Il teologo Ricard O Pérez Márquez afferma che il
linguaggio del vangelo pone al centro le parole e i gesti di un Dio con-noi, non
più da cercare ma da accogliere. E’ nel dialogo con la samaritana dove Gesù
afferma che non è più possibile separare il divino dall’umano, il sacro dal profano
che si trova l’efficacia del linguaggio evangelico. Quando l’amore verso Dio
porta a trascurare quello verso il prossimo, non si può parlare il linguaggio
della buona notizia di Gesù. All’attenzione di Gesù non c’è la dottrina o la
verità che essa difende, bensì l’amore vicendevole che mette al primo posto il
bene dell’altro. Non sono le dottrine e le loro questioni, ma la solidarietà e
la misericordia, a rendere credibile ed efficace la testimonianza del vangelo.
I termini «misericordia» e «Padre» fanno parte del linguaggio dell’umano e
qualunque persona può comprendere queste parole. Alla luce di ciò, Gesù ha
configurato il suo linguaggio, e l’ha reso sempre comprensibile, attraente,
convincente e realizzabile nella pratica. Con questo tipo di linguaggio, Gesù
si esprime per istruire, comunicare il Regno di Dio con parole e immagini che
appartengono al quotidiano e al profano (salute, cibo, rapporti umani). La
teologia deve armonizzare il linguaggio ecclesiale ai linguaggi del mondo,
consapevoli che «comunicare il Vangelo è e resta il compito primario della Chiesa».
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