Con Pacem in terris, enciclica indirizzata a tutti gli uomini di buona volontà, credenti e non credenti, si apre una nuova finestra. I suoi concetti sono spesso oggetto di riflessione in don Tonino Bello, il pastore di Molfetta durante la sua esistenza. Così scriveva don Tonino in una lettera ai responsabili della guerra nella ex Jugoslavia: «A tutti diciamo deponete le armi, sottraetevi all’oppressione dei mercanti della guerra, (…) non sottraetevi alle responsabilità di influire in modo determinante, ma non con le armi che consolidano la vostra potenza e le vostre economie, ma con efficaci mezzi di pressione e di dissuasione, per fermare questa carneficina che disonora insieme chi la compie e chi la tollera».
Giovanni XXIII vedeva necessario il dialogo fra il mondo occidentale e i Paesi dell’Est, don Tonino richiamava l’attenzione sui nuovi muri che si andavano erigendo tra il Nord e i Sud del mondo. Solo un nuovo ordine economico, capace di ridurre le distanze tra i Paesi poveri e i Paesi ricchi, una politica per lo sviluppo dell’intera umanità e la promozione della nonviolenza fra uomini e fra Stati, diceva don Tonino, avrebbero potuto avviare i processi storici per una pace duratura.
Oggi emergono altri tipi di guerra dei migranti, alimentare, finanziaria. Guerre altrettanto violente, perché subdole e capaci – complice un assordante silenzio – di generare nuove periferie. Quelle dove don Tonino Bello ha voluto collocare, la sua croce «Dobbiamo salire sulla croce. E lo facciamo ogni volta che siamo chiamati a quella forma di martirio, straziante e dolcissimo, che si chiama perdono, nel cui oceano, in questo momento, vorremmo chiedere al Signore di poter tutti naufragare». Se nel giardino della Pace il primo albero a fiorire sarà quello del perdono, allora potremo annunciare l’arrivo di una nuova primavera dei popoli. Dio solo sa quanto ne abbiamo tutti bisogno.
cit. fonte Giancarlo Piccinni - Presidente della Fondazione don Tonino Bello
pubbl. avvenire 02 ott 2013
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