OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Livorno, 19 marzo 1982
venerare san Giuseppe “uomo giusto”, sposo – dinanzi alla legge – di Maria, Vergine di Nazaret, Madre del Figlio di Dio.
Contemporaneamente la Chiesa venera Giuseppe di Nazaret come “artigiano”, come uomo del lavoro,. forse falegname di professione.
Egli è stato il solo e l’unico – tra tutti gli uomini del lavoro sulla terra – presso il cui banco di lavoro si presentava ogni giorno Gesù Cristo, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo.
Proprio lui, Giuseppe, gli ha fatto imparare il lavoro della sua professione, lo ha incamminato in essa, gli ha insegnato a superare le difficoltà e la resistenza dell’elemento “materiale” e a trarre dalla materia informe le opere dell’artigianato umano.
È lui, Giuseppe di Nazaret, che ha legato una volta per sempre il Figlio di Dio al lavoro umano. Grazie a lui, lo stesso Cristo appartiene anche al mondo del lavoro e rende testimonianza della sua altissima dignità dinanzi agli occhi di Dio.
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San Giuseppe di Nazaret, il quale fu “uomo giusto”, a cui fu accreditato “come giustizia” il fatto che credette nel Dio, “che dà vita ai morti e chiama all’esistenza le cose che ancora non esistono”.
Queste parole, scritte da Paolo nei riguardi di Abramo, le rileggiamo oggi con il pensiero a Giuseppe di Nazaret, che “ebbe fede, sperando contro ogni speranza”.
Ciò avvenne nel momento decisivo per la storia della salvezza, quando Dio, Padre eterno, compiendo la promessa fatta ad Abramo, “ha mandato il suo Figlio al mondo”.
Proprio allora si è manifestata la fede di Giuseppe di Nazaret, e si è manifestata a misura della fede di Abramo.
Si è manifestata maggiormente quando il Verbo del Dio Vivente si fece carne in Maria, sposa di Giuseppe, la quale all’annuncio dell’Angelo “si trovò incinta per opera dello Spirito Santo”.
E questo avvenne – come scrive l’evangelista Matteo – dopo le nozze di Maria con Giuseppe, ma “prima che andassero a vivere insieme”.
Così, dunque, la fede di san Giuseppe si doveva manifestare dinanzi al mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio.
Proprio allora Giuseppe di Nazaret passò la grande prova della sua fede, così come l’aveva passata Abramo.
È allora che Giuseppe, “uomo giusto”, credette a Dio come a colui che “chiama all’esistenza le cose che ancora non esistono”.
Infatti, Dio stesso, con la potenza dello Spirito Santo, ha chiamato all’esistenza nel seno della Vergine di Nazaret, Maria, promessa sposa di Giuseppe, l’umanità che fu propria dell’unigenito Figlio di Dio, il Verbo Eterno del Padre.
Egli, Dio, è colui che chiama all’esistenza le cose che ancora non esistono.
E Giuseppe di Nazaret credette a Dio. Credette così come una volta già aveva fatto Abramo.
Credette quando Dio gli parlò con la parola dell’Angelo del Signore.
Queste parole suonano così: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1,20-22).
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La Chiesa lega il suo inizio – il compimento della speranza nel mondo – anche con la fede di Giuseppe di Nazaret.
Giuseppe di Nazaret è “uomo giusto”, perché totalmente “vive dalla fede”.
È santo, perché la sua fede è veramente eroica.
La Sacra Scrittura parla poco di lui – poco più di quello che leggiamo nella Liturgia di oggi.
Non registra neanche una parola che abbia pronunciato Giuseppe, falegname di Nazaret. E tuttavia, anche senza parole, egli dimostra la profondità della sua fede, la sua grandezza.
San Giuseppe è grande con lo spirito. È grande nella fede, non perché pronuncia parole proprie, ma soprattutto perché ascolta le parole del Dio vivente.
Ascolta in silenzio. E il suo cuore persevera incessantemente nella prontezza ad accettare la Verità racchiusa nella parola del Dio vivente. Per accoglierla e compierla con amore.
Perciò, Giuseppe di Nazaret diventa veramente un mirabile testimone del Mistero Divino. Diventa un dispensatore del Tabernacolo, che Dio ha scelto per sé sulla terra per compiere l’opera della salvezza.
Guardando oggi con venerazione e con amore la figura di san Giuseppe, dobbiamo in questo sguardo rinnovare la nostra propria fede. Vediamo come la Parola del Dio vivente cade profondamente nell’anima di quell’Uomo – di quell’Uomo giusto.
E noi, sappiamo ascoltare la Parola di Dio? Sappiamo assorbirla con la profondità del nostro “io” umano? Apriamo dinanzi a questo verbo la nostra coscienza?
Oppure – al contrario – ci fermiamo soltanto alla superficie della Parola di Dio? Non le dischiudiamo un più profondo accesso all’anima? Non accogliamo questa Parola nel silenzio della prontezza interiore, così come Giuseppe di Nazaret?
Ascoltiamo la Parola di Dio? Come l’ascoltiamo? Leggiamo la Sacra Scrittura? Partecipiamo alla catechesi?
Abbiamo tanto bisogno della fede!
È tanto necessaria la fede all’uomo dei nostri tempi, della difficile epoca odierna!
È tanto necessaria una grande fede!
“Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria... perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo (Mt 1,20).
Popolo di Dio!
Non temere di prendere, insieme con Giuseppe di Nazaret, Maria. Non temere di prendere Gesù Cristo, il suo Figlio, in tutta la tua vita.
Non temere di prenderlo in una fede simile alla fede di Giuseppe.
Non temere di prenderlo sotto i tetti delle tue case – così come Giuseppe ha accolto Gesù sotto il tetto della casa nazaretana. Non temere di prendere Cristo nel tuo lavoro quotidiano.
Non temere di prenderlo nel tuo “mondo”.
Allora questo “mondo” sarà veramente “umano”. Diventerà sempre più umano.
Infatti, soltanto il Dio-Uomo può fare il nostro “mondo umano” pienamente “umano”.
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