IL NATALE [1]
Il Natale è il giorno dei doni, forse non sempre ricordiamo
i grandi doni che Dio ci ha fatto: il dono del Figlio suo Gesù Cristo, il dono
della Grazia mediante i sacramenti, il dono della sua Chiesa che ci santifica
nella verità affidatale da Cristo se sapessimo quali dono Dio ci fa! Allora tutti
gli altri motivi umani dei nostri incontri natalizi avrebbero un incontro più
alto. Il gesto premuroso di stendere un dolce, procurare un giocattolo ad un
bimbo…avrebbe un che di sacro. Richiamerebbe l’amore di dio; che si è reso
visibile in tutta la vicenda umana di Gesù.
Natale è il primo segno di
povertà di dio. Bisogna saper interpretare il silenzio di Betlemme. È vero,
Cristo è il verbo di Dio, cioè Parola di Dio detta a noi; ma è detta a noi nella
carne, in cui la grandezza di Dio tace. Per parlarci, per amarci Dio si fa uno
di noi e si umilia fino ad annientarsi. Non si possono capire le sue parole i
suoi gesti se non si comprende il silenzio che il vangelo fortemente
sottolinea.
E’ nel silenzio che Dio si dona, è nel silenzio che noi
possiamo ascoltare quella parola che ci convince che noi siamo amati. Solo se
riusciamo a conoscere l’amore che Dio a per noi e a crederci, noi riusciremo ad
immettere in un mondo congelato una carica d’amore.
Il segno di Betlemme (“troverete un bambino avvolto in fasce
che giace in una mangiatoia) è il segno per salvarci. Beato chi non si
scandalizza di questo primo segno di povertà di Dio, beato chi sa riconoscere e
accettare le vie che egli ha scelto per venire a noi.
La celebrazione del Natale ci invita a meditare
sull’eminenza dell’altissima povertà come diceva s. Francesco d’Assisi. Scrive
san Paolo ai cristiani di Corinto che Cristo “da ricco che era si fece povero
per amor nostro, allo scopo di fare noi ricchi con la sua povertà” 2 Cor 8,9
Lo stesso Apostolo invita i cristiani di Filippi ad avere “
gli stessi sentimenti di Cristo Gesù il quale prendendo la forma di servo e
divenendo simile agli uomini apparve come semplice uomo2 (Fil 2,5-7)
Scrive il teologo J.B. Metz:
“farsi uomo significa divenire povero, non avere niente di cui farsi forte
dinanzi a Dio”
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