lunedì 31 marzo 2014

camminare verso la vita nuova

La vita cristiana è un itinerario, ci sono diversi modi di percorrerlo o non percorrerlo affatto. 
 Dio sempre “prima di chiedere qualcosa, promette”. 
La sua promessa è quella di una vita nuova e di una vita di “gioia”. Qui c’è il “fondamento principale della virtù della speranza: fidarsi delle promesse di Dio” – sapendo che Lui mai “le delude” – e c’è l’essenza della vita cristiana, cioè “camminare verso le promesse”. 
Poi ci sono anche altri cristiani che hanno “la tentazione di fermarsi”:

“Tanti cristiani fermi! Ne abbiamo tanti dietro che hanno una debole speranza. Sì, credono che ci sarà il Cielo e tutto andrà bene. Sta bene che lo credano, ma non lo cercano! Compiono i comandamenti, i precetti: tutto, tutto… Ma sono fermi. 
Il Signore non può fare di loro lievito nel suo popolo, perché non camminano. 
E questo è un problema: i fermi. 
Poi, ci sono altri fra loro e noi, che sbagliano la strada: tutti noi alcune volte abbiamo sbagliato la strada, quello lo sappiamo. Il problema non è sbagliare di strada; il problema è non tornare quando uno si accorge che ha sbagliato”.



Il gruppo “più pericoloso”, in cui ci sono coloro che “ingannano se stessi: quelli che camminano ma non fanno strada”:

“Sono i cristiani erranti: girano, girano come se la vita fosse un turismo esistenziale, senza meta, senza prendere le promesse sul serio. Quelli che girano e si ingannano, perché dicono: ‘Io cammino!’. No, tu non cammini: tu giri. Gli erranti… Invece, il Signore ci chiede di non fermarci, di non sbagliare strada e di non girare per la vita. Girare la vita... Ci chiede di guardare le promesse, di andare avanti con le promesse come IL FUNZIONARIO DEL RE che credette alla parola di Gesù! 
La fede ci mette in cammino verso le promesse. La fede nelle promesse di Dio”.
La “nostra condizione di peccatori ci fa sbagliare di strada, ma il Signore ci dà sempre la grazia di tornare”:

“La Quaresima è un bel tempo per pensare se io sono in cammino o se io sono troppo fermo: convertiti. O se io ho sbagliato strada: ma vai a confessarti e riprendi la strada. O se io sono un turista teologale, uno di questi che fanno il giro della vita ma mai fanno un passo avanti. E chiedo al Signore la grazia di riprendere la strada, di metterci in cammino, ma verso le promesse”.


Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2014/03/31/il_papa:_chi_ha_fede_cammina_verso_le_promesse_di_dio,_se_no_%C3%A8_un/it1-786321
del sito Radio Vaticana 

giovedì 27 marzo 2014

hanno ancora valore le tradizioni?

C'è gente legata fino alla morte a certe usanze e tradizioni religiose e gente che ormai le ritiene superate o come oggetto da museo. Chi ha ragione?
l'uomo non è solo spirito, ma è anima che vive in un corpo di carne, concreto, materiale. Di qui nasce il bisogno di manifestare il nostro mondo interiore attraverso segni, gesti concreti. Cristo stesso nell'economia della salvezza è venuto non in forma spirituale, ma in carne ed ossa, e scegliendo di restare in mezzo a noi attraverso segni concreti che sono la Chiesa e i sacramenti. La Tradizione è ciò che Cristo ci ha lasciato come sua vita nella Chiesa, nella Parola, nei Sacramenti.
le tradizioni sono espressioni di religiosità popolare, che sono sorte per manifestare in forma sensibile un sentimento di pietà collettiva, o come esigenza di vivere in forma concreta certi contenuti di fede. Ad esempio le paraliturgie sceniche che durante la Settimana Santa esemplificano la Passione e Morte di Cristo. La Tradizione e le tradizioni hanno valore in quanto sono il risultato di una fede. Se questa manca finiscono per diventare pura coreografia.
Sbaglia chi vuole abolire usanze radicate in un tessuto di vita di un popolo, ma sbaglia anche chi recita meccanicamente una parte senza comprenderne il significato. Serve una fede autentica, rinnovata da una catechesi costante che dia significato anche ai gesti esteriori.

DATTOLI sac. Pietro, "hanno ancora valore le tradizioni?", in "Partecipare", anno I nr. 4-5, 1974 Santeramo

mercoledì 26 marzo 2014

ministero di amore

Ci sono due Sacramenti che corrispondono a due vocazioni specifiche: 
si tratta dell’Ordine e del Matrimonio. 
Essi costituiscono due grandi vie attraverso le quali il cristiano può fare della propria vita un dono d’amore, sull’esempio e nel nome di Cristo, e così cooperare all’edificazione della Chiesa". 

"L’Ordine, scandito nei tre gradi di episcopato, presbiterato e diaconato  è il Sacramento che abilita all’esercizio del ministero, affidato dal Signore Gesù agli Apostoli, di pascere il suo gregge, nella potenza del suo Spirito e secondo il suo cuore. Pascere il gregge di Gesù con la potenza, non della forza umana, la propria potenza, ma quella dello Spirito e secondo il suo cuore - il cuore di Gesù - che è un cuore di amore. Il sacerdote, il vescovo, il diacono devono pascere il gregge del Signore con amore. Se non lo fa con amore, non serve. E in tal senso, i ministri che vengono scelti e consacrati per questo servizio prolungano nel tempo la presenza di Gesù. Lo fanno con il potere dello Spirito Santo in nome di Dio e con amore”.
...

chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mt 20,25-28 // Mc 10,42-45). Un vescovo che non è al servizio della comunità non fa bene. Un sacerdote, un prete, che non è al servizio della sua comunità non fa bene. È sbagliato”.

E’ un mistero grande di amore, questo del ministero e quello del matrimonio, i due sacramenti che sono la strada per la quale le persone abitualmente vanno, come sacramento, al Signore”.


Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2014/03/26/udienza_generale._il_papa:_il_sacerdote_serva_la_sua_comunit%C3%A0_con/it1-784900
del sito Radio Vaticana 

martedì 25 marzo 2014

la religiosita' della donna

tratto da un articolo marzo 1974
di Don Pierino Dattoli in "Partecipare" Santeramo in colle

per religiosità va fatta una distinzione tra ciò che è la fede e ciò che è la religione.
religione e fede sono due cose che non necessariamente si equivalgono.
Si può essere religiosi e non aver fede...
la religione è qualcosa che si fonda più su un sentimento, su un atteggiamento esterno di tradizione, tante volte incosciente, passivo.
La fede, invece, è qualcosa di più profondo e di più vivo. Anzi è qualcosa che da senso e trasforma la vita.
La FEDE è accettare Dio in maniera convinta,
è vivere evangelicamente,
è saper filtrare tutti gli avvenimenti del quotidiano attraverso la luce chiara di Dio.
....Una vastissima fascia di donne, specie quelle di una certa età (anziane/nonne degli anni 70) conservano una religiosità di tipo tradizionale. Ciò non significa che è una religiosità senza base, vuota, apparente, folkoristica soltanto. Invece affonda le radici in una genuina fiducia e confidenza in Dio, che permea di sapore cristiano tutta la loro esistenza. Ciò è dimostrato dal loro modo di parlare, giudicare, trattare al gente, dal carattere dolce e sereno, da quella solidarietà e umanità nel bisogno.
E' una generazione di mamma che hanno offerto alla Chiesa una schiera di sacerdoti, religiosi e suore.
la generazione di donne di media età (mamme 30-50enni degli anni 70), nella gran parte dei casi continua il tipo di religiosità tradizionale. Tuttavia un numero considerevole di esse si mostra apatica, indifferente, poco interessata al problema religioso. Ciò si denota dalla trascuratezza dell'educazione religiosa e morale che impartiscono ai figli. Non ci tengono più che i figli crescano nel "santo timor di Dio".
la nuova generazione (adolescenti anni 70) nasce già in posizione critica di fronte a un tipo di religiosità tradizionale, vivendo in un gusto troppo intimistico del proprio vivere cristiano.
non si vuole una fede scomodante che faccia abbandonare i soliti schemi di vita, la quieta assuefazione, che faccia abbandonare il conformismo.
le giovani (anni 70) tutte buone cattoliche quando si tratta di farsi un segno di croce, o gustarsi una messa "beat" con chitarre, frequentare associazione, anzi è occasione di evasione dalle mura domestiche.
Ma difficilmente impegnate in modo operativo e concreto a favore dei più deboli, dei poveri e degli anziani.
Abbiamo speranza che si arrivi a una fede diversa con donne "attive" nella Chiesa.

cuore umile, docile e obbediente

omelia festa annunciazione 25 marzo 2014

Dove porta la superbia del cuore? 
Adamo ed Eva che, cedendo alla seduzione di Satana, hanno creduto di essere come Dio. 
Quella “superbia sufficiente” fa sì che siano allontanati dal Paradiso. 
Ma il Signore non li lascia camminare da soli, fa loro una promessa di redenzione e cammina con loro. 
“Il Signore accompagnò l’umanità in questo lungo cammino. Ha fatto un popolo. Era con loro”. 

E quel “cammino che è incominciato con una disobbedienza”, 
“finisce con una obbedienza”, 
con il sì di Maria all’Annuncio dell’angelo. 
Il nodo che ha fatto Eva con la sua disobbedienza  lo ha sciolto Maria con la sua obbedienza


“Il Signore è in cammino con il suo popolo. E perché camminava con il suo popolo, con tanta tenerezza? Per ammorbidire il nostro cuore. Esplicitamente lo dice, Lui: ‘Io farò del tuo cuore di pietra un cuore di carne’. Ammorbidire il nostro cuore per ricevere quella promessa che aveva fatto nel Paradiso. Per un uomo è entrato il peccato, per un altro uomo viene la salvezza. E questo cammino tanto lungo aiutò tutti noi ad avere un cuore più umano, più vicino a Dio, non tanto superbo, non tanto sufficiente”.

“La salvezza non si compra, non si vende: si regala. E’ gratuita. Noi non possiamo salvarci da noi stessi: la salvezza è un regalo, totalmente gratuito. Non si compra con il sangue né di tori né di capre: non si può comprare. Soltanto, per entrare in noi questa salvezza chiede un cuore umile, un cuore docile, un cuore obbediente. Come quello di Maria. E, il modello di questo cammino di salvezza è lo stesso Dio, suo figlio, che non stimò un bene irrinunciabile, essere uguale a Dio. Paolo lo dice”.


“cammino dell’umiltà, dell’umiliazione”. 
 “significa semplicemente dire: io sono uomo, io sono donna e Tu sei Dio, e andare davanti, alla presenza di Dio”, “nella obbedienza, nella docilità del cuore”. 
Guardiamo l’icona di Eva e di Adamo, guardiamo l’icona di Maria e Gesù, guardiamo il cammino della Storia con Dio che camminava con il suo popolo. 
E diciamo: ‘Grazie. Grazie, Signore, perché oggi Tu dici a noi che ci hai regalato la salvezza’. Oggi è un giorno per rendere grazie al Signore”.



Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2014/03/25/il_papa:_la_salvezza_%C3%A8_un_dono_da_ricevere_con_cuore_umile,_come_ha/it1-784555
del sito Radio Vaticana 

lunedì 24 marzo 2014

L’umiltà cristiana ... è dire la verità



“Nessun profeta è bene accetto nella sua patria”
“E’ il dramma dell’osservanza dei comandamenti senza fede: 
'Io mi salvo da solo, perché vado alla sinagoga tutti i sabati, cerco di ubbidire ai comandamenti, ma che non venga questo a dirmi che
 erano meglio di me quel lebbroso e quella vedova!'. 
Quelli erano emarginati! 
E Gesù ci dice: ‘Ma, guarda, 

se tu non ti emargini, non ti senti al margine, non avrai salvezza’. 
Questa è l’umiltà
la strada dell’umiltà: sentirsi tanto emarginati che abbiamo bisogno della salvezza del Signore. Solo Lui salva, non la nostra osservanza dei precetti. 
se noi vogliamo essere salvi, 

dobbiamo scegliere la strada 

dell’umiltà”: 

“Maria nel suo Cantico non dice che è contenta perché Dio ha guardato la sua verginità, la sua bontà e la sua dolcezza, tante virtù che aveva lei, no: ma perché il Signore ha guardato l’umiltà della sua serva, la sua piccolezza, l’umiltà.
 dobbiamo imparare questa saggezza di emarginarci, perché il Signore ci trovi. 
Non ci troverà al centro delle nostre sicurezze, no, no. Lì non va il Signore. 
Ci troverà nell’emarginazione, nei nostri peccati, nei nostri sbagli, nelle nostre necessità di essere guariti spiritualmente, di essere salvati; lì ci troverà il Signore”. 

“L’umiltà cristiana ... è dire la verità: ‘Sono peccatore, sono peccatrice’.
Dire la verità: è questa la nostra verità. 
Ma, c’è l’altra: Dio ci salva. 
Ma ci salva là, quando noi siamo emarginati; non ci salva nella nostra sicurezza. 
Chiediamo la grazia di avere questa saggezza di emarginarci, la grazia dell’umiltà per ricevere la salvezza del Signore”.



Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2014/03/24/papa_francesco:_dio_ci_salva_nei_nostri_sbagli_non_nelle_nostre/it1-784212
del sito Radio Vaticana 

l'inutilita' dell'anziano

passare ore ed ore senza far niente
seduto, abbandonato su una sedia
come un sacco vuoto
vuoto, inutile.
L'inutilità è la vera malattia mortale della vecchiaia
specie degli anziani senza nessuno.
L'inattività corrode fisicamente..
Si dice che da vecchi si ritorna bambini. E' Vero,
solo che è facile amare un bambino,
un vecchio è difficile amarlo.
Il nostro impegno cristiano:
prevedere un futuro umano per gli anziani
e non un futuro che sappia di barattoli svuotati
e gettati nell'immondiziaio,
un futuro che li faccia sentire ancora "persone"
in mezzo alla società
che li faccia sentire "utili"..
Per gli anziani il problema è anche di strutture
ma soprattutto di cuori disponibili ad amarli
per non emarginarli dal calore della vita.
Oggi la spirale del consumismo
ha preso e coinvolto anche la vita dell'uomo,
valutando questa in base a ciò che produce,
l'anziano che non produce nulla è di peso alla società
e per questo è inutile.

da Cfr. DATTOLI sac Piero " l'ANZIANO E' UN ESSERE INUTILE?" in Partecipare Santeramo Natale 1973

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