La mondanità ci allontana dalla coerenza della vita cristiana ci fa incoerenti.
La mondanità porta alla doppia
vita, quella che appare e quella che è vera, allontana da Dio e
distrugge l'identità cristiana.
Chiedere al Signore il sostegno contro le tentazioni mondane
Per questo, Gesù è “tanto forte” quando chiede al Padre
di salvare i discepoli dallo spirito mondano, “che distrugge l’identità
cristiana”. Un esempio di baluardo contro questo spirito è proprio
Eleàzaro che pensa ai giovani i quali, se avesse ceduto allo spirito
mondano, si sarebbero persi per colpa sua:
“Lo spirito cristiano, l’identità cristiana, mai è egoista, sempre
cerca di curare con la propria coerenza, curare, evitare lo scandalo,
curare gli altri, dare un buon esempio.
‘Ma non è facile, padre, vivere
in questo mondo, dove le tentazioni sono tante, e il trucco della doppia
vita ci tenta tutti i giorni, non è facile’. Per noi non solo non è
facile, è impossibile. Soltanto Lui è capace di farlo.
Avere il coraggio di portare avanti l’identità cristiana
Gesù è l’unico che può salvarci.
La nostra preghiera
umile sarà: “Signore, sono peccatore, davvero, tutti lo siamo, ma ti
chiedo il tuo sostegno, dammi il tuo sostegno, perché da una parte non
faccia finta di essere cristiano e dall’altra viva come un pagano, come
un mondano”:
Portare avanti l’identità cristiana, senza
compromessi, senza doppia vita.
martedì 17 novembre 2015
venerdì 9 ottobre 2015
DISCERNIMENTO e VIGILANZA
Gesù
scaccia un demonio, fa il bene, sta tra la gente che lo ascolta e
riconosce la sua autorità, ma c’è chi lo accusa.
Alcuni per invidia, altri per rigidità dottrinali, altri perché avevano paura ....per tanti motivi cercavano di allontanare l’autorità di Gesù dal popolo
‘Lui scaccia i demoni per mezzo di Belzebù. Lui è un indemoniato. Lui fa delle magie, è uno stregone’. E continuamente lo mettevano alla prova, gli mettevano davanti un tranello, per vedere se cadeva”.
discernimento
bisogna “Saper discernere le situazioni”: ciò che viene da Dio e ciò che viene dal maligno che “sempre cerca di ingannare”, “di farci scegliere una strada sbagliata”. “Il cristiano non può essere tranquillo che tutto va bene, deve discernere le cose e guardare bene da dove vengono, qual è la loro la radice”.
Vigilanza
In un cammino di fede “le tentazioni tornano sempre, il cattivo spirito non si stanca mai”. Se “è stato cacciato via” ha “pazienza, aspetta per tornare” e se lo si lascia entrare si cade in una situazione peggiore. Infatti, prima si sapeva che era “il demonio che tormentava”.
“Tranquillizzare la coscienza. Anestetizzare la coscienza. Questo è un male grande. Quando il cattivo spirito riesce ad anestetizzare la coscienza si può parlare di una sua vera vittoria, diventa il padrone di quella coscienza:
Fare sempre esame di coscienza
La Chiesa ci consiglia sempre l’esercizio dell’esame di coscienza: cosa è successo oggi nel mio cuore, oggi, per questo? E’ venuto questo demonio educato con i suoi amici da me? Discernimento. Da dove vengono i commenti, le parole, gli insegnamenti, chi dice questo? Discernere e vigilanza, per non lasciare entrare quello che inganna, che seduce, che affascina. Chiediamo al Signore la grazia del discernimento e la grazia della vigilanza”.
Alcuni per invidia, altri per rigidità dottrinali, altri perché avevano paura ....per tanti motivi cercavano di allontanare l’autorità di Gesù dal popolo
‘Lui scaccia i demoni per mezzo di Belzebù. Lui è un indemoniato. Lui fa delle magie, è uno stregone’. E continuamente lo mettevano alla prova, gli mettevano davanti un tranello, per vedere se cadeva”.
discernimento
bisogna “Saper discernere le situazioni”: ciò che viene da Dio e ciò che viene dal maligno che “sempre cerca di ingannare”, “di farci scegliere una strada sbagliata”. “Il cristiano non può essere tranquillo che tutto va bene, deve discernere le cose e guardare bene da dove vengono, qual è la loro la radice”.
Vigilanza
In un cammino di fede “le tentazioni tornano sempre, il cattivo spirito non si stanca mai”. Se “è stato cacciato via” ha “pazienza, aspetta per tornare” e se lo si lascia entrare si cade in una situazione peggiore. Infatti, prima si sapeva che era “il demonio che tormentava”.
“Tranquillizzare la coscienza. Anestetizzare la coscienza. Questo è un male grande. Quando il cattivo spirito riesce ad anestetizzare la coscienza si può parlare di una sua vera vittoria, diventa il padrone di quella coscienza:
Fare sempre esame di coscienza
La Chiesa ci consiglia sempre l’esercizio dell’esame di coscienza: cosa è successo oggi nel mio cuore, oggi, per questo? E’ venuto questo demonio educato con i suoi amici da me? Discernimento. Da dove vengono i commenti, le parole, gli insegnamenti, chi dice questo? Discernere e vigilanza, per non lasciare entrare quello che inganna, che seduce, che affascina. Chiediamo al Signore la grazia del discernimento e la grazia della vigilanza”.
giovedì 8 ottobre 2015
Malvagi senza nome, senza Dio
sintesi omelia papa Francesc 8 ottobre 2015
I “superbi” pur “facendo il male, si moltiplicano e, pur provocando Dio, restano impuniti?”:
“Quante volte noi vediamo questa realtà in gente cattiva, in gente che fa del male e che sembra che nella vita le vada bene: sono felici, hanno tutto quello che vogliono, non manca loro niente. Perché Signore?
Perché a chi non importa niente né di Dio né degli altri, che è una persona ingiusta pure cattiva, gli va bene tutto nella sua vita, ha tutto quello che vuole e noi che vogliamo fare del bene abbiamo tanti problemi?”.
“beato” l’uomo “che non entra nel consiglio dei malvagi” e che “trova la sua gioia” nella “legge del Signore”.
“Adesso non vediamo i frutti di questa gente che soffre, di questa gente che porta la croce, come quel Venerdì Santo e quel Sabato Santo non si vedevano i frutti del Figlio di Dio Crocifisso, delle sue sofferenze. E tutto quello che farà, riuscirà bene.
E cosa dice il Salmo sui malvagi, su quelli che noi pensiamo vada tutto bene? ‘Non così, non così malvagi, ma come pula che il vento disperde. Perché il Signore veglia sul cammino dei giusti, mentre la via dei malvagi va in rovina’”.
Una rovina senza scampo.
“Dei malvagi, nel Libro della Memoria di Dio, non c’è nome: è un malvagio, è un truffatore, è uno sfruttatore… Non hanno nome, soltanto hanno aggettivi. Invece, tutti quelli che cercano di andare sulla strada del Signore, saranno con suo Figlio, che ha il nome, Gesù Salvatore. Ma un nome difficile da capire, anche inspiegabile per la prova della croce e per tutto quello che Lui ha sofferto per noi”.
I “superbi” pur “facendo il male, si moltiplicano e, pur provocando Dio, restano impuniti?”:
“Quante volte noi vediamo questa realtà in gente cattiva, in gente che fa del male e che sembra che nella vita le vada bene: sono felici, hanno tutto quello che vogliono, non manca loro niente. Perché Signore?
Perché a chi non importa niente né di Dio né degli altri, che è una persona ingiusta pure cattiva, gli va bene tutto nella sua vita, ha tutto quello che vuole e noi che vogliamo fare del bene abbiamo tanti problemi?”.
“beato” l’uomo “che non entra nel consiglio dei malvagi” e che “trova la sua gioia” nella “legge del Signore”.
“Adesso non vediamo i frutti di questa gente che soffre, di questa gente che porta la croce, come quel Venerdì Santo e quel Sabato Santo non si vedevano i frutti del Figlio di Dio Crocifisso, delle sue sofferenze. E tutto quello che farà, riuscirà bene.
E cosa dice il Salmo sui malvagi, su quelli che noi pensiamo vada tutto bene? ‘Non così, non così malvagi, ma come pula che il vento disperde. Perché il Signore veglia sul cammino dei giusti, mentre la via dei malvagi va in rovina’”.
Una rovina senza scampo.
“Dei malvagi, nel Libro della Memoria di Dio, non c’è nome: è un malvagio, è un truffatore, è uno sfruttatore… Non hanno nome, soltanto hanno aggettivi. Invece, tutti quelli che cercano di andare sulla strada del Signore, saranno con suo Figlio, che ha il nome, Gesù Salvatore. Ma un nome difficile da capire, anche inspiegabile per la prova della croce e per tutto quello che Lui ha sofferto per noi”.
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memoria Dio Messa Santa Marta malvagi
mercoledì 7 ottobre 2015
la famiglia una rete importante
sintesi Udienza Generale papa Francesco 7 ottobre 2015
Da pochi giorni è iniziato il Sinodo dei Vescovi sul tema “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”. La famiglia che cammina nella via del Signore è fondamentale nella testimonianza dell’amore di Dio.
C'è un rapporto – che possiamo ben dire indissolubile! – tra la Chiesa e la famiglia... Ovunque c'è il bisogno di una robusta iniezione di spirito famigliare. Infatti, lo stile dei rapporti – civili, economici, giuridici, professionali, di cittadinanza – appare molto razionale, formale, organizzato, ma anche molto “disidratato”, arido, anonimo. Diventa a volte insopportabile. Pur volendo essere inclusivo nelle sue forme, nella realtà abbandona alla solitudine e allo scarto un numero sempre maggiore di persone.
La famiglia apre per l’intera società una prospettiva umana
La famiglia apre gli occhi dei figli sulla vita;
La famiglia introduce al bisogno dei legami di fedeltà, sincerità, fiducia, cooperazione, rispetto; incoraggia a progettare un mondo abitabile e a credere nei rapporti di fiducia, anche in condizioni difficili; insegna ad onorare la parola data, il rispetto delle singole persone, la condivisione dei limiti personali e altrui. E tutti siamo consapevoli della insostituibilità dell’attenzione famigliare per i membri più piccoli, più vulnerabili, più feriti, e persino più disastrati nelle condotte della loro vita.
la Politica non dà alla famiglia adeguato riconoscimento: la famiglia non solo non ha riconoscimento adeguato, ma non genera più apprendimento!
Con tutta la sua scienza, e la sua tecnica, la società moderna non è ancora in grado di tradurre queste conoscenze in forme migliori di convivenza civile. Non solo l’organizzazione della vita comune si incaglia sempre più in una burocrazia del tutto estranea ai legami umani fondamentali, ma, addirittura, il costume sociale e politico mostra spesso segni di degrado – aggressività, volgarità, disprezzo…
Lo “spirito famigliare” è una carta costituzionale per la Chiesa
La Chiesa individua oggi, in questo punto esatto, il senso storico della sua missione a riguardo della famiglia e dell’autentico spirito famigliare: incominciando da un’attenta revisione di vita, che riguarda sé stessa. Si potrebbe dire che lo “spirito famigliare” è una carta costituzionale per la Chiesa.
La famiglia libera l'essere umano dall'abbandono e dall'indifferenza
Gesù, quando chiamò Pietro a seguirlo, gli disse che lo avrebbe fatto diventare “pescatore di uomini”; e per questo ci vuole un nuovo tipo di reti. Potremmo dire che oggi le famiglie sono una delle reti più importanti per la missione di Pietro e della Chiesa. Non è una rete che fa prigionieri, questa! Al contrario, libera dalle acque cattive dell’abbandono e dell’indifferenza, che affogano molti esseri umani nel mare della solitudine e dell’indifferenza. Le famiglie sanno bene che cos’è la dignità del sentirsi figli e non schiavi, o estranei, o solo un numero di carta d’identità.
Entusiasmo dei Padri sinodali
Da qui, dalla famiglia, Gesù ricomincia il suo passaggio fra gli esseri umani per persuaderli che Dio non li ha dimenticati. Da qui Pietro prende vigore per il suo ministero. Da qui la Chiesa, obbedendo alla parola del Maestro, esce a pescare al largo, certa che, se questo avviene, la pesca sarà miracolosa. Possa l’entusiasmo dei Padri sinodali, animati dallo Spirito Santo, fomentare lo slancio di una Chiesa che abbandona le vecchie reti e si rimette a pescare confidando nella parola del suo Signore.
Da pochi giorni è iniziato il Sinodo dei Vescovi sul tema “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”. La famiglia che cammina nella via del Signore è fondamentale nella testimonianza dell’amore di Dio.
C'è un rapporto – che possiamo ben dire indissolubile! – tra la Chiesa e la famiglia... Ovunque c'è il bisogno di una robusta iniezione di spirito famigliare. Infatti, lo stile dei rapporti – civili, economici, giuridici, professionali, di cittadinanza – appare molto razionale, formale, organizzato, ma anche molto “disidratato”, arido, anonimo. Diventa a volte insopportabile. Pur volendo essere inclusivo nelle sue forme, nella realtà abbandona alla solitudine e allo scarto un numero sempre maggiore di persone.
La famiglia apre per l’intera società una prospettiva umana
La famiglia apre gli occhi dei figli sulla vita;
La famiglia introduce al bisogno dei legami di fedeltà, sincerità, fiducia, cooperazione, rispetto; incoraggia a progettare un mondo abitabile e a credere nei rapporti di fiducia, anche in condizioni difficili; insegna ad onorare la parola data, il rispetto delle singole persone, la condivisione dei limiti personali e altrui. E tutti siamo consapevoli della insostituibilità dell’attenzione famigliare per i membri più piccoli, più vulnerabili, più feriti, e persino più disastrati nelle condotte della loro vita.
la Politica non dà alla famiglia adeguato riconoscimento: la famiglia non solo non ha riconoscimento adeguato, ma non genera più apprendimento!
Con tutta la sua scienza, e la sua tecnica, la società moderna non è ancora in grado di tradurre queste conoscenze in forme migliori di convivenza civile. Non solo l’organizzazione della vita comune si incaglia sempre più in una burocrazia del tutto estranea ai legami umani fondamentali, ma, addirittura, il costume sociale e politico mostra spesso segni di degrado – aggressività, volgarità, disprezzo…
Lo “spirito famigliare” è una carta costituzionale per la Chiesa
La Chiesa individua oggi, in questo punto esatto, il senso storico della sua missione a riguardo della famiglia e dell’autentico spirito famigliare: incominciando da un’attenta revisione di vita, che riguarda sé stessa. Si potrebbe dire che lo “spirito famigliare” è una carta costituzionale per la Chiesa.
La famiglia libera l'essere umano dall'abbandono e dall'indifferenza
Gesù, quando chiamò Pietro a seguirlo, gli disse che lo avrebbe fatto diventare “pescatore di uomini”; e per questo ci vuole un nuovo tipo di reti. Potremmo dire che oggi le famiglie sono una delle reti più importanti per la missione di Pietro e della Chiesa. Non è una rete che fa prigionieri, questa! Al contrario, libera dalle acque cattive dell’abbandono e dell’indifferenza, che affogano molti esseri umani nel mare della solitudine e dell’indifferenza. Le famiglie sanno bene che cos’è la dignità del sentirsi figli e non schiavi, o estranei, o solo un numero di carta d’identità.
Entusiasmo dei Padri sinodali
Da qui, dalla famiglia, Gesù ricomincia il suo passaggio fra gli esseri umani per persuaderli che Dio non li ha dimenticati. Da qui Pietro prende vigore per il suo ministero. Da qui la Chiesa, obbedendo alla parola del Maestro, esce a pescare al largo, certa che, se questo avviene, la pesca sarà miracolosa. Possa l’entusiasmo dei Padri sinodali, animati dallo Spirito Santo, fomentare lo slancio di una Chiesa che abbandona le vecchie reti e si rimette a pescare confidando nella parola del suo Signore.
venerdì 2 ottobre 2015
l'amico Angelo
“Ecco, io mando un angelo davanti a
te per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che ho
preparato”
“il Signore ha dato a tutti un #angelo”. “Ognuno di noi ne ha uno” che “ci accompagna”
“E’ sempre con noi!
E’ come un ambasciatore di Dio con noi. E il Signore ci consiglia: ‘Abbi rispetto della sua presenza!’.
Rispettarlo e ascoltarlo
L’Angelo custode ci difende sempre e soprattutto dal male.
L’Angelo è lì “per consigliarci”, per “coprirci”, esattamente come farebbe “un amico”. “Un amico che noi non vediamo, ma che sentiamo”.
Un amico che un giorno “sarà con noi in Cielo, nella gioia eterna”:
“Soltanto chiede di ascoltarlo, di rispettarlo. Soltanto questo: rispetto e ascolto. E questo rispetto e ascolto a questo compagno di cammino si chiama docilità.
Il cristiano deve essere docile allo Spirito Santo. La docilità allo Spirito Santo incomincia con questa docilità ai consigli di questo compagno di cammino”.
E per essere docili bisogna essere piccoli, come bambini.
l’Angelo custode è “un compagno di cammino” che insegna l’umiltà e che come bambini va ascoltato:
“Chiediamo oggi al Signore la grazia di questa docilità, di ascoltare la voce di questo compagno, di questo ambasciatore di Dio che è accanto a noi nel nome Suo, che siamo sorretti dal suo aiuto.
da omelia 2 ottobre 2015 Papa Francesco
“il Signore ha dato a tutti un #angelo”. “Ognuno di noi ne ha uno” che “ci accompagna”
“E’ sempre con noi!
E’ come un ambasciatore di Dio con noi. E il Signore ci consiglia: ‘Abbi rispetto della sua presenza!’.
Rispettarlo e ascoltarlo
L’Angelo custode ci difende sempre e soprattutto dal male.
L’Angelo è lì “per consigliarci”, per “coprirci”, esattamente come farebbe “un amico”. “Un amico che noi non vediamo, ma che sentiamo”.
Un amico che un giorno “sarà con noi in Cielo, nella gioia eterna”:
“Soltanto chiede di ascoltarlo, di rispettarlo. Soltanto questo: rispetto e ascolto. E questo rispetto e ascolto a questo compagno di cammino si chiama docilità.
Il cristiano deve essere docile allo Spirito Santo. La docilità allo Spirito Santo incomincia con questa docilità ai consigli di questo compagno di cammino”.
E per essere docili bisogna essere piccoli, come bambini.
l’Angelo custode è “un compagno di cammino” che insegna l’umiltà e che come bambini va ascoltato:
“Chiediamo oggi al Signore la grazia di questa docilità, di ascoltare la voce di questo compagno, di questo ambasciatore di Dio che è accanto a noi nel nome Suo, che siamo sorretti dal suo aiuto.
da omelia 2 ottobre 2015 Papa Francesco
il Vangelo della misericordia
cenni del
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA GIORNATA MONDIALE DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO 2016
[17 gennaio 2016]
PER LA GIORNATA MONDIALE DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO 2016
[17 gennaio 2016]
“Migranti e rifugiati ci interpellano. La risposta del Vangelo della misericordia”
“ci sono momenti nei quali in modo ancora più forte siamo chiamati a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno efficace dell’agire del Padre” (Misericordiae Vultus, 3).Nella nostra epoca, i flussi migratori sono in continuo aumento in ogni area del pianeta: profughi e persone in fuga dalle loro patrie interpellano i singoli e le collettività, sfidando il tradizionale modo di vivere e, talvolta, sconvolgendo l’orizzonte culturale e sociale con cui vengono a confronto. Sempre più spesso le vittime della violenza e della povertà, abbandonando le loro terre d’origine, subiscono l’oltraggio dei trafficanti di persone umane nel viaggio verso il sogno di un futuro migliore. Se, poi, sopravvivono agli abusi e alle avversità, devono fare i conti con realtà dove si annidano sospetti e paure.
L’indifferenza e il silenzio aprono la strada alla complicità quando assistiamo come spettatori alle morti per soffocamento, stenti, violenze e naufragi. Di grandi o piccole dimensioni, sono sempre tragedie quando si perde anche una sola vita umana.
I migranti sono nostri fratelli e sorelle che cercano una vita migliore lontano dalla povertà, dalla fame, dallo sfruttamento e dall’ingiusta distribuzione delle risorse del pianeta,...
Fare in modo che l’integrazione diventi vicendevole arricchimento, apra positivi percorsi alle comunità e prevenga il rischio della discriminazione, del razzismo, del nazionalismo estremo o della xenofobia!!!!!
L’ospitalità, infatti, vive del dare e del ricevere. è importante guardare ai migranti non soltanto in base alla loro condizione di regolarità o di irregolarità, ma soprattutto come persone che, tutelate nella loro dignità, possono contribuire al benessere e al progresso di tutti,
Cari fratelli e sorelle migranti e rifugiati! Alla radice del Vangelo della misericordia l’incontro e l’accoglienza dell’altro si intrecciano con l’incontro e l’accoglienza di Dio: accogliere l’altro è accogliere Dio in persona! Non lasciatevi rubare la speranza e la gioia di vivere che scaturiscono dall’esperienza della misericordia di Dio, che si manifesta nelle persone che incontrate lungo i vostri sentieri! Vi affido alla Vergine Maria, Madre dei migranti e dei rifugiati, e a san Giuseppe, che hanno vissuto l’amarezza dell’emigrazione in Egitto. Alla loro intercessione affido anche coloro che dedicano energie, tempo e risorse alla cura, sia pastorale che sociale, delle migrazioni. Su tutti imparto di cuore la Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, 12 settembre 2015
Memoria del Santissimo Nome di Maria
FRANCESCO
giovedì 1 ottobre 2015
GIOIA E NOSTALGIA
pianto di gioa. cuore che ha nostalgia
Il
popolo di Israele dopo lunghi anni di deportazione ritorna a
Gerusalemme,
negli anni a Babilonia, il popolo sempre ricordava la propria patria. Dopo tanti anni arriva il giorno del ritorno,
della ricostruzione di Gerusalemme e il popolo“era gioioso ma piangeva, e sentiva la
Parola di Dio; aveva gioia, ma anche pianto, tutto insieme”.
Questo popolo non soltanto aveva trovato la sua città, questo popolo al sentire la Legge, trovò la sua identità, e per questo era gioioso e piangeva”:
“Ma piangeva di gioia, piangeva perché aveva incontrato la sua identità, aveva ritrovato quell’identità che con gli anni di deportazione un po’ si era persa.
Non vi rattristate - dice Neemia – perché la gioia del Signore è la vostra forza’.
Solo in Dio troviamo la nostra vera identità .. “Quando tu hai perso quello che era tuo, la tua casa, quello che era proprio tuo ti viene questa nostalgia e questa nostalgia ti porta di nuovo a casa tua. La nostalgia della propria identità lo aveva portato a trovarla.
oggi: ‘Sono tranquillo, contento, non ho bisogno di niente – spiritualmente nel mio cuore? La mia nostalgia si è spenta?’
Un cuore che non ha nostalgia, non conosce la gioia. E la gioia, proprio, è la nostra forza: la gioia di Dio. Un cuore che non sa cosa sia la nostalgia, non può fare festa. E tutto questo
“Chiediamoci come è la nostra nostalgia di Dio: siamo contenti, stiamo felici così, o tutti i giorni abbiamo questo desiderio di andare avanti? Che il Signore ci dia questa grazia: che mai, mai, mai, si spenga nel nostro cuore la nostalgia di Dio”.
Etichette:
#IDENTITàCRISTIANA,
#PAPAfRANCESCO
lunedì 14 settembre 2015
Guardare la croce
Satana ci seduce per poi rovinarci, “è un bugiardo, è un
invidioso, perché per l’invida del diavolo, del serpente, è entrato il
peccato nel mondo”.Il male seduce e incanta, ma è un cattivo pagatore.
Mentre Gesù è venuto per prendere su di sé tutti i nostri peccati e Lui è diventato il più grande peccatore senza averne fatto alcuno. E Paolo ci dice: ‘Lui si è fatto peccato per noi’, riprendendo la figura ‘Lui si è fatto serpente’. Gesù stesso a Nicodemo spiega che “come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in Lui abbia la vita eterna”.Gesù ha preso su di sé tutti i nostri peccati
Dio si è fatto uomo e si è addossato il peccato. E Paolo ai Filippesi, spiega questo mistero:
“Pur essendo nella condizione di Dio, Gesù non ritenne un privilegio di essere come Dio ma svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini; umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e morte di Croce”.
La strada del cristiano è abbassarsi come Gesù sulla Croce
Gesù, “annientò se stesso, si è fatto peccato per noi, Lui che non conosceva peccato”.
“Quando guardiamo Gesù sulla Croce, ma ci sono bei dipinti, ma la realtà è un’altra: era strappato tutto, insanguinato dai nostri peccati. Questa è la strada che Lui ha preso per vincere il serpente nel suo campo. Guardare la Croce di Gesù: guardare la realtà, cosa era la croce in quel tempo. E guardare il suo percorso e a Dio, che annientò se stesso, si abbassò per salvarci. Anche questa è la strada del cristiano. Se un cristiano vuole andare avanti sulla strada della vita cristiana deve abbassarsi, come si è abbassato Gesù. E’ la strada dell’umiltà, sì, ma anche di portare su di sé le umiliazioni come le ha portate Gesù”.
Nella festa della Esaltazione della Santa Croce, chiediamo la grazia alla Madonna di “piangere d’amore, di piangere di gratitudine perché il nostro Dio tanto ci ha amato che ha inviato il suo Figlio” ad “abbassarsi e annientarsi per salvarci”.
Mentre Gesù è venuto per prendere su di sé tutti i nostri peccati e Lui è diventato il più grande peccatore senza averne fatto alcuno. E Paolo ci dice: ‘Lui si è fatto peccato per noi’, riprendendo la figura ‘Lui si è fatto serpente’. Gesù stesso a Nicodemo spiega che “come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in Lui abbia la vita eterna”.Gesù ha preso su di sé tutti i nostri peccati
Dio si è fatto uomo e si è addossato il peccato. E Paolo ai Filippesi, spiega questo mistero:
“Pur essendo nella condizione di Dio, Gesù non ritenne un privilegio di essere come Dio ma svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini; umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e morte di Croce”.
La strada del cristiano è abbassarsi come Gesù sulla Croce
Gesù, “annientò se stesso, si è fatto peccato per noi, Lui che non conosceva peccato”.
“Quando guardiamo Gesù sulla Croce, ma ci sono bei dipinti, ma la realtà è un’altra: era strappato tutto, insanguinato dai nostri peccati. Questa è la strada che Lui ha preso per vincere il serpente nel suo campo. Guardare la Croce di Gesù: guardare la realtà, cosa era la croce in quel tempo. E guardare il suo percorso e a Dio, che annientò se stesso, si abbassò per salvarci. Anche questa è la strada del cristiano. Se un cristiano vuole andare avanti sulla strada della vita cristiana deve abbassarsi, come si è abbassato Gesù. E’ la strada dell’umiltà, sì, ma anche di portare su di sé le umiliazioni come le ha portate Gesù”.
Nella festa della Esaltazione della Santa Croce, chiediamo la grazia alla Madonna di “piangere d’amore, di piangere di gratitudine perché il nostro Dio tanto ci ha amato che ha inviato il suo Figlio” ad “abbassarsi e annientarsi per salvarci”.
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Papa Francesco cristiani Croce
giovedì 16 luglio 2015
mercoledì 24 giugno 2015
poesia e preghiera
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al seguente link una poesia
e altre preghiere alla Madonna degli Angeli
visitate e se volete mettete MI PIACE
al seguente link una poesia
e altre preghiere alla Madonna degli Angeli
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mercoledì 27 maggio 2015
Ortopatia= possibilità di vivere correttamente le proprie emozioni
nel presente, o portatrice di passato carico d’affetto attraverso il contributo
del pathos verso l’auotrascendenza del mistero
ortopatia della concreta persona
sin dall’inizio della vita, attraverso interazioni con persone
(genitori/gruppo) o situazioni
dall’interazione nasce il volere
emotivo
ci può essere uno sviluppo sano,
rinforzandosi progressivamente
oppure
seguire una linea disturbata e
interferita
l’orotpatia è decisiva per
l’educazione della fede in interazione stretta con gli altri tratti dello
sviluppo della persona
SVILUPPO RELAZIONALE
SVILUPPO COGNITIVO
SVILUPPO DELL’IO
L’ortopatia è esperessione della
–PERCEZIONE
-
MEMORIA AFFETTIVA
Ha un’influenza centrale sulla
conoscenza.
Decisivo e determinante è il
ruolo dell’AFFETTIVITA’ nel sorgere e strutturarsi della religione, COSTITUENDO
PRINCIPALE elemento costitutivo e supporto espressivo.
Doppio ruolo:
-
intervento dinamico
-
percezione intuitiva del contatto col soprannaturale.
L’ortopatia della concreta
persona è collegata alla condizione della sua memoria affettiva (dimensione
psichica molto incisiva).
L’esperienza basilare e
primordiale fa da deterrente e perno allo sviluppo dell’ortopatia.
ESPERIENZA CHE Dà VITA A UN PUNTO
SALDO #INTERIORE è RICAVATA l’ungo l’arco evolutivo. A seguito di tale
esperienza il limite può essere accettato al positivo e si sviluppa un SENTIRE
Corretto.
Formazione personale legata alla
capacità di INTERIORIZZARE VALORI attraverso il grado di libertà di esperienza
frutto dell’ortopatia presente lungo il percorso.
Libertà esperienziale e otopatia sono
collegate
L’ortopatia è legata al grado di
libertà esperenziale, che a sua volta amplia il grado di otopatia.
Fruttto della libertà esperienziale
e dell’ortopatia è la LIBERTA’
INTERIORE di fornte a tutto ciò che si vive all’interno e all’esterno della
persona.
Tale libertà interiore permette
alla persona di essere in verità , di attuare la vocazione in pienezza, offrire
un contributo costruttivo ove si vive.
Se l’ortopatia è assente prendono
corpo le ILLUSIONI che rivelano la complessità dei fattori e il fragile
equilibrio della crescita
venerdì 8 maggio 2015
leggere i media (prima parte)
la “comunicazione sociale” con l’ottica della
“fede cristiana"
La “via da seguire” è quella della VERITÀ, che richiede sia ai “produttori” sia ai “consumatori” d
1. rispetto della cosa comunicata e del modo con cui viene comunicata
2. la cosciente comprensione del messaggio ricevuto e la corretta valutazione morale del suo significat
3. la coerenza delle proprie azioni con la fede cristiana...
significa conoscere i “codici espressivi” (di natura linguistica) e le “strutture iconiche” (di natura semiologica) per poter rispettare la comunicazione, tanto per chi la “produce” quanto per chi la decodifica (RECETTORE: il pubblico).
Pap Giovanni Paolo II, in occasione della XXV^ GIORNATA MONDIALE DELLA COMUNICAZIONE SOCIALE (13 ottobre 1991) ricorda ai fedeli che «Da molto tempo la Chiesa ritiene che i media siano da considerare dei Doni di Dio» e subito dopo precisa che in quanto tali il loro fine è «lo stesso dei mezzi di comunicazione più tradizionali (il gesto, il disegno, le parole e la scrittura): avvicinarci l’un l’altro più intimamente nella fratellanza e nella mutua comprensione, ed aiutarci a progredire nella ricerca del nostro destino umano»;
«l’uso dei mezzi di comunicazione (oggi) così potenti (...) richiede in tutti coloro che ne sono coinvolti (produttori e fruitori) un alto senso di responsabilità (di competenza, conoscenza ed uso)... Se essi (i media) adempiono o non allo scopo per il quale ci sono stati dati, dipende in larga misura dalla saggezza con la quale se ne fa uso. (...) In questo quadro, ogni membro della famiglia dell’uomo, dal più semplice consumatore al più grande produttore di programmi, ha una responsabilità individuale».
Il Cardinale Martini ha evidenziando sia la provvidenzialità del progresso massmediale, sia la difficoltà di approccio a questi strumenti.
«Il problema sorge - osserva Padre Taddei - dalla presunta “obiettività informativa ... va da sé, allora, che il “mito dell’informazione obiettiva” va un po’ rivisto» (2).
“informazione” significa “mettere in forma, dare forma o far prendere
forma”. La televisione
(il cinema o la stampa) è uno strumento informativo che
tende a “formare” dei “contenuti mentali”.
la televisione è un dono di Dio, come tale deve essere usata.
Comunicare è un’attività essenziale per l’esistenza e lo sviluppo dell’umanità. Capire la comunicazione è altrettanto essenziale.
non dobbiamo mai dimenticare che, per esprimere i contenuti di un evento, il “linguaggio dell’immagine” (tecnica), in special modo quella riprodotta dalla TV, si avvale, contemporaneamente, del “contenuto concettuale” (tipico della tradizione orale) e della descrizione figurativa (di natura grafica). La comunicazione con l’immagine è sempre avvolta da questa doppia patina informativa che costituisce, per un verso, l’interpretazione ideologica (che concettualizza l’ideologia di riferimento), e, per l’altro, la riproduzione idealogica (che determina l’idea che, di quell’avvenimento, l’autore dell’immagine si è fatta) (5).
con la “comunicazione audiovisiva” siamo di fronte al “veicolo” che trasporta, clandestinamente, l’esistenzialità dell’autore del segno e, proprio perché il trasporto avviene in modo clandestino, ci si rende conto dei suoi malefici effetti solo a cose accadute (6)
È necessario, fin dai primi anni di scolarizzazionei nsegnare a “leggere i media"
Ha scritto il Papa, la comunicazione di massa «ha creato una nuova cultura- la quale -più che dai contenuti, nasce dal fatto stesso che esistono nuovi modi di comunicare, con nuovi linguaggi, nuove tecniche- tipiche della comunicazione contemporanea, -e nuovi linguaggi psicologici». Questo nuovo linguaggio, tocca anche l’educazione religiosa. Al riguardo ha precisato che «l’evangelizzazione stessa della cultura moderna dipende in gran parte dall’influsso dei massmedia» (7).
NOTE E BIBLIOGRAFIA
1) Sulle disposizioni della Chiesa sulla Comunicazione Sociale e la Sua Missione si vedano. INTER MIRIFICA –Decreto conciliare sugli strumenti di comunicazione sociale- Edizioni Paoline; COMMUNIO ET PROGRESSIO –Istruzione pastorale sulla comunicazione sociale- Edizioni Paoline; IL DOVERE PASTORALE DELLA COMUNICAZIONE SOCIALE –Nota della commissione della CEI a vent’anni dal decreto conciliare “Inter Mirifica”- Edizioni Paoline; CRITERI DI COLLABORAZIONE ECUMENICA ED INTERRELIGIOSA NEL CAMPO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI –Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali- Edizioni Paoline; AETATIS NOVAE –Istruzione pastorale sulle comunicazioni sociali nel 20 anniversario della “Communio et Progressio”- Edizioni Paoline; in modo particolare, la lettera di Giovanni Paolo II, REDEMPTORIS MISSIO, in riferimento alla validità del mandato missionario- Edizioni Paoline.
2) NAZARENO TADDEI, “Mass Media e Famiglia”, in “Documenti” anno IV, n. 22/23, CISF- Centro Internazionale Studi Famiglia, Soc. S. Paolo.
3) Sulle “comunicazioni clandestine” si veda: N. TADDEI, “Lettura strutturale della fotografia” edizioni EDAV, Roma, 1984; sugli effetti dei programmi televisivi è interessante leggere il saggio di KARL R. POPPER e JHON CONDRY, “Cattiva Maestra Televisione”, in RESET, 1994, Del saggio non condivido la soluzione da loro proposta, in quanto si limita al controllo del contenuto, ovvero al semplice aspetto concettuale dell’informazione televisiva. Gli autori ignorano gli elementi massmediali dell’immagine tecnica (e quindi la necessità di apprendere il nuovo alfabeto iconico). I dati rilevati dalle ricerche e sperimentazioni finora hanno dimostrato che il recupero cognitivo, inteso come autonomia del pensiero, è reso possibile solo mediante l’uso degli elementi di iconicità propri dell’immagine e non della convenzione linguistica.
4) Per saperne di più, N. TADDEI, “Leggere la disinformazione”, sette articoli pubblicati in “EDAV –Educazione Audiovisiva”, dal n. 245/96 al n. 252/97, rivista mensile, edizioni Edav-CiSCS, Roma. Sul comportamento delle persone di fronte ai massmedia, UMBERTO ECO, “La cultura di massa e livelli di cultura” in “Apocalittici ed integrati”, edizioni Bombiani, Mi.1973;
5) N. TADDEI, “Lettura strutturale della fotografia”, op. cit.; U. ECO, “Segno”, edizioni Isedi, Mi.1978; DOMENICO VOLPI, “Didattica dei fumetti –tecniche per una scuola nuova”, edizioni La Scuola, Br.1977; CHARLES R. WRIGHT, “La comunicazione di massa –prospettiva sociologica”, edizioni Armando, Roma, 1976.
6) Sugli effetti del gioco delle immagini sul pensiero logico, BEN GRADUS, “La pubblicità televisiva”, edizioni Gremese, Roma,1992; BERNARD WILKIE, “Effetti Speciali –per il cinema e la televisione”, edizioni Gremese, Roma, 1982.
7) PAPA GIOVANNI PAOLO II, “Redemptoris Missio”, enciclica –art. 37.
8) LUIGI ZAFFAGNINI, “metodologia didattica e mentalità massmediale”, articolo sul mensile “EDAV- Educazione Audiovisiva” n. 249/97, edizioni Edav-CiSCS, Roma, pgg.10/13; AA.VV –a cura di N. TADDEI, “Scuola 2000: insegnare con l’immagine –una metodologia”, atti di Convegno- Monastero di S. Croce –Bocca di Magra (SP) 12-13 dicembre 1992, edizioni Edav-CiSCS, Roma, 1994.
http://www.edav.it/articolo2.asp?id=606
La “via da seguire” è quella della VERITÀ, che richiede sia ai “produttori” sia ai “consumatori” d
1. rispetto della cosa comunicata e del modo con cui viene comunicata
2. la cosciente comprensione del messaggio ricevuto e la corretta valutazione morale del suo significat
3. la coerenza delle proprie azioni con la fede cristiana...
significa conoscere i “codici espressivi” (di natura linguistica) e le “strutture iconiche” (di natura semiologica) per poter rispettare la comunicazione, tanto per chi la “produce” quanto per chi la decodifica (RECETTORE: il pubblico).
Pap Giovanni Paolo II, in occasione della XXV^ GIORNATA MONDIALE DELLA COMUNICAZIONE SOCIALE (13 ottobre 1991) ricorda ai fedeli che «Da molto tempo la Chiesa ritiene che i media siano da considerare dei Doni di Dio» e subito dopo precisa che in quanto tali il loro fine è «lo stesso dei mezzi di comunicazione più tradizionali (il gesto, il disegno, le parole e la scrittura): avvicinarci l’un l’altro più intimamente nella fratellanza e nella mutua comprensione, ed aiutarci a progredire nella ricerca del nostro destino umano»;
«l’uso dei mezzi di comunicazione (oggi) così potenti (...) richiede in tutti coloro che ne sono coinvolti (produttori e fruitori) un alto senso di responsabilità (di competenza, conoscenza ed uso)... Se essi (i media) adempiono o non allo scopo per il quale ci sono stati dati, dipende in larga misura dalla saggezza con la quale se ne fa uso. (...) In questo quadro, ogni membro della famiglia dell’uomo, dal più semplice consumatore al più grande produttore di programmi, ha una responsabilità individuale».
Il Cardinale Martini ha evidenziando sia la provvidenzialità del progresso massmediale, sia la difficoltà di approccio a questi strumenti.
«Il problema sorge - osserva Padre Taddei - dalla presunta “obiettività informativa ... va da sé, allora, che il “mito dell’informazione obiettiva” va un po’ rivisto» (2).
la televisione è un dono di Dio, come tale deve essere usata.
Comunicare è un’attività essenziale per l’esistenza e lo sviluppo dell’umanità. Capire la comunicazione è altrettanto essenziale.
non dobbiamo mai dimenticare che, per esprimere i contenuti di un evento, il “linguaggio dell’immagine” (tecnica), in special modo quella riprodotta dalla TV, si avvale, contemporaneamente, del “contenuto concettuale” (tipico della tradizione orale) e della descrizione figurativa (di natura grafica). La comunicazione con l’immagine è sempre avvolta da questa doppia patina informativa che costituisce, per un verso, l’interpretazione ideologica (che concettualizza l’ideologia di riferimento), e, per l’altro, la riproduzione idealogica (che determina l’idea che, di quell’avvenimento, l’autore dell’immagine si è fatta) (5).
con la “comunicazione audiovisiva” siamo di fronte al “veicolo” che trasporta, clandestinamente, l’esistenzialità dell’autore del segno e, proprio perché il trasporto avviene in modo clandestino, ci si rende conto dei suoi malefici effetti solo a cose accadute (6)
È necessario, fin dai primi anni di scolarizzazionei nsegnare a “leggere i media"
Ha scritto il Papa, la comunicazione di massa «ha creato una nuova cultura- la quale -più che dai contenuti, nasce dal fatto stesso che esistono nuovi modi di comunicare, con nuovi linguaggi, nuove tecniche- tipiche della comunicazione contemporanea, -e nuovi linguaggi psicologici». Questo nuovo linguaggio, tocca anche l’educazione religiosa. Al riguardo ha precisato che «l’evangelizzazione stessa della cultura moderna dipende in gran parte dall’influsso dei massmedia» (7).
2) NAZARENO TADDEI, “Mass Media e Famiglia”, in “Documenti” anno IV, n. 22/23, CISF- Centro Internazionale Studi Famiglia, Soc. S. Paolo.
3) Sulle “comunicazioni clandestine” si veda: N. TADDEI, “Lettura strutturale della fotografia” edizioni EDAV, Roma, 1984; sugli effetti dei programmi televisivi è interessante leggere il saggio di KARL R. POPPER e JHON CONDRY, “Cattiva Maestra Televisione”, in RESET, 1994, Del saggio non condivido la soluzione da loro proposta, in quanto si limita al controllo del contenuto, ovvero al semplice aspetto concettuale dell’informazione televisiva. Gli autori ignorano gli elementi massmediali dell’immagine tecnica (e quindi la necessità di apprendere il nuovo alfabeto iconico). I dati rilevati dalle ricerche e sperimentazioni finora hanno dimostrato che il recupero cognitivo, inteso come autonomia del pensiero, è reso possibile solo mediante l’uso degli elementi di iconicità propri dell’immagine e non della convenzione linguistica.
4) Per saperne di più, N. TADDEI, “Leggere la disinformazione”, sette articoli pubblicati in “EDAV –Educazione Audiovisiva”, dal n. 245/96 al n. 252/97, rivista mensile, edizioni Edav-CiSCS, Roma. Sul comportamento delle persone di fronte ai massmedia, UMBERTO ECO, “La cultura di massa e livelli di cultura” in “Apocalittici ed integrati”, edizioni Bombiani, Mi.1973;
5) N. TADDEI, “Lettura strutturale della fotografia”, op. cit.; U. ECO, “Segno”, edizioni Isedi, Mi.1978; DOMENICO VOLPI, “Didattica dei fumetti –tecniche per una scuola nuova”, edizioni La Scuola, Br.1977; CHARLES R. WRIGHT, “La comunicazione di massa –prospettiva sociologica”, edizioni Armando, Roma, 1976.
6) Sugli effetti del gioco delle immagini sul pensiero logico, BEN GRADUS, “La pubblicità televisiva”, edizioni Gremese, Roma,1992; BERNARD WILKIE, “Effetti Speciali –per il cinema e la televisione”, edizioni Gremese, Roma, 1982.
7) PAPA GIOVANNI PAOLO II, “Redemptoris Missio”, enciclica –art. 37.
8) LUIGI ZAFFAGNINI, “metodologia didattica e mentalità massmediale”, articolo sul mensile “EDAV- Educazione Audiovisiva” n. 249/97, edizioni Edav-CiSCS, Roma, pgg.10/13; AA.VV –a cura di N. TADDEI, “Scuola 2000: insegnare con l’immagine –una metodologia”, atti di Convegno- Monastero di S. Croce –Bocca di Magra (SP) 12-13 dicembre 1992, edizioni Edav-CiSCS, Roma, 1994.
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martedì 28 aprile 2015
pregare lo Spirito
Nella vita della Chiesa è sempre fondamentale aprirsi alle novità dello Spirito Santo.
Molti non capivano che Dio è il Dio delle novità: ‘Io faccio tutto nuovo’, ci dice.
Llo Spirito Santo è venuto per rinnovarci e continuamente fa questo lavoro di rinnovarci.
è lo Spirito Santo che fa vedere la verità.
è lo Spirito che ci fa conoscere la voce di Gesù
è opera dello Spirito Santo l'andare avanti della Chiesa.
Senza preghiera, non c’è posto per lo Spirito.
Signore, dacci lo Spirito Santo perché possiamo discernere in ogni tempo cosa dobbiamo fare.
Le novità dello Spirito Santo, bisogna discernerle, e per discernerle bisogna pregare.
Dacci la grazia di non avere paura quando lo Spirito, con sicurezza, mi dice di fare un passo avanti.
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lunedì 30 marzo 2015
emozione e di tensione
Notizie belle
creano profonda emozione
ma le stesse belle notizie
danno anche tensione.
Attese
speranze
gioie
paure
ci sei
grazie
creano profonda emozione
ma le stesse belle notizie
danno anche tensione.
Attese
speranze
gioie
paure
ci sei
grazie
grazie don Pierino
http://www.torittonline.it/index.php?option=com_content&view=article&id=3795:torittesi-nellanno-della-vita-consacrata-don-pierino-dattoli&catid=96:consacrati-torittesi&Itemid=162 a questo link il mio articolo per ringraziare un grande sacerdote
Don Pierino Dattoli 30.3.2002
oggi 13imo anniversario della sua Pasqua.
http://www.torittonline.it/index.php?option=com_content&view=article&id=3795:torittesi-nellanno-della-vita-consacrata-don-pierino-dattoli&catid=96:consacrati-torittesi&Itemid=162
Don Pierino Dattoli 30.3.2002
oggi 13imo anniversario della sua Pasqua.
http://www.torittonline.it/index.php?option=com_content&view=article&id=3795:torittesi-nellanno-della-vita-consacrata-don-pierino-dattoli&catid=96:consacrati-torittesi&Itemid=162
venerdì 20 febbraio 2015
c'è posto nel tuo cuore?
chiamati a vivere coerentemente l’amore a Dio e l’amore al prossimo.
Per il Signore “non è digiuno, non mangiare la carne” ma poi “litigare e sfruttare gli operai”.
Il digiuno che vuole Gesù invece è quello che scioglie le catene inique, rimanda liberi gli oppressi, veste i nudi, fa giustizia.
l’amore a Dio e l’amore al prossimo sono una unità e se tu vuoi fare penitenza, reale non formale, devi farla davanti a Dio e anche con il tuo fratello, con il prossimo”.
Si può avere tanta fede, ma se “non fai opere è morta, a che serve”.
A uno va a Messa tutte le domeniche e fa la comunione, gli si può chiedere: “E com’ è il tuo rapporto con i tuoi dipendenti? Li paghi in nero? Paghi loro il salario giusto? versi i contributi per la pensione? Per assicurare la salute?”:
Tu non puoi fare offerte alla Chiesa sulle spalle della ingiustizia che fai con i tuoi dipendenti. Questo è un peccato gravissimo: è usare Dio per coprire l’ingiustizia”.
“Non è un buon cristiano quello che non fa giustizia con le persone che dipendono da lui”. E non è un buon cristiano, “quello che non si spoglia di qualcosa necessaria a lui per dare a un altro che abbia bisogno”. Il cammino della Quaresima, “è doppio, a Dio e al prossimo: è reale, non è meramente formale. Non è non mangiare carne solamente il venerdì, fare qualcosina, e poi fare crescere l’egoismo, lo sfruttamento del prossimo, l’ignoranza dei poveri”.
la Quaresima serve “per pensare a loro: cosa posso fare per i bambini, per gli anziani, che non hanno la possibilità di essere visitati da un medico?”, che magari aspettano “otto ore e poi ti danno il turno per una settimana dopo”. “Cosa fai per quella gente?
in questa Quaresima nel tuo cuore c’è posto per quelli che non hanno compiuto i comandamenti? Che hanno sbagliato e sono in carcere?”:
Nel tuo cuore i carcerati hanno un posto? Tu preghi per loro, perché il Signore li aiuti a cambiare vita?’ Accompagna, Signore, il nostro cammino quaresimale perché l’osservanza esteriore corrisponda a un profondo rinnovamento dello Spirito.
Quaresima
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Per la cultura ebraica
il cuore è il centro dei sentimenti, dei pensieri e delle intenzioni
della persona umana. Se la Bibbia ci insegna che Dio non vede le
apparenze, ma il cuore (cfr 1 Sam 16,7), possiamo dire anche
che è a partire dal nostro cuore che possiamo vedere Dio. Questo perché
il cuore riassume l’essere umano nella sua totalità e unità di corpo e
anima, nella sua capacità di amare ed essere amato.
il forte richiamo di Gesù a lanciarci con coraggio nell’avventura della ricerca della felicità.
«Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» (Mt 5,8).
La parola beati, ossia felici, compare nove volte in questa che è la prima grande predica di Gesù (cfr Mt 5,1-12). È come un ritornello che ci ricorda la chiamata del Signore a percorrere insieme a Lui una strada che, nonostante tutte le sfide, è la via della vera felicità.
la ricerca della felicità è comune a tutte le persone di tutti i tempi e di tutte le età. Dio ha deposto nel cuore di ogni uomo e di ogni donna un desiderio irreprimibile di felicità, di pienezza. Non avvertite che i vostri cuori sono inquieti e in continua ricerca di un bene che possa saziare la loro sete d’infinito?
I primi capitoli del Libro della Genesi ci presentano la splendida beatitudine alla quale siamo chiamati e che consiste in comunione perfetta con Dio, con gli altri, con la natura, con noi stessi. Il libero accesso a Dio, alla sua intimità e visione era presente nel progetto di Dio per l’umanità dalle sue origini e faceva sì che la luce divina permeasse di verità e trasparenza tutte le relazioni umane. In questo stato di purezza originale non esistevano “maschere”, sotterfugi, motivi per nascondersi gli uni agli altri. Tutto era limpido e chiaro.
Quando l’uomo e la donna cedono alla tentazione e rompono la relazione di fiduciosa comunione con Dio, il peccato entra nella storia umana (cfr Gen 3). Le conseguenze si fanno subito notare anche nelle loro relazioni con sé stessi, l’uno con l’altro, con la natura. E sono drammatiche! La purezza delle origini è come inquinata. Da quel momento in poi l’accesso diretto alla presenza di Dio non è più possibile. Subentra la tendenza a nascondersi, l’uomo e la donna devono coprire la propria nudità. Privi della luce che proviene dalla visione del Signore, guardano la realtà che li circonda in modo distorto, miope. La “bussola” interiore che li guidava nella ricerca della felicità perde il suo punto di riferimento e i richiami del potere, del possesso e della brama del piacere a tutti i costi li portano nel baratro della tristezza e dell’angoscia.
Nei Salmi troviamo il grido che l’umanità rivolge a Dio dal profondo dell’anima: «Chi ci farà vedere il bene, se da noi, Signore, è fuggita la luce del tuo volto?» (Sal 4,7). Il Padre, nella sua infinita bontà, risponde a questa supplica inviando il suo Figlio. In Gesù, Dio assume un volto umano. Con la sua incarnazione, vita, morte e risurrezione Egli ci redime dal peccato e ci apre orizzonti nuovi, finora impensabili.
in Cristo si trova il pieno compimento dei sogni di bontà e felicità. Lui solo può soddisfare le vostre attese tante volte deluse dalle false promesse mondane.
«è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare. E’ Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande» (san Giovanni Paolo II)
“puro”, la parola greca utilizzata dall’evangelista Matteo è katharos e significa fondamentalmente pulito, limpido, libero da sostanze contaminanti.
Ognuno di noi deve imparare a discernere ciò che può “inquinare” il suo cuore, formarsi una coscienza retta e sensibile, capace di «discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto» (Rm 12,2). Se è necessaria una sana attenzione per la custodia del creato, per la purezza dell’aria, dell’acqua e del cibo, tanto più dobbiamo custodire la purezza di ciò che abbiamo di più prezioso: i nostri cuori e le nostre relazioni. Questa “ecologia umana” ci aiuterà a respirare l’aria pura che proviene dalle cose belle, dall’amore vero, dalla santità.
Lo sguardo di Cristo, pieno di amore, vi accompagni per tutta la vostra vita.
Il periodo della giovinezza è quello in cui sboccia la grande ricchezza affettiva presente nei vostri cuori, il desiderio profondo di un amore vero, bello e grande. Quanta forza c’è in questa capacità di amare ed essere amati! Non permettete che questo valore prezioso sia falsato, distrutto o deturpato. Questo succede quando nelle nostre relazioni subentra la strumentalizzazione del prossimo per i propri fini egoistici, talvolta come puro oggetto di piacere. Il cuore rimane ferito e triste in seguito a queste esperienze negative. Vi prego: non abbiate paura di un amore vero, quello che ci insegna Gesù e che san Paolo delinea così: «La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine» (1 Cor 13, 4-8).
Nell’invitarvi a riscoprire la bellezza della vocazione umana all’amore, vi esorto anche a ribellarvi contro la diffusa tendenza a banalizzare l’amore, soprattutto quando si cerca di ridurlo solamente all’aspetto sessuale, svincolandolo così dalle sue essenziali caratteristiche di bellezza, comunione, fedeltà e responsabilità. Cari giovani, «nella cultura del provvisorio, del relativo, molti predicano che l’importante è “godere” il momento, che non vale la pena di impegnarsi per tutta la vita, di fare scelte definitive, “per sempre”, perché non si sa cosa riserva il domani. Io, invece, vi chiedo di essere rivoluzionari, vi chiedo di andare controcorrente; sì, in questo vi chiedo di ribellarvi a questa cultura del provvisorio, che, in fondo, crede che voi non siate in grado di assumervi responsabilità, crede che voi non siate capaci di amare veramente. Io ho fiducia in voi giovani e prego per voi. Abbiate il coraggio di andare controcorrente. E abbiate il coraggio anche di essere felici» (Incontro con i volontari alla GMG di Rio, 28 luglio 2013).
Voi giovani siete dei bravi esploratori! Se vi lanciate alla scoperta del ricco insegnamento della Chiesa in questo campo, scoprirete che il cristianesimo non consiste in una serie di divieti che soffocano i nostri desideri di felicità, ma in un progetto di vita capace di affascinare i nostri cuori!
3. ... perché vedranno Dio
Nel cuore di ogni uomo e di ogni donna risuona continuamente l’invito del Signore: «Cercate il mio volto!» (Sal 27,8). Allo stesso tempo ci dobbiamo sempre confrontare con la nostra povera condizione di peccatori. E’ quanto leggiamo per esempio nel Libro dei Salmi: «Chi potrà salire il monte del Signore? Chi potrà stare nel suo luogo santo? Chi ha mani innocenti e cuore puro» (Sal 24,3-4). Ma non dobbiamo avere paura né scoraggiarci: nella Bibbia e nella storia di ognuno di noi vediamo che è sempre Dio che fa il primo passo. E’ Lui che ci purifica affinché possiamo essere ammessi alla sua presenza.
Il profeta Isaia, quando ricevette la chiamata del Signore a parlare nel suo nome, si spaventò e disse: «Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono» (Is 6,5). Eppure il Signore lo purificò, inviandogli un angelo che toccò la sua bocca e gli disse: «E’ scomparsa la tua colpa e il tuo peccato è espiato» (v. 7). Nel Nuovo Testamento, quando sul lago di Gennèsaret Gesù chiamò i suoi primi discepoli e compì il prodigio della pesca miracolosa, Simon Pietro cadde ai suoi piedi dicendo: «Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore» (Lc 5,8). La risposta non si fece aspettare: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini» (v. 10). E quando uno dei discepoli di Gesù gli chiese: «Signore, mostraci il Padre e ci basta», il Maestro rispose: «Chi ha visto me, ha visto il Padre» (Gv 14,8-9).
L’invito del Signore a incontrarlo è rivolto perciò ad ognuno di voi, in qualsiasi luogo e situazione si trovi. Basta «prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta. Non c’è motivo per cui qualcuno possa pensare che questo invito non è per lui» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 3). Siamo tutti peccatori, bisognosi di essere purificati dal Signore. Ma basta fare un piccolo passo verso Gesù per scoprire che Lui ci aspetta sempre con le braccia aperte, in particolare nel Sacramento della Riconciliazione, occasione privilegiata di incontro con la misericordia divina che purifica e ricrea i nostri cuori.
Sì, cari giovani, il Signore vuole incontrarci, lasciarsi “vedere” da noi. “E come?” – mi potrete domandare. Anche santa Teresa d’Avila, nata in Spagna proprio 500 anni fa, già da piccola diceva ai suoi genitori: «Voglio vedere Dio». Poi ha scoperto la via della preghiera come «un intimo rapporto di amicizia con Colui dal quale ci sentiamo amati» (Libro della vita, 8, 5). Per questo vi domando: voi pregate? Sapete che potete parlare con Gesù, con il Padre, con lo Spirito Santo, come si parla con un amico? E non un amico qualsiasi, ma il vostro migliore e più fidato amico! Provate a farlo, con semplicità. Scoprirete quello che un contadino di Ars diceva al santo Curato del suo paese: quando sono in preghiera davanti al Tabernacolo, «io lo guardo e lui mi guarda» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2715).
Ancora una volta vi invito a incontrare il Signore leggendo frequentemente la Sacra Scrittura. Se non avete ancora l’abitudine, iniziate dai Vangeli. Leggete ogni giorno un brano. Lasciate che la Parola di Dio parli ai vostri cuori, illumini i vostri passi (cfr Sal 119,105). Scoprirete che si può “vedere” Dio anche nel volto dei fratelli, specialmente quelli più dimenticati: i poveri, gli affamati, gli assetati, gli stranieri, gli ammalati, i carcerati (cfr Mt 25,31-46). Ne avete mai fatto esperienza? Cari giovani, per entrare nella logica del Regno di Dio bisogna riconoscersi poveri con i poveri. Un cuore puro è necessariamente anche un cuore spogliato, che sa abbassarsi e condividere la propria vita con i più bisognosi.
L’incontro con Dio nella preghiera, attraverso la lettura della Bibbia e nella vita fraterna vi aiuterà a conoscere meglio il Signore e voi stessi. Come accadde ai discepoli di Emmaus (cfr Lc 24,13-35), la voce di Gesù farà ardere i vostri cuori e si apriranno i vostri occhi per riconoscere la sua presenza nella vostra storia, scoprendo così il progetto d’amore che Lui ha per la vostra vita.
Alcuni di voi sentono o sentiranno la chiamata del Signore al matrimonio, a formare una famiglia. Molti oggi pensano che questa vocazione sia “fuori moda”, ma non è vero! Proprio per questo motivo, l’intera Comunità ecclesiale sta vivendo un periodo speciale di riflessione sulla vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo. Inoltre, vi invito a considerare la chiamata alla vita consacrata o al sacerdozio. Quanto è bello vedere giovani che abbracciano la vocazione di donarsi pienamente a Cristo e al servizio della sua Chiesa! Interrogatevi con animo puro e non abbiate paura di quello che Dio vi chiede! A partire dal vostro “sì” alla chiamata del Signore diventerete nuovi semi di speranza nella Chiesa e nella società. Non dimenticate: la volontà di Dio è la nostra felicità!
4. In cammino verso Cracovia
«Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» (Mt 5,8). Cari giovani, come vedete, questa Beatitudine tocca molto da vicino la vostra esistenza ed è una garanzia della vostra felicità. Perciò vi ripeto ancora una volta: abbiate il coraggio di essere felici!
il forte richiamo di Gesù a lanciarci con coraggio nell’avventura della ricerca della felicità.
«Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» (Mt 5,8).
La parola beati, ossia felici, compare nove volte in questa che è la prima grande predica di Gesù (cfr Mt 5,1-12). È come un ritornello che ci ricorda la chiamata del Signore a percorrere insieme a Lui una strada che, nonostante tutte le sfide, è la via della vera felicità.
la ricerca della felicità è comune a tutte le persone di tutti i tempi e di tutte le età. Dio ha deposto nel cuore di ogni uomo e di ogni donna un desiderio irreprimibile di felicità, di pienezza. Non avvertite che i vostri cuori sono inquieti e in continua ricerca di un bene che possa saziare la loro sete d’infinito?
I primi capitoli del Libro della Genesi ci presentano la splendida beatitudine alla quale siamo chiamati e che consiste in comunione perfetta con Dio, con gli altri, con la natura, con noi stessi. Il libero accesso a Dio, alla sua intimità e visione era presente nel progetto di Dio per l’umanità dalle sue origini e faceva sì che la luce divina permeasse di verità e trasparenza tutte le relazioni umane. In questo stato di purezza originale non esistevano “maschere”, sotterfugi, motivi per nascondersi gli uni agli altri. Tutto era limpido e chiaro.
Quando l’uomo e la donna cedono alla tentazione e rompono la relazione di fiduciosa comunione con Dio, il peccato entra nella storia umana (cfr Gen 3). Le conseguenze si fanno subito notare anche nelle loro relazioni con sé stessi, l’uno con l’altro, con la natura. E sono drammatiche! La purezza delle origini è come inquinata. Da quel momento in poi l’accesso diretto alla presenza di Dio non è più possibile. Subentra la tendenza a nascondersi, l’uomo e la donna devono coprire la propria nudità. Privi della luce che proviene dalla visione del Signore, guardano la realtà che li circonda in modo distorto, miope. La “bussola” interiore che li guidava nella ricerca della felicità perde il suo punto di riferimento e i richiami del potere, del possesso e della brama del piacere a tutti i costi li portano nel baratro della tristezza e dell’angoscia.
Nei Salmi troviamo il grido che l’umanità rivolge a Dio dal profondo dell’anima: «Chi ci farà vedere il bene, se da noi, Signore, è fuggita la luce del tuo volto?» (Sal 4,7). Il Padre, nella sua infinita bontà, risponde a questa supplica inviando il suo Figlio. In Gesù, Dio assume un volto umano. Con la sua incarnazione, vita, morte e risurrezione Egli ci redime dal peccato e ci apre orizzonti nuovi, finora impensabili.
in Cristo si trova il pieno compimento dei sogni di bontà e felicità. Lui solo può soddisfare le vostre attese tante volte deluse dalle false promesse mondane.
«è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare. E’ Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande» (san Giovanni Paolo II)
“puro”, la parola greca utilizzata dall’evangelista Matteo è katharos e significa fondamentalmente pulito, limpido, libero da sostanze contaminanti.
Ognuno di noi deve imparare a discernere ciò che può “inquinare” il suo cuore, formarsi una coscienza retta e sensibile, capace di «discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto» (Rm 12,2). Se è necessaria una sana attenzione per la custodia del creato, per la purezza dell’aria, dell’acqua e del cibo, tanto più dobbiamo custodire la purezza di ciò che abbiamo di più prezioso: i nostri cuori e le nostre relazioni. Questa “ecologia umana” ci aiuterà a respirare l’aria pura che proviene dalle cose belle, dall’amore vero, dalla santità.
Lo sguardo di Cristo, pieno di amore, vi accompagni per tutta la vostra vita.
Il periodo della giovinezza è quello in cui sboccia la grande ricchezza affettiva presente nei vostri cuori, il desiderio profondo di un amore vero, bello e grande. Quanta forza c’è in questa capacità di amare ed essere amati! Non permettete che questo valore prezioso sia falsato, distrutto o deturpato. Questo succede quando nelle nostre relazioni subentra la strumentalizzazione del prossimo per i propri fini egoistici, talvolta come puro oggetto di piacere. Il cuore rimane ferito e triste in seguito a queste esperienze negative. Vi prego: non abbiate paura di un amore vero, quello che ci insegna Gesù e che san Paolo delinea così: «La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine» (1 Cor 13, 4-8).
Nell’invitarvi a riscoprire la bellezza della vocazione umana all’amore, vi esorto anche a ribellarvi contro la diffusa tendenza a banalizzare l’amore, soprattutto quando si cerca di ridurlo solamente all’aspetto sessuale, svincolandolo così dalle sue essenziali caratteristiche di bellezza, comunione, fedeltà e responsabilità. Cari giovani, «nella cultura del provvisorio, del relativo, molti predicano che l’importante è “godere” il momento, che non vale la pena di impegnarsi per tutta la vita, di fare scelte definitive, “per sempre”, perché non si sa cosa riserva il domani. Io, invece, vi chiedo di essere rivoluzionari, vi chiedo di andare controcorrente; sì, in questo vi chiedo di ribellarvi a questa cultura del provvisorio, che, in fondo, crede che voi non siate in grado di assumervi responsabilità, crede che voi non siate capaci di amare veramente. Io ho fiducia in voi giovani e prego per voi. Abbiate il coraggio di andare controcorrente. E abbiate il coraggio anche di essere felici» (Incontro con i volontari alla GMG di Rio, 28 luglio 2013).
Voi giovani siete dei bravi esploratori! Se vi lanciate alla scoperta del ricco insegnamento della Chiesa in questo campo, scoprirete che il cristianesimo non consiste in una serie di divieti che soffocano i nostri desideri di felicità, ma in un progetto di vita capace di affascinare i nostri cuori!
3. ... perché vedranno Dio
Nel cuore di ogni uomo e di ogni donna risuona continuamente l’invito del Signore: «Cercate il mio volto!» (Sal 27,8). Allo stesso tempo ci dobbiamo sempre confrontare con la nostra povera condizione di peccatori. E’ quanto leggiamo per esempio nel Libro dei Salmi: «Chi potrà salire il monte del Signore? Chi potrà stare nel suo luogo santo? Chi ha mani innocenti e cuore puro» (Sal 24,3-4). Ma non dobbiamo avere paura né scoraggiarci: nella Bibbia e nella storia di ognuno di noi vediamo che è sempre Dio che fa il primo passo. E’ Lui che ci purifica affinché possiamo essere ammessi alla sua presenza.
Il profeta Isaia, quando ricevette la chiamata del Signore a parlare nel suo nome, si spaventò e disse: «Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono» (Is 6,5). Eppure il Signore lo purificò, inviandogli un angelo che toccò la sua bocca e gli disse: «E’ scomparsa la tua colpa e il tuo peccato è espiato» (v. 7). Nel Nuovo Testamento, quando sul lago di Gennèsaret Gesù chiamò i suoi primi discepoli e compì il prodigio della pesca miracolosa, Simon Pietro cadde ai suoi piedi dicendo: «Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore» (Lc 5,8). La risposta non si fece aspettare: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini» (v. 10). E quando uno dei discepoli di Gesù gli chiese: «Signore, mostraci il Padre e ci basta», il Maestro rispose: «Chi ha visto me, ha visto il Padre» (Gv 14,8-9).
L’invito del Signore a incontrarlo è rivolto perciò ad ognuno di voi, in qualsiasi luogo e situazione si trovi. Basta «prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta. Non c’è motivo per cui qualcuno possa pensare che questo invito non è per lui» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 3). Siamo tutti peccatori, bisognosi di essere purificati dal Signore. Ma basta fare un piccolo passo verso Gesù per scoprire che Lui ci aspetta sempre con le braccia aperte, in particolare nel Sacramento della Riconciliazione, occasione privilegiata di incontro con la misericordia divina che purifica e ricrea i nostri cuori.
Sì, cari giovani, il Signore vuole incontrarci, lasciarsi “vedere” da noi. “E come?” – mi potrete domandare. Anche santa Teresa d’Avila, nata in Spagna proprio 500 anni fa, già da piccola diceva ai suoi genitori: «Voglio vedere Dio». Poi ha scoperto la via della preghiera come «un intimo rapporto di amicizia con Colui dal quale ci sentiamo amati» (Libro della vita, 8, 5). Per questo vi domando: voi pregate? Sapete che potete parlare con Gesù, con il Padre, con lo Spirito Santo, come si parla con un amico? E non un amico qualsiasi, ma il vostro migliore e più fidato amico! Provate a farlo, con semplicità. Scoprirete quello che un contadino di Ars diceva al santo Curato del suo paese: quando sono in preghiera davanti al Tabernacolo, «io lo guardo e lui mi guarda» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2715).
Ancora una volta vi invito a incontrare il Signore leggendo frequentemente la Sacra Scrittura. Se non avete ancora l’abitudine, iniziate dai Vangeli. Leggete ogni giorno un brano. Lasciate che la Parola di Dio parli ai vostri cuori, illumini i vostri passi (cfr Sal 119,105). Scoprirete che si può “vedere” Dio anche nel volto dei fratelli, specialmente quelli più dimenticati: i poveri, gli affamati, gli assetati, gli stranieri, gli ammalati, i carcerati (cfr Mt 25,31-46). Ne avete mai fatto esperienza? Cari giovani, per entrare nella logica del Regno di Dio bisogna riconoscersi poveri con i poveri. Un cuore puro è necessariamente anche un cuore spogliato, che sa abbassarsi e condividere la propria vita con i più bisognosi.
L’incontro con Dio nella preghiera, attraverso la lettura della Bibbia e nella vita fraterna vi aiuterà a conoscere meglio il Signore e voi stessi. Come accadde ai discepoli di Emmaus (cfr Lc 24,13-35), la voce di Gesù farà ardere i vostri cuori e si apriranno i vostri occhi per riconoscere la sua presenza nella vostra storia, scoprendo così il progetto d’amore che Lui ha per la vostra vita.
Alcuni di voi sentono o sentiranno la chiamata del Signore al matrimonio, a formare una famiglia. Molti oggi pensano che questa vocazione sia “fuori moda”, ma non è vero! Proprio per questo motivo, l’intera Comunità ecclesiale sta vivendo un periodo speciale di riflessione sulla vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo. Inoltre, vi invito a considerare la chiamata alla vita consacrata o al sacerdozio. Quanto è bello vedere giovani che abbracciano la vocazione di donarsi pienamente a Cristo e al servizio della sua Chiesa! Interrogatevi con animo puro e non abbiate paura di quello che Dio vi chiede! A partire dal vostro “sì” alla chiamata del Signore diventerete nuovi semi di speranza nella Chiesa e nella società. Non dimenticate: la volontà di Dio è la nostra felicità!
4. In cammino verso Cracovia
«Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» (Mt 5,8). Cari giovani, come vedete, questa Beatitudine tocca molto da vicino la vostra esistenza ed è una garanzia della vostra felicità. Perciò vi ripeto ancora una volta: abbiate il coraggio di essere felici!
venerdì 23 gennaio 2015
famiglia luogo di comunicazione
Comunicare la famiglia:
ambiente privilegiato dell’incontro nella gratuità dell’amore
La famiglia è il primo luogo dove impariamo a comunicare.
la comunicazione come un dialogo che si intreccia con il linguaggio del corpo.
Esultare per la gioia
dell’incontro è in un certo senso l’archetipo e il simbolo di ogni
altra comunicazione, che impariamo ancora prima di venire al mondo.
Il grembo che ci ospita è la prima "scuola" di comunicazione, fatta di
ascolto e di contatto corporeo, dove cominciamo a familiarizzare col
mondo esterno in un ambiente protetto e al suono rassicurante del
battito del cuore della mamma.
Questo incontro tra due esseri insieme
così intimi e ancora così estranei l’uno all’altra, un incontro pieno di
promesse, è la nostra prima esperienza di comunicazione.
la famiglia, Un grembo fatto di persone diverse, in relazione: la famiglia è il «luogo dove si impara a convivere nella differenza» (Esort. ap. Evangelii gaudium,
66).
Le parole non le inventiamo: le
possiamo usare perché le abbiamo ricevute. E’ in famiglia che si impara a
parlare nella "lingua materna", cioè la lingua dei nostri antenati (cfr 2 Mac
7,25.27).
capacità
della famiglia di comunicarsi e di comunicare;
la famiglia il contesto in cui si trasmette quella forma fondamentale di comunicazione che è la preghiera.
Così, in famiglia, la maggior parte di noi ha imparato la dimensione religiosa della comunicazione, che nel cristianesimo è tutta impregnata di amore, l’amore di Dio che si dona a noi e che noi offriamo agli altri.
Nella
famiglia è soprattutto la capacità di abbracciarsi, sostenersi,
accompagnarsi, decifrare gli sguardi e i silenzi, ridere e piangere
insieme, tra persone che non si sono scelte e tuttavia sono così
importanti l’una per l’altra, a farci capire che cosa è veramente la
comunicazione come scoperta e costruzione di prossimità.
La famiglia è più di ogni altro il luogo in cui, vivendo insieme nella quotidianità, si sperimentano i limiti
propri e altrui, i piccoli e grandi problemi della coesistenza,
dell’andare d’accordo. Non esiste la famiglia perfetta, ma non bisogna
avere paura dell’imperfezione, della fragilità, nemmeno dei conflitti;
bisogna imparare ad affrontarli in maniera costruttiva. Per questo la
famiglia in cui, con i propri limiti e peccati, ci si vuole bene,
diventa una scuola di perdono. Il perdono è una dinamica di comunicazione,
una comunicazione che si logora, che si spezza e che, attraverso il
pentimento espresso e accolto, si può riannodare e far crescere. Un
bambino che in famiglia impara ad ascoltare gli altri, a parlare in modo
rispettoso, esprimendo il proprio punto di vista senza negare quello
altrui, sarà nella società un costruttore di dialogo e di
riconciliazione.
Il deficit
motorio, sensoriale o intellettivo è sempre una tentazione a chiudersi;
ma può diventare, grazie all’amore dei genitori, dei fratelli e di
altre persone amiche, uno stimolo ad aprirsi, a condividere, a comunicare in modo inclusivo; e può aiutare la scuola, la parrocchia, le associazioni a diventare più accoglienti verso tutti, a non escludere nessuno.
la
famiglia può essere una scuola di comunicazione come benedizione.
reimparare a raccontare,
non semplicemente a produrre e consumare informazione.
L’informazione è importante ma non basta,
perché troppo spesso semplifica, contrappone le differenze e le visioni
diverse sollecitando a schierarsi per l’una o l’altra, anziché favorire
uno sguardo d’insieme.
Anche la famiglia, ambiente in cui si impara a comunicare nella prossimità e un soggetto che comunica, una "comunità comunicante".
Una comunità che sa accompagnare, festeggiare e fruttificare.
Raccontare significa invece comprendere che le nostre
vite sono intrecciate in una trama unitaria, che le voci sono
molteplici e ciascuna è insostituibile.
La famiglia più bella, protagonista e non problema, è quella che sa comunicare, partendo dalla testimonianza,
la bellezza e la ricchezza del rapporto tra uomo e donna, e di quello
tra genitori e figli. Non lottiamo per difendere il passato, ma
lavoriamo con pazienza e fiducia, in tutti gli ambienti che
quotidianamente abitiamo, per costruire il futuro.
Dal Vaticano, 23 gennaio 2015
Vigilia della festa di san Francesco di Sales
Vigilia della festa di san Francesco di Sales
FRANCISCUS PP.
Etichette:
comunicazione,
dialogo,
FAMIGLIA
domenica 11 gennaio 2015
“Solidali per la vita”
Messaggio del Consiglio Episcopale Permanente per la
37a Giornata Nazionale per la vita
(1° febbraio 2015)
“I bambini e gli anziani costruiscono il futuro dei popoli; i bambini
perché porteranno avanti la storia, gli anziani perché trasmettono
l’esperienza e la saggezza della loro vita”.
Papa Francesco sollecita un rinnovato riconoscimento della persona
umana e una cura più adeguata della vita, dal concepimento al suo
naturale termine.
Quando una famiglia si apre ad accogliere una nuova creatura, sperimenta nella carne del proprio figlio “la forza rivoluzionaria della tenerezza e in quella casa risplende un bagliore nuovo non solo per la famiglia, ma per l’intera società.
Il preoccupante declino demografico che stiamo vivendo è segno che soffriamo l’eclissi di questa luce. Infatti, la denatalità avrà effetti devastanti sul futuro: i bambini che nascono oggi, sempre meno, si ritroveranno ad essere come la punta di una piramide sociale rovesciata, portando su di loro il peso schiacciante delle generazioni precedenti.
che mondo lasceremo ai figli, a quali figli lasceremo il mondo?
Il triste fenomeno dell’aborto è una delle cause di questa situazione, impedendo ogni anno a oltre centomila esseri umani di vedere la luce e di portare un prezioso contributo all’Italia.
Il triste fenomeno dell’aborto è una delle cause di questa situazione, impedendo ogni anno a oltre centomila esseri umani di vedere la luce e di portare un prezioso contributo all’Italia.
fecondazione artificiale, mentre
persegue il diritto del figlio ad ogni costo, comporta nella sua
metodica una notevole dispersione di ovuli fecondati, cioè di esseri
umani, che non nasceranno mai.
Il desiderio di avere un figlio è nobile e grande; è come un lievito che fa fermentare la nostra società, segnata dalla “cultura del benessere che ci anestetizza” e dalla crisi economica che pare non finire. Il nostro Paese non può lasciarsi rubare la fecondità.
questo desiderio non si trasformi in pretesa occorre aprire il cuore anche ai bambini già nati e in stato di abbandono. Si tratta di facilitare i percorsi di adozione e di affido che sono ancora oggi eccessivamente carichi di difficoltà per i costi, la burocrazia e, talvolta, non privi di amara solitudine. Spesso sono coniugi che soffrono la sterilità biologica e che si preparano a divenire la famiglia di chi non ha famiglia, sperimentando “quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita” (Mt 7,14).
La solidarietà verso la vita -una famiglia che adotta una famiglia. Possono nascere percorsi di prossimità nei quali una mamma che aspetta un bambino può trovare una famiglia, o un gruppo di famiglie, che si fanno carico di lei e del nascituro, evitando così il rischio dell’aborto al quale, anche suo malgrado, è orientata.
Una scelta di solidarietà per la vita che, anche dinanzi ai nuovi flussi migratori, costituisce una risposta efficace al grido che risuona sin dalla genesi dell’umanità: “dov’è tuo fratello?”(cfr. Gen 4,9). Grido troppo spesso soffocato, Papa Francesco, “in questo mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!”.
La fantasia dell’amore può farci uscire da questo vicolo cieco inaugurando un nuovo umanesimo: “vivere fino in fondo ciò che è umano (…) migliora il cristiano e feconda la città”.
Il desiderio di avere un figlio è nobile e grande; è come un lievito che fa fermentare la nostra società, segnata dalla “cultura del benessere che ci anestetizza” e dalla crisi economica che pare non finire. Il nostro Paese non può lasciarsi rubare la fecondità.
questo desiderio non si trasformi in pretesa occorre aprire il cuore anche ai bambini già nati e in stato di abbandono. Si tratta di facilitare i percorsi di adozione e di affido che sono ancora oggi eccessivamente carichi di difficoltà per i costi, la burocrazia e, talvolta, non privi di amara solitudine. Spesso sono coniugi che soffrono la sterilità biologica e che si preparano a divenire la famiglia di chi non ha famiglia, sperimentando “quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita” (Mt 7,14).
La solidarietà verso la vita -una famiglia che adotta una famiglia. Possono nascere percorsi di prossimità nei quali una mamma che aspetta un bambino può trovare una famiglia, o un gruppo di famiglie, che si fanno carico di lei e del nascituro, evitando così il rischio dell’aborto al quale, anche suo malgrado, è orientata.
Una scelta di solidarietà per la vita che, anche dinanzi ai nuovi flussi migratori, costituisce una risposta efficace al grido che risuona sin dalla genesi dell’umanità: “dov’è tuo fratello?”(cfr. Gen 4,9). Grido troppo spesso soffocato, Papa Francesco, “in questo mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!”.
La fantasia dell’amore può farci uscire da questo vicolo cieco inaugurando un nuovo umanesimo: “vivere fino in fondo ciò che è umano (…) migliora il cristiano e feconda la città”.
La costruzione di questo
nuovo umanesimo è la vera sfida che ci attende e parte dal sì alla vita.
venerdì 9 gennaio 2015
CUORE DOCILE
Una seduta di yoga non potrà insegnare a un cuore a “sentire” la paternità di Dio, né un corso di spiritualità zen lo renderà più libero di amare. Questo potere ce l’ha solo lo Spirito Santo.
Un cuore può essere di pietra per tanti motivi,
un altro motivo che indurisce il cuore è la chiusura in se stesso
“Fare un mondo in se stesso, chiuso. In se stesso, nella sua comunità o nella sua parrocchia, ma sempre chiusura. E la chiusura può girare intorno a tante cose: pensiamo all’orgoglio, alla sufficienza, alla vanità,
C’è pure chi si barrica dietro la legge, aggrappandosi alla “lettera” di ciò che i comandamenti stabiliscono.
a indurire il cuore è un problema di “insicurezza”.
“Il cuore, quando si indurisce, non è libero e se non è libero è perché non ama:
L’amore perfetto scaccia il timore: nell’amore non c’è timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell’amore. Non è libero. Sempre ha il timore che succeda qualcosa di doloroso, di triste,
Chi non ama non è libero. E il loro cuore era indurito, perché ancora non avevano imparato ad amare”.
Lo Spirito rende liberi e docili
“chi ci insegna ad amare? Chi ci libera da questa durezza?”, “Soltanto lo Spirito Santo”,
Soltanto è lo Spirito Santo che muove il tuo cuore per dire ‘Padre’. Soltanto lo Spirito Santo è capace di scacciare, di rompere questa durezza del cuore e fare un cuore… “Docile”. Docile al Signore. Docile alla libertà dell’amore”.
09/01/2015
mercoledì 7 gennaio 2015
Sapientia cordis. «Io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo»
XXIII GIORNATA MONDIALE DEL MALATO 2015
Sapientia cordis. «Io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo» (Gb 29,15)
voi che portate il peso della malattia e siete in diversi modi uniti alla carne di Cristo sofferente;
la “sapientia cordis”, la sapienza del cuore non è una conoscenza teorica, astratta, frutto di ragionamenti. Essa piuttosto, come la descrive san Giacomo nella sua Lettera, è «pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera» (3,17). È dunque un atteggiamento infuso dallo Spirito Santo nella mente e nel cuore di chi sa aprirsi alla sofferenza dei fratelli e riconosce in essi l’immagine di Dio.
«Insegnaci a contare i nostri giorni / e acquisteremo un cuore saggio» (Sal 90,12).
2. Sapienza del cuore è servire il fratello. nelle parole di Giobbe «io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo», si evidenzia la dimensione di servizio ai bisognosi da parte di quest’uomo giusto, che gode di una certa autorità e ha un posto di riguardo tra gli anziani della città.
La sua statura morale si manifesta nel servizio al povero che chiede aiuto, come pure nel prendersi cura dell’orfano e della vedova (vv.12-13).
Quanti cristiani anche oggi testimoniano, non con le parole, ma con la loro vita radicata in una fede genuina, di essere “occhi per il cieco” e “piedi per lo zoppo”! Persone che stanno vicino ai malati che hanno bisogno di un’assistenza continua, di un aiuto per lavarsi, per vestirsi, per nutrirsi. Questo servizio, specialmente quando si prolunga nel tempo, può diventare faticoso e pesante.
È relativamente facile servire per qualche giorno, ma è difficile accudire una persona per mesi o addirittura per anni, anche quando essa non è più in grado di ringraziare. E tuttavia, che grande cammino di santificazione è questo! In quei momenti si può contare in modo particolare sulla vicinanza del Signore, e si è anche di speciale sostegno alla missione della Chiesa.
3. Sapienza del cuore è stare con il fratello. Il tempo passato accanto al malato è un tempo santo. È lode a Dio, che ci conforma all’immagine di suo Figlio, il quale «non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mt 20,28). Gesù stesso ha detto: «Io sto in mezzo a voi come colui che serve» (Lc 22,27).
Chiediamo con viva fede allo Spirito Santo che ci doni la grazia di comprendere il valore dell’accompagnamento, tante volte silenzioso, che ci porta a dedicare tempo a queste sorelle e a questi fratelli, i quali, grazie alla nostra vicinanza e al nostro affetto, si sentono più amati e confortati. Quale grande menzogna invece si nasconde dietro certe espressioni che insistono tanto sulla “qualità della vita”, per indurre a credere che le vite gravemente affette da malattia non sarebbero degne di essere vissute!
4. Sapienza del cuore è uscire da sé verso il fratello. Il nostro mondo dimentica a volte il valore speciale del tempo speso accanto al letto del malato, perché si è assillati dalla fretta, dalla frenesia del fare, del produrre, e si dimentica la dimensione della gratuità, del prendersi cura, del farsi carico dell’altro. In fondo, dietro questo atteggiamento c’è spesso una fede tiepida, che ha dimenticato quella parola del Signore che dice: «L’avete fatto a me» (Mt 25,40).
Per questo, vorrei ricordare ancora una volta «l’assoluta priorità dell’“uscita da sé verso il fratello” come uno dei due comandamenti principali che fondano ogni norma morale e come il segno più chiaro per fare discernimento sul cammino di crescita spirituale in risposta alla donazione assolutamente gratuita di Dio» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 179). Dalla stessa natura missionaria della Chiesa sgorgano «la carità effettiva per il prossimo, la compassione che comprende, assiste e promuove» (ibid.).
5. Sapienza del cuore è essere solidali col fratello senza giudicarlo. La carità ha bisogno di tempo. Tempo per curare i malati e tempo per visitarli. Tempo per stare accanto a loro come fecero gli amici di Giobbe: «Poi sedettero accanto a lui in terra, per sette giorni e sette notti. Nessuno gli rivolgeva una parola, perché vedevano che molto grande era il suo dolore» (Gb 2,13). Ma gli amici di Giobbe nascondevano dentro di sé un giudizio negativo su di lui: pensavano che la sua sventura fosse la punizione di Dio per una sua colpa. Invece la vera carità è condivisione che non giudica, che non pretende di convertire l’altro; è libera da quella falsa umiltà che sotto sotto cerca approvazione e si compiace del bene fatto.
L’esperienza di Giobbe trova la sua autentica risposta solo nella Croce di Gesù, atto supremo di solidarietà di Dio con noi, totalmente gratuito, totalmente misericordioso. E questa risposta d’amore al dramma del dolore umano, specialmente del dolore innocente, rimane per sempre impressa nel corpo di Cristo risorto, in quelle sue piaghe gloriose, che sono scandalo per la fede ma sono anche verifica della fede .
Anche quando la malattia, la solitudine e l’inabilità hanno il sopravvento sulla nostra vita di donazione, l’esperienza del dolore può diventare luogo privilegiato della trasmissione della grazia e fonte per acquisire e rafforzare la sapientia cordis. Si comprende perciò come Giobbe, alla fine della sua esperienza, rivolgendosi a Dio possa affermare: «Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto» (42,5). Anche le persone immerse nel mistero della sofferenza e del dolore, accolto nella fede, possono diventare testimoni viventi di una fede che permette di abitare la stessa sofferenza, benché l’uomo con la propria intelligenza non sia capace di comprenderla fino in fondo.
O Maria, Sede della Sapienza, intercedi quale nostra Madre per tutti i malati e per coloro che se ne prendono cura. Fa’ che, nel servizio al prossimo sofferente e attraverso la stessa esperienza del dolore, possiamo accogliere e far crescere in noi la vera sapienza del cuore.
Francesco
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