lunedì 15 dicembre 2014

UN CUORE FORTE, UN CUORE SALDO

Gesù ci rende misericordiosi verso la gente.
Chi ha il cuore debole perché non fondato su Cristo rischia di essere rigido nella disciplina esteriore, ma ipocrita e opportunista dentro.
 i capi dei sacerdoti chiedono a Gesù con quale autorità compia le sue opere. E’ una domanda  che dimostra il “cuore ipocrita” di questa gente: “a loro non interessava la verità”, cercavano solo i loro interessi e andavano “secondo il vento: Il cuore era molto debole, non sapevano in cosa credevano.
il cristiano deve avere 
il cuore forte,
 il cuore saldo, 
il cuore che cresce sulla roccia, che è Cristo, 
andare con prudenza: 
 non si negozia il cuore, non si negozia la roccia. 
La roccia è Cristo, non si negozia!”:

‘la nostra disciplina’ - rigidi nella pelle, ma, come Gesù gli dice, ‘putrefatti nel cuore’, deboli, deboli fino alla putredine. Tenebrosi nel cuore”.
“Questo è il dramma di questa gente” e Gesù denuncia ipocrisia e opportunismo:
“Anche la nostra vita può diventare così, anche la nostra vita.
Chiedo al Signore la grazia che il nostro cuore sia semplice, luminoso con la verità che Lui ci dà, e così possiamo essere amabili, perdonatori, comprensivi con gli altri, di cuore ampio con la gente, misericordiosi.
Mai condannare, mai condannare. Se tu hai voglia di condannare, condanna te stesso, che qualche motivo avrai, 

martedì 9 dicembre 2014

la gioa della chiesa


“Aprire le porte alla consolazione del Signore”.
La stessa presenza del Signore consola”. Una consolazione che c’è anche nella tribolazione.
“noi, al solito, fuggiamo dalla consolazione; abbiamo sfiducia; siamo più comodi nelle nostre cose, più comodi anche nelle nostre mancanze, nei nostri peccati.
 “quando viene lo Spirito e viene la consolazione ci porta ad un altro stato che noi non possiamo controllare: è proprio l’abbandono nella consolazione del Signore”.
 “la consolazione più forte è quella della misericordia e del perdono”.
lasciatevi consolare dal Signore, è l’unico che può consolarci.

“La gioia di uscire per cercare i fratelli e le sorelle che sono lontani: questa è la gioia della Chiesa.
Lì la Chiesa diventa madre, diventa feconda”:
“Quando la Chiesa non fa questo, quando la Chiesa si ferma in se stessa, si chiude in se stessa, forse si è ben organizzata, un organigramma perfetto, tutto a posto, tutto pulito, ma manca gioia, manca festa, manca pace, e così diventa una Chiesa sfiduciata, ansiosa, triste, una Chiesa che ha più di zitella che di madre, e questa Chiesa non serve, è una Chiesa da museo. La gioia della Chiesa è partorire; la gioia della Chiesa è uscire da se stessa per dare vita; la gioia della Chiesa è andare a cercare quelle pecore che sono smarrite; la gioia della Chiesa è proprio quella tenerezza del pastore, la tenerezza della madre”.

giovedì 4 dicembre 2014

i santi della vita quotidiana


E’ davvero cristiano chi mette in pratica la Parola di Dio, non basta dire di avere fede.
Non si può essere “cristiani di apparenza”, cristiani truccati, perché appena arriva un po’ di pioggia il trucco va via. Tanti cristiani delle apparenze crollano alle prime tentazion, perché non c’è sostanza, hanno costruito sulla sabbia.
Invece, ci sono tanti santi nel popolo di Dio che mettono in pratica l’amore di Gesù.
Hanno costruito la casa sulla roccia, che è Cristo:
“Pensiamo ai più piccoli, eh? Agli ammalati che offrono le loro sofferenze per la Chiesa, per gli altri. Pensiamo a tanti anziani soli, che pregano e offrono. Pensiamo a tante mamme e padri di famiglia che portano avanti con tanta fatica la loro famiglia, l’educazione dei figli, il lavoro quotidiano, i problemi, ma sempre con la speranza in Gesù, che non si pavoneggiano, ma fanno quello che possono”.
Sono i “santi della vita quotidiana!”,
“Pensiamo a tanti preti che non si fanno vedere ma che lavorano nelle loro parrocchie con tanto amore:  nel loro fondamento c’è la roccia. E’ Gesù, è questo che dà santità alla Chiesa, è questo che dà speranza!”.
“Dobbiamo pensarci tanto alla santità nascosta che c’è nella Chiesa” 
 “cristiani che rimangono in Gesù. Peccatori, eh? Tutti lo siamo. E anche alcune volte qualcuno di questi cristiani fa qualche peccato grave, ma si pentono, chiedono perdono, e questo è grande: la capacità di chiedere perdono, di non confondere peccato con virtù, di sapere bene dove è la virtù e dove è il peccato. Questi sono fondati sulla roccia e la roccia è Cristo. Seguono il cammino di Gesù, seguono Lui”.
“I superbi, i vanitosi, i cristiani di apparenza saranno abbattuti, umiliati”, mentre “i poveri saranno quelli che trionferanno, i poveri di spirito, quelli che davanti a Dio si sentono niente, gli umili, e portano avanti la salvezza mettendo in pratica la Parola del Signore”. 
Chiediamo al Signore di essere fondati saldi nella roccia che è Lui, la nostra speranza è Lui. .

mercoledì 3 dicembre 2014

GIOIA, CORAGGIO, FRATERNITA'

  un anno dedicato alla Vita Consacrata, a cinquant’anni dalla promulgazione del Decreto conciliare Perfectae caritatis sul rinnovamento della vita religiosa.
la bellezza e la preziosità di questa peculiare forma di sequela Christi, luminosa testimonianza di vita come una lampada posta sul candelabro per donare luce e calore a tutto il popolo di Dio.
  Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe (cf. Lc 10,1-20). L’impegno, allora, di pregare per le vocazioni e per la vita consacrata deve essere di tutta la Chiesa, un impegno quotidiano per lo stesso bene del gregge di Dio. 
Essendo gioiosi! «Mostrate a tutti che seguire Cristo e mettere in pratica il suo Vangelo riempie il vostro cuore di felicità. Contagiate di questa gioia chi vi avvicina, e allora tante persone ve ne chiederanno la ragione e sentiranno il desiderio di condividere con voi la vostra splendida ed entusiasmante avventura evangelica.

 Chi si sente amato dal Signore sa di riporre in Lui piena fiducia. 
la comunione. Ben radicati nella comunione personale con Dio, che avete scelto; instancabili costruttori di fraternità, anzitutto praticando fra voi la legge evangelica dell’amore scambievole, e poi con tutti, specialmente i più poveri. Mostrate che la fraternità universale non è un’utopia, ma il sogno stesso di Gesù per l’umanità intera».

giovedì 20 novembre 2014

LA PORTA DEL CUORE

Quando il Signore visita il suo popolo, ci porta la gioia, ci porta la conversione.
 E tutti noi abbiamo paura non dell’allegria della gioia che porta il Signore, perché non possiamo controllarla.  
Abbiamo paura della conversione, perché convertirsi significa lasciare che il Signore ci conduca”.
 noi cristiani, noi pastori siamo contenti di noi? Perché abbiamo tutto sistemato e non abbiamo bisogno di nuove visite del Signore… E il Signore continua a bussare alla porta, di ognuno di noi e della sua Chiesa, dei pastori della Chiesa. Eh sì, la porta del cuore nostro, della Chiesa, dei pastori non si apre: il Signore piange, anche oggi”.
Gesù piange su Gerusalemme perché non ha riconosciuto Colui che porta la pace.  il Signore piange per “la chiusura del cuore” della “città eletta, del popolo eletto. Non aveva tempo per aprirgli la porta! Era troppa indaffarata, troppo soddisfatta di se stessa. E Gesù continua a bussare alle porte, come ha bussato alla porta del cuore di Gerusalemme: alle porte dei suoi fratelli, delle sue sorelle; alle porte nostre, alle porte del nostro cuore, alle porte della sua Chiesa. Gerusalemme si sentiva contenta, tranquilla con la sua vita e non aveva bisogno del Signore: non se ne era accorta che aveva bisogno di salvezza. E per questo ha chiuso il suo cuore davanti al Signore”. “Il pianto di Gesù” su Gerusalemme  è “il pianto sulla sua Chiesa, oggi, su di noi”:
“E perché Gerusalemme non aveva ricevuto il Signore? Perché era tranquilla con quello che aveva, non voleva problemi. 
Aveva paura di essere visitata dal Signore; aveva paura della gratuità della visita del Signore. Era sicura nelle cose che lei poteva gestire. 
Noi siamo sicuri nelle cose che noi possiamo gestire… Ma la visita del Signore, le sue sorprese, noi non possiamo gestirle”.


martedì 18 novembre 2014

twitter 18 nov 2014 am

  1. non sempre abbiamo il coraggio di credere nella Parola di Dio, di ricevere quella Parola che ci guarisce dentro
  2. Quanto rumore nel mondo! Impariamo a stare in silenzio davanti a noi stessi e davanti a Dio.
  3. lascia l’orgoglio e l’attaccamento ai beni di questo mondo; , cioè scegli l’umiltà e la povertà
  4. 2 h2 ore fa
    ti ha ritwittato
    7 h:
    oggi devo fermarmi a casa tua Oggi la salvezza è entrata in questa casa
  5. .grazie del tu penserò .AB.
  6. 2 h2 ore fa
    e altri 5 hanno aggiunto il tuo Tweet ai preferiti
    7 h:
    Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me. Ap3,14

lunedì 17 novembre 2014

PIù FORTE DELL'INDIFFERENZA

Chiediamo la grazia di essere popolo fedele di Dio, senza chiedere al Signore alcun privilegio, che ci allontani dal popolo di Dio”.
Guardare Gesù dimenticandosi di vederlo nel povero che chiede aiuto, nell’emarginato che fa ribrezzo. È la tentazione che la Chiesa vive in ogni epoca, quella di recintare se stessa all’interno di un “microclima ecclesiastico”,  invece che aprire le porte ai socialmente esclusi. 
Grida più forte del muro di indifferenza che lo circonda finché vince la sua scommessa e riesce a bussare alla “porta del cuore di Gesù

“Questa periferia non poteva arrivare al Signore, perché questo circolo – ma con tanta buona volontà, eh – chiudeva la porta. E questo succede con frequenza, fra noi credenti: quando abbiamo trovato il Signore, senza che noi ce ne accorgiamo, si crea questo microclima ecclesiastico. Non solo i preti, i vescovi, anche i fedeli: ‘Ma noi siamo quelli che stanno col Signore’. E da tanto guardare al Signore non guardiamo le necessità del Signore: non guardiamo al Signore che ha fame, che ha sete, che è in prigione, che è in ospedale. Quel Signore, nell'emarginato. E questo clima fa tanto male”.
Questa è una tentazione dei discepoli: dimenticare il primo amore, cioè dimenticare anche le periferie, dove io ero prima, anche se devo vergognarmi”.

 
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  • domenica 16 novembre 2014

    novembre



    NOVEMBRE: Richiamo alla nostra speranza [1]
    La Chiesa ricorda in questo mese una consolante verità: la Comunione dei Santi. I fedeli ancora in viaggio onorano i fratelli che hanno già raggiunto la meta e sono nel luogo del trionfo e ricordano con preghiere e suffragi quelli che, usciti da questo mondo, stanno per ottenere definitivamente il premio, purificandosi nel regno del Purgatorio, anticamera del Paradiso.
    Con la festa di tutti i Santi, la Chiesa ci insegna che lutti i cristiani sono chiamati alla santità seguendo Gesù, maestro e modello, che disse: Siate perfetti come è perfetto il Padre mio celeste”. I Santi che celebriamo nella solennità del 1° Novembre sono appunto i cristiani che, come insegna il Vaticano Il, in tutto il corso della loro terrena esistenza, hanno vissuto e perfezionato la santità ricevuta nel Battesimo. Pochi, fra essi, sono stati proclamati santi dalla Chiesa ufficialmente; si tratta di persone che, nella vita della Chiesa hanno avuto missioni particolari o sono state arricchite da Dio di particolari carismi.
    La moltitudine immensa » che San Giovanni dice di aver veduto in Paradiso, è composta di ogni popolo, di ogni condizione e di ogni tempo, ed è la testimonianza gloriosa della vocazione universale dei Cristiani alla santità. Essi sono vissuti nelle stesse
    condizioni in cui viviamo noi oggi; hanno dovuto superare le nostre stesse difficoltà: sono stati come nostri compagni di viaggio che sono giunti più presto di noi alla loro destinazione. Verso questa meta luminosa noi, ancora pellegrini sulla terra, affrettiamo nella speranza il nostro cammino. E’ giusto che il ricordo dei Santi ci faccia pensare alla Patria che essi hanno già raggiunto e che è per noi oggetto di viva speranza, contando anche sull’aiuto fraterno dei santi che intercedono per noi. Fissiamo il nostro
    sguardo in essi per imitarli, per seguirli e per raggiungere la stessa meta. Il giorno dei morti è un giorno di mestizia nonn disperata. Il 2 Novembre non è solo data di Chiesa; è patrimonio di una civiltà. Per chi crede, però, il mistero di questa commemorazione è ben più profondo. Vi è la certezza della vittoria sulla morte raggiunta in Cristo; v’è la speranza di un incontro con Lui e con gli amici che ci hanno preceduto, la gioia di ritrovarsi come a casa per sempre, che deriva dal pensiero che, cessato il tempo, inizia l’eternità. La chiesa non è fatta soltanto di compagni di viaggio che vivono nel nostro tempo,
    ma anche di coloro che sono passati quaggiù prima di noi. Ora sono lassù in Paradiso? In Purgatorio?.... Un fatto consolante è che per raggiungere il Paradiso bisogna essere purificati; e il Purgatorio ha questo scopo: diventare degni della felicità eterna.
    L’Arciprete
    don Angelo Mastrndrea



    [1] MASTARNDREA, Partecipare, n. 10 novembre 1974, p. 1 e 16.
     

    venerdì 14 novembre 2014

    Camminare nella verità e nell’amore

    Abbiamo una responsabilità di dare il meglio che noi abbiamo e il meglio che noi abbiamo è la fede: darla a loro, ma darla con l’esempio! Con le parole non serve, con le parole… Oggi, le parole non servono! In questo mondo dell’immagine, tutti questi hanno il telefonino e le parole non servono… Esempio! Esempio! Cosa do loro?”
     Camminare nella verità e nell’amore.
     Ma questo cammino è importante saperlo vivere come Gesù.
    Come si trasmette la fede ai nativi digitali? Con la modalità che più di altre può far presa su chi vive costantemente stimolato dalle immagini: l’esempio. 
    guardare ai ragazzi è guardare a una promessa, è guardare al mondo che verrà. Ma al nostro futuro, si chiede, “cosa lasciamo?”:
    “Insegniamo a camminare nell’amore e nella verità? O lo insegniamo con le parole, ma la nostra vita va da un’altra parte? Guardare i ragazzi è una responsabilità! Un cristiano deve prendersi cura dei ragazzi, dei bambini e trasmettere la fede, trasmettere quello che vive, che è nel suo cuore. Noi non possiamo ignorare le piantine che crescono!”.
    chiedere a Gesù che ci insegni a camminare nella verità e nell’amore. 

    AVVENTO



    AVVENTO [1]
    Avvento è attesa! E fra i sentimenti che riempiono il cuore vi è l’ansia. Che cosa o chi aspettiamo  nell’ avvento? La venuta dì Gesta nella carne a Betlemme, e, come giudice, alla fine del mondo. Tutto ciò si concretizza nella Liturgia: Cristo che è venuto, che viene e che verrà. Intanto che siamo proiettati nel futuro, a fissare lo sguardo oltre le nubi per scorgervi il segno glorioso del « Figlio dell’Uomo », riflettiamo in questo sacro tempo di attesa che è silenzio, ascolto, cammino, conversione. Accettiamo la predicazione del Battista che ci prepara con isaica espressione ad accogliere il Messia; abbassando i monti, colmando gli abissi, aprendo strade nel deserto e raddrizzando i sentieri storti. Leviamo lo sguardo della fede: ecco Cristo che viene vivo coi vivi, a darci vita con la sua vita, come dice don O rione, Egli avanza al grido angoscioso dei popoli. Cristo viene portando nelle sue mani le lacrime e il sangue dei poveri; la croce  degli afflitti, degli oppressi, delle vedove, degli orfani, degli emarginati, dei reietti.
    Nel tempo forte dell’Avvento, la stessa solennità mariana dell’immacolato  Concepimento della Vergine anziché distrarci, ci aiuta potentemente ad andare incontro a Cristo che viene. Essa ci richiama, secondo le prime pagine della Bibbia, alla promessa del Redentore che verrà e nascerà da una Donna che schiaccerà la testa del serpente ingannatore. Ed allora con Maria andiamo verso il Natale del Salvatore da Lei donato agli uomini, preparandoci con le medesime disposizioni di fede viva, di desiderio e di ardente amore della Vergine Madre.
     
    L’ARCIPRETE
    Dan Angelo Mastrandrea


    [1] Don A. MASTRANDREA, Partecipare, n. 11 dicembre 1974 p. 2

    giovedì 13 novembre 2014

    COME IL SEME


    Nel silenzio, magari di una casa dove “si arriva a fine mese con mezzo euro soltanto” eppure non si smette di pregare e di curare i propri figli e i propri nonni: è lì che si trova il Regno di Dio. Lontano dal clamore, perché il Regno di Dio “non attira l’attenzione” esattamente come non la attira il seme che cresce sotto terra.
    il Regno di Dio è silenzioso, cresce dentro. Lo fa crescere lo Spirito Santo con la nostra disponibilità, nella nostra terra, che noi dobbiamo preparare”.

    il Regno di Dio non è lontano da noi, è vicino! Questa è una delle sue caratteristiche: vicinanza di tutti i giorni”.
    Anche la sofferenza, la croce, la croce quotidiana della vita – la croce del lavoro, della famiglia, di portare avanti bene le cose – questa piccola croce quotidiana è parte del Regno di Dio”.
    chiediamo al Signore la grazia “di curare il regno di Dio che è dentro di noi” con “la preghiera, l’adorazione, il servizio della carità, silenziosamente”:
    “Il Regno di Dio è umile, come il seme: umile ma viene grande, per la forza dello Spirito Santo. A noi tocca lasciarlo crescere in noi, senza vantarci: lasciare che lo Spirito venga, ci cambi l’anima e ci porti avanti nel silenzio, nella pace, nella quiete, nella vicinanza a Dio, agli altri, nell’adorazione a Dio, senza spettacoli”.

    mercoledì 12 novembre 2014

    LO SPORT



    LO SPORT COME SERVIZIO SOCIALE[1]
     È ormaiincontestabile che lo sport faccia parte integrante della nostra vita. Il guaio è che moltissimi di noi sono sportivi seduti, divenendo così facilmente solo tifosi; e solo pochi sono sportivi attivi.
    L’attività invece è quella che dovrebbe prevalere tanto da fare i ogni uomo uno sportivo praticante. È ormai risaputo che molti medici e igenisti affermano che lo sport è un ottimo correttivo della vita sedentaria, specialmente ora che la vita moderna con i suoi ritrovati e con le sue comodità toglie molte occasioni di movimento. Lo sport perciò è un correttivo alla portata di tutti e può essere dosato secondo ogni individuo.
    Abbiamo così ravvisato una prima validità sociale della pratica sportiva che interesserebbe ogni uomo a qualsiasi età. Perciò è necessario che lo sport contribuisca alla crescita umana e sociale di ogni comunità.
    Nella nostra cittadina è possibile una simile crescita?
    Secondo noi : SI!
    Per raggiungere questo traguardo pewrò bisogna mettere impianti sportivi a disposizione di tutti. Bisogna creare una sensibilità nuova facendo capire che lo sport può benissimo essere un fatto popolare e di massa, praticato per il bene del proprio corpo e del proprio spirito da giovani, uomini, anziani. I giovani è chiaro, hanno una naturale propensione; ma gli adulti possono acquisire l’abitudine a fare dello sport anche per preveniretante malattie.
    Già i romani ai loro tempi l’avevano capito, affermando “mens sana in corpore sano”. Certo avevano capito che la pratica sportiva oltre che ad irrobustire il fisico era salutare anche per le facoltà spirituali: dava armonia, completessa, senso della misura, serenità…
    Sono necessarie però attrezzature sportive che permettano lo svolgersi.. ci vogliono molti impianti, perché sono anche luogo di incontro, posti dove nascono nuove amicizie, mezzi di grande amalgama sociale
    GIUSEPPE SILETTI


    [1] G. SILETTI, Partecipare, n. 1 gennaio 1974, p. 1 e 12

    LEBBRA



    27 gennaio giornata per i lebbrosi[1]
    L’ultima domenica di gennaio si celebra la “giornata mondiale per i lebbrosi” questanno è la XXI. Sorta pe iniziativa di Raoul Follerau, essa ha lo scopo di sensibilizzare il mondo al problema di 15 milioni di uomini, quasi tutti appartenenti ai paesi più poveri, colpiti da una malattia che oggi ha ampie possibilità di essere curata e guarita se si interviene in tempo. I missionari Cattolici hanno sempre considerato loro specifico dovere interessarsi della sorte dei lebbrosi, proprio perché essi sono i più poveri tra i poveri.
    Il più famoso di essi è padre Damiano De Veuster, morto lebbroso a Molokai, in Oceania, dopo aver creato in quell’inferno di segregazione una vera comunità di fede e di amore.
    Ma gli esempi di eroismo e di dedizione sono senza numero. Il 31 ottobre 1973 è morto a 78 anni mons. Jean Cassaigue delle Missioni esteri di Parigi, vicario apostolico a Saigon dal 1941 al 1955. egli era nel Vietnam dal 1926, si era dedicato principalmente all’evangelizzazione delle popolazioni montanare della regione e nel suo zelo costruì un lebbrosario-villaggio a Dilinh nella Diocesi di Dalat e chiuse la sua esistenza col supremo sacrificio contraendo il morbo dei suoi cari figliuoli. Unica preoccupazione era che i lebbrosi non venissero abbandonati dopo la sua scomparsa.
    Il padre Giuseppe Greggio presta da anni la sua opera a Mosango nello Zaire. Una suora, suor Maria Susanna delle Missionarie Mariste, morta a Lione nel 1957, riuscì a isolare , dopo lunghissimi anni di ricerche in laboratorio, uno dei bacilli della lebbra, il “Mycobacterium Marianum”, contro il quale preparò anche un vaccino.
    Vi sono poi innumerevoli opere di assistenza e i vari centri di riabilitazione. Questi ultimi sono di un importanza vitale per il reinserimento dei lebbrosi guaiti nella società. Dati i pregiudizi secolari esistenti contro questa malattia, la soluzione del problema non è sempre facile, anche per l’ostracismodi cui i malati di lebbra sono ancora oggetto. Eppure sono anch’essi nostri fratelli ai quali secondo l’espressione di Follerai, “dobbiamo aprire il cammino della speranza”. Quel camino iniziò esattamente nel 1873, con la scoperta del bacillo della lebbra da parte del norvegese Armanauer Hansen.
    Chi più di tutti oggi porta avanti con zelo veramente apostolico la campagna contro la lebbra è l’avv. Raoul Folleraou , l’apostolo volante da un continente all’altro in compagnia della sua degna signora, che con lui nei vari lebbrosari porta non solo l’aiuto dei farmaci, ma anche il calore dell’amore e il confroto della speranza cristiana.
    La stampa di alcuni anni fa riportò la coraggiosa sfida lanciata da Follerai ai due K, i potenti presidenti Kennedy e Kruscev: consegnare per i suoi lebbrosi l’equivalente prezzo di un bombardiere per uno, cioè circa 2 miliardi di lire, che potevano in gran parte contribuire a risolvere il problema dei lebbrosi nel mondo. La richiesta non ebbe successo.
    Se oggi nel mondo esistono ancora 15 milioni di lebbrosi, dobbiamo sentirci tutti sotto accusa, in proporzione a ciò che possiamo fare e non facciamo per risolvere questa miseria umana. E pensare che la cura per guarire un lebbroso costa appena 2.000 lire
    L’arciprete DON ANGELO MASTRANDREA


    [1] MASTRANDREA don Angelo, Partecipare, n. 1 gannaio 1974, p. 2

    NATALE



    IL NATALE [1]
    Il Natale è il giorno dei doni, forse non sempre ricordiamo i grandi doni che Dio ci ha fatto: il dono del Figlio suo Gesù Cristo, il dono della Grazia mediante i sacramenti, il dono della sua Chiesa che ci santifica nella verità affidatale da Cristo se sapessimo quali dono Dio ci fa! Allora tutti gli altri motivi umani dei nostri incontri natalizi avrebbero un incontro più alto. Il gesto premuroso di stendere un dolce, procurare un giocattolo ad un bimbo…avrebbe un che di sacro. Richiamerebbe l’amore di dio; che si è reso visibile in tutta la vicenda umana di Gesù.
    Natale è il primo segno di povertà di dio. Bisogna saper interpretare il silenzio di Betlemme. È vero, Cristo è il verbo di Dio, cioè Parola di Dio detta a noi; ma è detta a noi nella carne, in cui la grandezza di Dio tace. Per parlarci, per amarci Dio si fa uno di noi e si umilia fino ad annientarsi. Non si possono capire le sue parole i suoi gesti se non si comprende il silenzio che il vangelo fortemente sottolinea.
    E’ nel silenzio che Dio si dona, è nel silenzio che noi possiamo ascoltare quella parola che ci convince che noi siamo amati. Solo se riusciamo a conoscere l’amore che Dio a per noi e a crederci, noi riusciremo ad immettere in un mondo congelato una carica d’amore.
    Il segno di Betlemme (“troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia) è il segno per salvarci. Beato chi non si scandalizza di questo primo segno di povertà di Dio, beato chi sa riconoscere e accettare le vie che egli ha scelto per venire a noi.
    La celebrazione del Natale ci invita a meditare sull’eminenza dell’altissima povertà come diceva s. Francesco d’Assisi. Scrive san Paolo ai cristiani di Corinto che Cristo “da ricco che era si fece povero per amor nostro, allo scopo di fare noi ricchi con la sua povertà” 2 Cor 8,9
    Lo stesso Apostolo invita i cristiani di Filippi ad avere “ gli stessi sentimenti di Cristo Gesù il quale prendendo la forma di servo e divenendo simile agli uomini apparve come semplice uomo2 (Fil 2,5-7)
    Scrive il teologo J.B. Metz: “farsi uomo significa divenire povero, non avere niente di cui farsi forte dinanzi a Dio”



    [1] MASTRANDREA don Angelo, Partecipare, numero unico Natale 1973, p. 1 e 8

    martedì 11 novembre 2014

    La fede farà miracoli sulla strada del servizio

    Gesù parla del servo che dopo aver lavorato tutta la giornata, arrivato a casa, invece di riposarsi deve ancora servire il suo signore:
    Qualcuno di noi consiglierebbe a questo servo di andare al sindacato a cercare un po’ di consiglio. Ma Gesù dice:" No, il servizio è totale".
    Lui si presenta come il servo, quello che è venuto a servire e non a essere servito 
    La fede farà miracoli sulla strada del servizio.
    Un cristiano che riceve il dono della fede nel Battesimo,  ma “non porta avanti questo dono sulla strada del servizio, diventa un cristiano senza forza, senza fecondità”. A
    Diventa “un cristiano per se stesso, per servire se stesso”. 

    “La pigrizia ci allontana dal servizio e ci porta alla comodità, all’egoismo.  
    è una tentazione per tutti i cristiani che diventano padroni della fede, del Regno, della Salvezza. 
    Il Signore ci parla di servizio: “servizio in umiltà”, “servizio in speranza, e questa è la gioia del servizio cristiano”:
    “Nella vita dobbiamo lottare tanto contro le tentazioni che cercano di allontanarci da questo atteggiamento di servizio. La pigrizia porta alla comodità: servizio a metà; e l’impadronirsi della situazione, e da servo diventare padrone, che porta alla superbia, all’orgoglio, a trattare male la gente, a sentirsi importanti ‘perché sono cristiano, ho la salvezza’. Il Signore ci dia queste due grazie grandi: l’umiltà nel servizio, al fine di poterci dire: ‘Siamo servi inutili – ma servi – fino alla fine’; e la speranza nell’attesa della manifestazione, quando venga il Signore a trovarci”.

    lunedì 10 novembre 2014

    State attenti a voi stessi!

    “Guai a chi scandalizza”, afferma perentorio Cristo.
    Lo stile di vita di un CRISTIANO deve essere non violento, sobrio – in una parola “irreprensibile”, ovvero agli antipodi dello scandalo

    “Quando un cristiano  non vive così, scandalizza. 
     Lo scandalo distrugge, distrugge la fede! E per questo Gesù è tanto forte: ‘State attenti! State attenti!’. 
     ‘State attenti a voi stessi!’. Tutti noi siamo capaci di scandalizzare”.
    In modo uguale e contrario, tutti dovremmo invece saper perdonare.
    E perdonare “sempre”,anche “sette volte in un giorno” se chi ci ha fatto un torto ce lo chiede pentito. “un cristiano che non è capace di perdonare scandalizza: non è cristiano”:
    “Dobbiamo perdonare, perché perdonati. E questo è nel Padre Nostro: Gesù lo ha insegnato lì. E questo non si capisce nella logica umana. La logica umana ti porta a non perdonare, alla vendetta; ti porta all’odio, alla divisione. Quante famiglie divise per non perdonarsi: quante famiglie! Figli allontanati dai genitori, marito e moglie allontanati…
    Signore: ‘Accresci in noi la fede’”:
    “Senza la fede non si può vivere senza scandalizzare e sempre perdonando. Soltanto la luce della fede, di quella fede che noi abbiamo ricevuto: della fede di un Padre misericordioso, di un Figlio che ha dato la vita per noi, di uno Spirito che è dentro di noi e ci aiuta a crescere, della fede nella Chiesa, della fede nel popolo di Dio, battezzato, santo. E questo è un dono, la fede è un regalo. Nessuno con i libri, andando a conferenze, può avere la fede. La fede è un regalo di Dio che ti viene e per questo gli apostoli chiesero a Gesù: ‘Accresci in noi la fede!’”.

    giovedì 6 novembre 2014

    NESSUNO SI PERDA

    le due parabole della pecora smarrita e della moneta perduta. 
    I farisei e gli scribi si scandalizzano perché Gesù “accoglie i peccatori e mangia con loro”.
    Ma Gesù è venuto “per questo: per andare a cercare quelli che si erano allontanati dal Signore”. 
    Il cuore di Dio non si ferma, Dio non va fino ad un certo punto, Dio va fino in fondo, al limite, sempre va al limite; non si ferma a metà cammino della salvezza,  sempre esce, scende in campo.

    Dio non è un affarista, Dio è Padre e va a salvare fino alla fine, fino al limite. 

    “E’ triste il pastore che apre la porta della Chiesa e rimane lì ad aspettare.  
    E’ triste il cristiano che non sente dentro, nel suo cuore, il bisogno, la necessità di andare a raccontare agli altri che il Signore è buono. 
    Il vero cristiano ha questo zelo dentro: nessuno si perda. E per questo non ha paura di sporcarsi le mani. Non ha paura. Va dove deve andare. Rischia la sua vita, rischia la sua fama, rischia di perdere la sua comodità, il suo status. 
    E’ tanto facile condannare gli altri, non è cristiano. 
    Cristiani a metà cammino, mai! E’ quello che ha fatto Gesù”.
    “Il buon pastore, il buon cristiano esce, sempre è in uscita: è in uscita da se stesso, è in uscita verso Dio, nella preghiera, nell’adorazione; è in uscita verso gli altri per portare il messaggio di salvezza”. E il buon pastore e il buon cristiano conoscono cosa sia la tenerezza:
    “Questi scribi, farisei non ne sapevano, non sapevano cosa fosse caricare sulle spalle la pecora, con quella tenerezza, e riportarla con le altre al suo posto.
    non avere paura che si sparli di noi per andare a trovare i fratelli e le sorelle che sono lontani dal Signore.

    lunedì 3 novembre 2014

    Cercare il bene dell’altro

    la gioia di un vescovo è quella di vedere nella sua Chiesa amore, unità e concordia. 
    Quest’armonia è una grazia, la fa lo Spirito Santo, ma noi dobbiamo fare di tutto per aiutare lo Spirito Santo a fare questa armonia nella Chiesa. 
    San Paolo invita i Filippesi a non fare nulla “per rivalità o vanagloria”, né a “lottare l’uno contro l’altro, neppure per farsi vedere, per darsi l’aria di essere migliore degli altri”. “
     La rivalità; il farsi vedere; la vanagloria, sono tarli che mangiano la consistenza della Chiesa, la rendono debole. La rivalità e la vanagloria vanno contro questa armonia, questa concordia. Ma ciascuno di voi, con tutta umiltà’consideri gli altri superiori a se stesso
     San Paolo, poi, esorta ciascuno a non cercare il proprio interesse:
    Cercare il bene dell’altro. Servire gli altri
    Gesù ci dice nel Vangelo: non cercare il proprio interesse, non andare sulla strada del contraccambio.
     Quando in una Chiesa c’è l’armonia, c’è l’unità, non si cerca il proprio interesse, c’è questo atteggiamento di gratuità.

    martedì 21 ottobre 2014

    Aspettare Gesù. Noi senza Cristo non abbiamo identità

    I cristiani sanno aspettare e, nell’attesa, coltivano una solida speranza.
    Il primo servizio che il Maestro fa ai cristiani è dare loro “l’identità”. 
    Noi senza Cristo  non abbiamo identità”.
    “Tutti noi sappiamo che quando non siamo in pace con le persone, c’è un muro. C’è un muro che ci divide. Ma Gesù ci offre il suo servizio di abbattere questo muro, perché possiamo incontrarci. E se siamo divisi, non siamo amici: siamo nemici. E di più ha fatto, per riconciliare tutti in Dio. Ci ha riconciliato con Dio: da nemici, amici; da estranei, figli”.
    Da “gente di strada”, da persone che non erano neanche “ospiti”, a “concittadini dei Santi e familiari di Dio”.
    “Aspettare Gesù. Chi non aspetta Gesù, chiude la porta a Gesù, non lo lascia fare quest’opera di pace, di comunità, di cittadinanza, di più: di nome. Ci dà un nome. Ci fa figli di Dio. Questo è l’atteggiamento di aspettare Gesù, che è dentro la speranza cristiana. Il cristiano è un uomo o una donna di speranza. Sa che il Signore verrà.  Davvero verrà, eh? Non sappiamo l’ora, come questi. Non sappiamo l’ora, ma verrà, verrà a trovarci, ma non a trovarci isolati, nemici, no. A trovarci come Lui ci ha fatto con il suo servizio: amici vicini, in pace”.
    come aspetto Gesù? E prima ancora: Lo “aspetto o non lo aspetto?”:
    “Io ci credo in questa speranza, che Lui verrà? Io ho il cuore aperto, per sentire il rumore, quando bussa alla porta, quando apre la porta? Il cristiano è un uomo o una donna che sa aspettare Gesù e per questo è uomo o donna di speranza. 

    venerdì 17 ottobre 2014

    IL CIELO IN MANO

    Tu con il Tuo Spirito Santo ci hai donato la vita
    ma soprattutto un’identità”, essere #cristiani.
    E ai cristiani hai già donato il cielo in mano.
    Ma spesso preferiamo le tenebre,
    preferiamo essere tiepidi più che accesi cristiani . 
    Tante volte siamo bravi solo a fare finta di essere cristiani,
    Se non abbiamo  Amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé non siamo cristiani. 
    solo se saremo attenti al sigillo dello Spirito Santo, alla nostra identità cristiana,noi avremo  già  in mano il Tuo cielo

    VIVERE NELLA LUCE SENZA IPOCRISIA

    Lo Spirito Santo è il “sigillo” di luce col quale Dio ha dato “il Cielo in mano” ai cristiani. I quali, spesse volte, si sottraggono a quella luce per una vita di penombra, di luce finta, quella che brilla nell’ipocrisia. 
    Dio “non solo ci ha scelti” ma ci ha dato un modo di vivere, che è proprio un’identità”:
    “La nostra identità è proprio questo sigillo, questa forza dello Spirito Santo, che tutti noi abbiamo ricevuto nel Battesimo.
     E lo Spirito Santo ha sigillato il nostro cuore e, di più, cammina con noi. 

    Tuttavia ci sono le tentazioni,  “quando noi vogliamo, non cancellare l’identità, ma renderla opaca”:
    “È il cristiano tiepido. È cristiano, sì, va a Messa la domenica, sì, ma nella sua vita l’identità non si vede. 
    l’altro peccato, quello di cui Gesù parlava ai discepoli e abbiamo sentito: ‘Guardatevi bene dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia’. ‘Fare finta di’: io faccio finta di essere cristiano, ma non lo sono. Non sono trasparente, dico una cosa – ‘sì, sì sono cristiano’ – ma ne faccio un’altra che non è cristiana”.
    una vita cristiana vissuta secondo quell’identità creata dallo Spirito Santo porta in dote, Amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé. E questa è la nostra strada verso il Cielo, è la nostra strada, che incomincia il Cielo di qua. Perché abbiamo questa identità cristiana, siamo stati sigillati dallo Spirito Santo. 
    Chiediamo al Signore la grazia di essere attenti a questo sigillo, a questa nostra identità cristiana, che non solo è promessa, no, già l’abbiamo in mano come caparra”.

    martedì 14 ottobre 2014

    AMARE IN MODO GENUINO


    La nostra è una “vita cristiana di cosmetica, di apparenza
    o è una vita cristiana con la fede operosa nella carità?”.
    La fede non ha bisogno di apparire, ma di essere
    Non ha bisogno di essere ammantata di cortesie, specie se ipocrite, quanto di un cuore capace di amare in modo genuino.
    “Gesù condanna questa spiritualità della cosmetica, apparire buoni, belli, ma la verità di dentro è un’altra cosa! 
    Gesù condanna le persone di buone maniere ma di cattive abitudini, quelle abitudini che non si vedono ma si fanno di nascosto

    “Quello che vale è la fede. Quale fede? Quella che si ‘rende operosa per mezzo della carità’. Lo stesso discorso di Gesù al fariseo. Una fede che non è soltanto recitare il Credo: tutti noi crediamo nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo, nella vita eterna…. Tutti crediamo! Ma questa è una fede immobile, non operosa. Quello che vale in Cristo Gesù è l'operosità che viene dalla fede o meglio la fede che si rende operosa nella carità, cioè torna all'elemosina. Elemosina nel senso più ampio della parola: staccarsi dalla dittatura del denaro, dall’idolatria dei soldi. Ogni cupidigia ci allontana da Gesù Cristo”.

    “Gesù ci consiglia questo: ‘Non suonare la tromba’. 
    Il secondo consiglio: ‘Non dare soltanto quello che avanza’. 
    E ci parla di quella vecchietta che ha dato tutto quello che aveva per vivere. E loda quella donna per aver fatto questo. E lo ha fatto un po’ di nascosto, forse perché si vergognava di non poter dare di più”.

    lunedì 13 ottobre 2014

    quando uno è in cammino, sempre trova cose nuove

    Gesù parla ai dottori della legge che gli chiedono un segno e li definisce “generazione malvagia”.
    “Perché questi dottori della legge non capivano i segni del tempo e chiedevano un segno straordinario ? 
    Prima di tutto, perché erano chiusi. 
    Erano chiusi nel loro sistema, avevano sistemato la legge benissimo, un capolavoro. T
    utti gli ebrei sapevano che cosa si poteva fare, che cosa non si poteva fare, fino a dove si poteva andare. Era tutto sistemato. E loro erano sicuri lì”.
    Avevano dimenticato che Dio è il Dio della legge, ma è il Dio delle sorprese” 
    che Dio è sempre nuovo; mai rinnega se stesso, mai dice che quello che aveva detto era sbagliato, mai, ma ci sorprende sempre. 
    E loro non capivano e si chiudevano in quel sistema fatto con tanta buona volontà e chiedevano a Gesù: ‘Ma, fai un segno!’. E non capivano i tanti segni che faceva Gesù e che indicavano che il tempo era maturo. Chiusura! 
    Secondo, avevano dimenticato che loro erano un popolo in cammino. In cammino! 
    E quando ci si incammina, quando uno è in cammino, sempre trova cose nuove, cose che non conosceva”.

    La vita è un cammino verso la pienezza di Gesù Cristo, quando verrà la seconda volta”. 
     Se la legge non porta a Gesù Cristo è morta. E per questo Gesù li rimprovera di essere chiusi, di non essere capaci di conoscere i segni dei tempi, di non essere aperti al Dio delle sorprese”:
    io sono attaccato alle mie cose, alle mie idee, chiuso? 
    O sono aperto al Dio delle sorprese? 
     Sono una persona ferma o una persona che cammina? 

    giovedì 9 ottobre 2014

    Dio così non esiste! Esiste il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo

    è proprio della misericordia di Dio non solo perdonare 
     ma essere generoso e dare di più e di più… 
     Gesù “mostra ai discepoli cosa sia la preghiera. 
    E’ come un uomo che si reca a mezzanotte da un amico per chiedere qualcosa. 
    Nella vita “ci sono amici d’oro” che davvero danno tutto. “Ce ne sono altri più o meno buoni”, ma la Bibbia ci dice ‘uno, due o tre…  non di più!’. Poi, gli altri sono amici, ma non come questi”. E anche se siamo importuni e invadenti “il legame di amicizia fa che ci sia dato quello che noi chiediamo”. 
    “Gesù fa un passo avanti e parla del Padre: ‘Quale padre tra di voi, se un figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione?’ … ‘Se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre del cielo!’”.
    non solo l’amico che ci accompagna nel cammino della vita ci aiuta e ci dà quello che noi chiediamo: anche il Padre del cielo” che “ci ama tanto e del quale Gesù ha detto che si preoccupa di dare da mangiare agli uccellini del campo. Gesù vuole risvegliare la fiducia nella preghiera” e dice: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto”. 
    la preghiera: chiedere, cercare il come e bussare al cuore di Dio
     E il Padre “darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono
    “Questo è il dono, questo è il di più di Dio. Dio mai ti dà un regalo, una cosa che gli chiedi così, senza incartarlo bene, senza qualcosa di più che lo faccia più bello. 
    E quello che il Signore, il Padre ci dà di più è lo Spirito: il vero dono del Padre è quello che la preghiera non osa sperare. 
    ‘Io chiedo questa grazia; chiedo questo, busso e prego tanto… Soltanto spero che mi dia questo’. E Lui che è Padre, mi dà quello e di più: il dono, lo Spirito Santo”.
    “La preghiera si fa con l’amico, che è il compagno di cammino della vita, si fa col Padre e si fa nello Spirito Santo. L’amico è Gesù”:
    “E’ Lui che ci accompagna e ci insegna a pregare. E la nostra preghiera deve essere così, trinitaria. Tante volte: ‘Ma lei crede?’: ‘Sì! Si!’; ‘In che crede?’; ‘In Dio!’; ‘Ma cosa è Dio per lei?’; ‘Dio, Dio!’. Ma Dio non esiste: non scandalizzatevi!
     Dio così non esiste! Esiste il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo: sono persone, non sono un’idea nell’aria… 
    Questo Dio spray non esiste! Esistono persone! Gesù è il compagno di cammino che ci dà quello che chiediamo; il Padre che ha cura di noi e ci ama; e lo Spirito Santo che è il dono, è quel di più che dà il Padre, quello che la nostra coscienza non osa sperare”.

    mercoledì 8 ottobre 2014

    DIO NON SONO DEGNO DI CHIAMARTI PAPA'

    DIO NON SONO DEGNO DI CHIAMARTI PAPA'

    troppe volte ho infangato il tuo nome

    e come il figliol prodigo ho sprecato i tuoi doni per cercare il mio regno.

    Poche volte ho realizzato la Tua carità,
    fatta di gioia vera che passa attraverso la croce.

    Ma seppur incapace di essere autentico cristiano,
    pronto ad offendere più che a perdonare,
    pronto a cadere in tentazione
    più che a vivere la tua carità,
    sia fatta la Tua volontà.

    Si, Padre Misericordioso,
    Tu continui ad ammarmi
    pur se faresti meglio ad abbandonarmi,
    continui a sfamarmi
    anche se non mi guadagno il pane quotidiano.

    Tu continui ad accogliermi in un abbraccio caldissimo
    anche quando mi comporto malissimo.
    Padre, perdonami se per vie del male
    continuo ad andare
    pur quando vorrei di più amare.

    Ma si Padre sia fatta la Tua volontà
    proprio così

    MIO PADRE NOSTRO
    scritto a un campo scuola a Cagno (Calabria) il 17 agosto 1995)

    martedì 7 ottobre 2014

    una grazia d’amore


    Il Signore “ha scelto il suo popolo e lo ha accompagnato durante il cammino nel deserto, durante tutta la vita”.
     “Noi siamo stati scelti: E’ una grazia d’amore”.
    “Paolo  fa memoria del suo cammino, e così incomincia a fare memoria dall’inizio”:
    “Questa abitudine di fare memoria della nostra vita non è molto comune tra di noi. Dimentichiamo le cose, viviamo nel momento e poi dimentichiamo la storia. E ognuno di noi ha una storia: una storia di grazia, una storia di peccato, una storia di cammino, tante cose… E fa bene pregare con la nostra storia. Uno lo fa Paolo, che racconta un pezzo della sua storia ma in genere dice: ‘Lui mi ha scelto! Lui mi ha chiamato! Lui mi ha salvato! Lui è stato il mio compagno di cammino…’”.
    Fare memoria sulla propria vita è dare gloria a Dio. Fare memoria sui nostri peccati, dai quali il Signore ci ha salvati, è dare gloria a Dio”. 
    ‘Sono stato peccatore, ma Cristo Crocifisso mi ha salvato’ e si vantava di Cristo. Questa era la memoria di Paolo. Questa è la memoria che noi siamo invitati dallo stesso Gesù a fare”:
    “Quando Gesù dice a Marta: ‘Tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore’. Cioè? Sentire il Signore e fare memoria. Non si può pregare ogni giorno come se noi non avessimo storia. Ognuno di noi ha la sua. E con questa storia nel cuore andiamo alla preghiera, come Maria. Ma tante volte siamo distolti, come Marta, dai lavori, dalla giornata, dal fare quelle cose che dobbiamo fare, e dimentichiamo questa storia”.
    La nostra relazione con Dio incomincia “quando Dio, dall’eternità, ci ha guardati e ci ha scelto. Nel cuore di Dio, lì incomincia”:
    “Fare memoria della nostra scelta, quella che Dio ha fatto su di noi. Fare memoria del nostro cammino di alleanza. Questa alleanza è stata rispettata, o no? Eh no: siamo peccatori e facciamo memoria, e fare memoria della promessa che fa Dio e mai delude, che è la nostra speranza. Questa è la vera preghiera”.
     Salmo 138: “Signore, tu mi scruti e mi conosci. Tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo. Intendi da lontano i miei pensieri, osservi il mio cammino e il mio riposo”. 
    pregare è fare memoria davanti a Dio della nostra storia. Perché la nostra storia è la storia dell’amore suo verso di noi”.

    venerdì 3 ottobre 2014

    come voglio essere salvato?


    L’unico desiderio di Dio è di salvare l’umanità, 
    ma il problema è che è spesso l’uomo a voler dettare le regole della salvezza. 
    È il paradosso drammatico di tante pagine della Bibbia che arriva al suo culmine nella vicenda terrena di Cristo. 
    “E’ il dramma della resistenza ad essere salvati”, innescato dai capi del popolo:
    “È proprio la classe dirigente quella che chiude le porte al modo col quale Dio vuole salvarci. E così si capiscono i dialoghi forti di Gesù con la classe dirigente del suo tempo: litigano, lo mettono alla prova, gli tendono trappole per vedere se cade, perché è la resistenza a essere salvati. Gesù dice loro: ‘Ma, io non vi capisco! Voi siete come quei bambini: vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato; vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto. Ma cosa volete?’; ‘Vogliamo fare la salvezza a modo nostro!’. E’ sempre questa chiusura al modo di Dio”.

    Il “popolo credente” capisce e “accetta” la salvezza portata da Gesù.
     come voglio io essere salvato? A modo mio? Al modo di una spiritualità, che è buona, che mi fa bene, ma che è fissa, ha tutto chiaro e non c’è rischio? O al modo divino, cioè sulla
     strada di Gesù che sempre ci sorprende, che sempre ci apre le porte a quel mistero dell’Onnipotenza di Dio, che è la misericordia e il perdono?”.

    “Credo che Gesù sia il Maestro che ci insegna la salvezza, o vado dappertutto ad affittare guru che me ne insegnino un’altra? Un cammino più sicuro o mi rifugio sotto il tetto delle prescrizioni e dei tanti comandamenti fatti da uomini? E così mi sento sicuro e con questa - è un po’ duro dire questo - sicurezza compro la mia salvezza, che Gesù dà gratuitamente con la gratuità di Dio? 
    io resisto alla salvezza di Gesù?”.

    NUOVA VITA

    i dati diffusi ieri (2 ott 2014) parlano di ben 62.000 nascite in meno nel 2013 in #Italia.
    Non è certo una bella notizia, significherà che tra due anni ci saranno circa 3.000 classi in meno, solo per fare un piccolo esempio di #decrescita.
    Ma per fortuna una giovane ragazza, non ancora sposata, porta nel suo grembo una NUOVA VITA.
    Lei e il ragazzo sono studenti universiari, il nascituro non avrà subito genitori con lavoro, ma avrà una mamma, un   papà e nonni giovani

    ambiguità

    Ieri (giov 2 ott 2014) ho ascoltato due studenti e un professore di teologia esprimerele le loro opinioni su Papa Francesco.
    Il primo studente non vede l'ora che termini questo pontificato, in quanto "papa Francesco fa delle affermazioni tutte ambigue e non è chiaro e forse su tematiche circa omosessualità".
    Il secondo studente affermava di amare papa Franscesco, e condividere tutto, "tranne la sua apertura sugli immigrati".
    e Poi il prof di teologia che affermava, riportando una citazione di papa Francesco che "in quel caso era l'unica volta che è stato preciso".
    tre opinioni, LIBERE, legittime, ma giudizi che non condivido.
    circa l'ambiguità delle affermazioni di papa Francesco, forse queste sono nelle orecchie di chi ascolta più che nella parole del pontefice, credibile per la sua #COERENZA.
    Circa il condividere tutto tranne la l'apertura  (di #cuore) agli immigrati sarebbe come buttare  a mare tutto il pontificato in #uscita verso le #periferie esistenziali e non.
    Infine l'affermare, da parte di un professore di teologia, che solo in un caso papa Francesco si sia espresso con chiarezza, probabilmente è solo una sua personale opinione.
    tre libere opinioni, che personalmente non condivido.
    forza e avanti #papaFrancesco

    giovedì 2 ottobre 2014

    l'angelo nostro compagno di viaggio


    L’angelo custode esiste, non è una dottrina fantasiosa, ma un compagno che Dio ci ha posto accanto nel cammino della nostra vita:.
    Dio ha messo al nostro fianco un angelo per custodirci
    Gesù insegna il vero atteggiamento, quello dei bambini: “la docilità, il bisogno di consiglio, il bisogno di aiuto, perché il bambino è proprio il segno del bisogno di aiuto, di docilità per andare avanti …
    Quelli che sono più vicini all’atteggiamento di un bambino, sono “più vicini alla contemplazione del Padre”. Ascoltano con cuore aperto e docile l’angelo custode:
    Tutti noi abbiamo un angelo con noi, che ci custodisce, ci fa sentire le cose
     ‘Ma … questo … dovrei fare così, questo non va, stai attento …’: tante volte! E' la voce di questo nostro compagno di viaggio. Essere sicuri che lui ci porterà alla fine della nostra vita con i suoi consigli, e per questo dare ascolto alla sua voce, non ribellarci … Perché la ribellione, la voglia di essere indipendente, è una cosa che tutti noi abbiamo; è la superbia, quella che ha avuto il nostro padre Adamo nel Paradiso terrestre: la stessa. Non ribellarti: segui i suoi consigli”.
    “Nessuno cammina da solo e nessuno di noi può pensare che è solo, c’è sempre “questo compagno”:
     Cacciare via il compagno di cammino è pericoloso, perché nessun uomo, nessuna donna può consigliare se stesso. Io posso consigliare un altro, ma non consigliare me stesso. C’è lo Spirito Santo che mi consiglia, c’è l’angelo che mi consiglia. Per questo, abbiamo bisogno. 
     Gesù ha detto: ‘Io mando un angelo davanti a te per custodirti, per accompagnarti nel cammino, perché non sbagli’”.

    com’è il rapporto con il mio angelo custode?
     Lo ascolto? 
    Gli dico buongiorno, al mattino? 
    Gli dico: ‘Custodiscimi durante il sonno?’. 
    Parlo con lui? 
     Gli chiedo consiglio?