 del 29/01/2008 dep.
20/02/2008 Rv. 239237. (Conf. sent. nn. 7787, 7788, 7789 del 2008, non massimate).
Tali conclusioni si basano sul consolidato orientamento della Corte costituzionale che, fin
dalla sentenza n. 188 del 1980, ha osservato che alla Convenzione europea dei diritti
dell'uomo, il cui art. 6, n. 3, lett. c) prevede la possibilità di autodifesa esclusiva, non può
attribuirsi il significato proposto dal ricorrente; in tale occasione il giudice delle leggi ha
osservato che "la Commissione stessa ha avuto occasione di affermare che il diritto
all'autodifesa non è assoluto, ma limitato dal diritto dello Stato interessato ad emanare
disposizioni concernenti la presenza di avvocati davanti ai tribunali (ric. 722/60)" e che nei
giudizi dinanzi ai Tribunali Superiori "nulla si oppone ad una diversa disciplina purché
emanata allo scopo di assicurare una buona amministrazione della giustizia (ric. 727/60 e
722/60)". Peraltro vi è da aggiungere, sotto altro profilo, che è stata ritenuta
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
manifestamente infondata l'eccezione d'illegittimità costituzionale dell'art. 41, comma
primo, cod. proc. pen., per asserita violazione dell'art. 6 CEDU e dell'art. 111 Cost., nella
parte in cui consente al giudice collegiale competente di dichiarare inammissibile la
richiesta di ricusazione senza previa fissazione dell'udienza camerale, poichè, quanto
all'art. 6 CEDU, ne è esclusa l'applicabilità ai procedimenti o subprocedimenti incidentali e,
quanto all'art. 111 Cost., rientra nell'insindacabile discrezionalità del legislatore la scelta di
graduare forme e livelli differenti di contraddittorio, sia esso meramente cartolare o
partecipato, atteso che resta sempre garantito il diritto di difesa (Sez. 2, n. 8808 del
18/02/2010 - dep. 04/03/2010, Di Ilio, Rv. 246455), anche perchè il ricorso può
validamente essere proposto anche dall'imputato, ai sensi dell'art. 613 cod. proc. pen.
3. Proprio dunque in relazione al sistema vigente, e con ulteriore riferimento alla
CEDU, è stato ritenuto nullo, ex art. 178, comma primo, lett. c) e 179, cod. proc. pen., il
provvedimento con cui sia stato nominato (il giudice del riesame in sede di rinvio nomini)
difensore d'ufficio - stante l'omesso avviso al difensore di fiducia - la stessa parte,
avvocato abilitato all'esercizio avanti le giurisdizioni superiori, in quanto nel processo
penale l'autodifesa non è consentita; nel processo penale l'obbligo della difesa tecnica,
sancito dagli artt. 96 e 97 cod. proc. pen., esclude che le parti, anche se abilitate
all'esercizio della funzione di avvocato, possano essere difese da se stesse, secondo
quanto già affermato dal Giudice delle leggi (cfr. C. Cost. Ord. 16.12.2006 n. 8/07) e
ribadito da questa Corte (Cass. Sez. Un. Civ. 2006 n. 139). Non è, possibile dunque
attribuire rilevanza al richiamo dell'art. 6 della Convenzione dei diritti dell'uomo (cioè alle
"norme del diritto internazionale generalmente riconosciute"), ai fini dell'adeguamento del
diritto interno, poiché esso è riferito soltanto alle norme internazionali di natura
consuetudinaria e non a quelle di natura pattizia (v. C. Cost. Ord. 421/97 e Sent. 188/80
e Cass., sez. II, 17 maggio 2013, Caldarelli, e Sez. 5, n. 17400 del 02/04/2008 - dep.
28/04/2008, Greco, Rv. 240424).
4. Sempre con riferimento alla Corte europea dei diritti dell'uomo, deve sottolinearsi
che la stessa ha puntualizzato che l'art. 6, paragrafo 3 c, cit. - pur riconoscendo a ogni
imputato "il diritto di difendersi personalmente o di fruire dell'assistenza di un difensore di
sua scelta" - tuttavia non ne ha precisato le condizioni di esercizio, lasciando agli Stati
contraenti la scelta di mezzi idonei a consentire al loro sistema giudiziario di garantire
siffatto diritto, in modo che si concili con i requisiti di un equo processo (v. C.E.D.U. Sez.
III, sent. 27 aprile 2006 sul ricorso n. 30961/03, Sannino/Italia).
D'altra parte anche la previsione, contenuta nella disciplina che ha introdotto la
competenza penale del giudice di pace, in base alla quale l'offeso può presentare un
"ricorso diretto" al giudice di pace, depositandolo nella segreteria del Pubblico Ministero,
che provvede alla formalizzazione dell'addebito, in ordine al quale il giudice di pace, se
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non ritiene il ricorso infondato o inammissibile, dispone la convocazione delle parti innanzi
a sé, trova giustificazione nel fatto che il processo penale innanzi al giudice di pace è
caratterizzato dalla particolare attenzione a favorire, per quanto possibile, la conciliazione
tra imputato e persona offesa.
5. Pertanto ritiene la Corte che, all'interno del nostro sistema, il legislatore ha
predisposto un modello di esercizio del diritto di difesa differenziato per le varie fasi o
tipologie dei processi; che tale differenziazione, (che, ad esempio, comprende tra gli altri il
procedimento di prevenzione per l'applicazione delle misure personali o reali), segue
tuttavia una linea logico-sistematica che regge al vaglio della compatibilità con il dettato
costituzionale e con i principi affermati dalla C.E.D.U.; con la conseguenza che,
correttamente, è stato ritenuto dai giudici di merito di non esservi stata nel caso di specie
alcuna lesione del diritto di difesa (v. anche Sez. U, n. 31461 del 27/06/2006 - dep.
22/09/2006, Passamani).
6. Sulla base di queste premesse deve essere ritenuto principio che conferma la regola
generale la disciplina prevista in tema di patrocinio a spese dello Stato, dove il difensore,
purché iscritto nell'albo speciale dei patrocinanti davanti alle magistrature superiori, è stato
considerato legittimato a proporre personalmente il ricorso per cassazione avverso il
provvedimento di liquidazione delle sue competenze professionali maturate in sede penale,
emesso in sede di opposizione, proprio perchè la regola generale della rappresentanza tecnica
nel processo penale (art. 613 cod. proc. pen.) è, in questo caso, eccezionalmente derogata a
favore dell'avvocato cassazionista, in virtù del rinvio formale che l'art. 170 d.P.R. n. 115 del
2002 opera, in tema di liquidazione di compensi professionali, alla speciale procedura prevista
per gli onorari di avvocato dall'art. 29 L. n. 794 del 1942, come modificato dal recente d.lgs.
10 settembre 2011, n. 150, e, indirettamente, alle disposizioni degli artt. 86 e 365 cod. proc.
civ.. (Conf. S.U. n. 6817, 30 gennaio 2007, Mulas, non massimata; Sez. U, n. 6816 del
30/01/2007 - dep. 16/02/2007, Inzerillo ed altro, Rv. 235344).
7. Tali conclusioni vanno riaffermate anche con riferimento alla nuova disciplina introdotta
dalla Legge 31 dicembre 2012, n. 247, recante "Nuova disciplina dell'ordinamento della
professione forense", prevista dall'art. 13, in cui la possibilità del diritto di difendersi da solo è
significativamente prevista da una disposizione titolata "Incarico e compenso" che, per il suo
carattere generale, come evidenzia il suo inserimento nel Titolo I, Disposizioni generali, artt. 1
-14, non può che rimandare al quadro normativo che specificamente deve essere applicato in
materia per ogni singola controversia. La previsione di cui al comma 1 dell'art. 13 della legge
citata, secondo la quale " L'avvocato può esercitare l'incarico professionale anche a proprio
favore. L'incarico può essere svolto a titolo gratuito", non può che avere, dunque, un valore
ricognitivo, rispetto alla disciplina esistente,
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