Il cristiano pensa secondo Dio e per questo rifiuta il pensiero debole ed uniforme.
Per capire i segni dei tempi, un cristiano non può pensare solo con la testa, ma anche con il cuore e con lo spirito che ha dentro.
‘Stolti e tardi di cuore’… chi non capisce le cose di Dio è una persona così. Il Signore vuole che noi capiamo cosa succede: cosa succede nel mio cuore, nella mia vita, nel mondo, nella storia… Cosa significa questo che accade adesso? Questi sono i segni dei tempi! Invece, lo spirito del mondo ci fa altre proposte, perché lo spirito del mondo non ci vuole popolo: ci vuole massa, senza pensiero, senza libertà”. San Paolo, “lo spirito del mondo ci tratta come se noi non avessimo la capacità di pensare da noi stessi; ci tratta come persone non libere”:
“Il pensiero uniforme, il pensiero uguale, il pensiero debole, un pensiero così diffuso. Lo spirito del mondo non vuole che noi ci chiediamo davanti a Dio: 'Ma perché questo, perché quell’altro, perché accade questo?'. O anche ci propone un pensiero prêt-à-porter, secondo i propri gusti: ‘Io penso come mi piace!’.
Quello che lo spirito del mondo non vuole è questo che Gesù ci chiede: il pensiero libero, il pensiero di un uomo e di una donna che sono parte del popolo di Dio e la salvezza è stata proprio questa! Pensate ai profeti… ‘Tu non eri mio popolo, adesso ti dico popolo mio’: così dice il Signore. E questa è la salvezza: farci popolo, popolo di Dio, avere libertà”.
“E Gesù ci chiede di pensare liberamente, pensare per capire cosa succede”. La verità, è che “da soli non possiamo! Abbiamo bisogno dell’aiuto del Signore”. Ne abbiamo bisogno “per capire i segni dei tempi.
Lo Spirito Santo ci dà questo regalo, un dono: l’intelligenza per capire e non perché altri mi dicano cosa succede”: “Qual è la strada che il Signore vuole? Sempre con lo spirito di intelligenza per capire i segni dei tempi. E’ bello chiedere al Signore Gesù questa grazia, che ci invii il suo spirito di intelligenza, perché noi non abbiamo un pensiero debole, non abbiamo un pensiero uniforme e non abbiamo un pensiero secondo i propri gusti: soltanto abbiamo un pensiero secondo Dio. Con questo pensiero, che è un pensiero di mente, di cuore e di anima. Con questo pensiero, che è dono dello Spirito, cercare cosa significano le cose e capire bene i segni dei tempi”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/29/il_papa:_il_cristiano_non_cede_al_%E2%80%9Cpensiero_debole%E2%80%9D,_ma_pensa_secondo/it1-750981
del sito Radio Vaticana
venerdì 29 novembre 2013
giovedì 28 novembre 2013
Adorare fino alla fine
Nella lotta finale tra Dio e il Male, c’è una grande insidia, “la tentazione universale”. La tentazione di cedere alle lusinghe di chi vorrebbe averla vinta su Dio, avendo la meglio su chi crede in Lui. Ma proprio chi crede ha un riferimento limpido cui guardare. È la storia di Gesù, con le prove patite nel deserto e poi le “tante” sopportate nella sua vita pubblica, condite da “insulti” e “calunnie”, fino all’affronto estremo, la Croce, dove però il principe del mondo perde la sua battaglia davanti alla Risurrezione del Principe della pace.
“Quando Gesù parla di questa calamità in un altro brano ci dice che sarà una profanazione del tempio, una profanazione della fede, del popolo: sarà la abominazione, sarà la desolazione della abominazione. Cosa significa quello? Sarà come il trionfo del principe di questo mondo: la sconfitta di Dio. Lui sembra che in quel momento finale di calamità, sembra che si impadronirà di questo mondo, sarà il padrone del mondo”.
Ecco il cuore della “prova finale”: la profanazione della fede. Che tra l’altro è ben evidente da ciò che patisce il profeta Daniele, gettato nella fossa dei leoni per aver adorato Dio invece che il re. Dunque, “la desolazione della abominazione” ha un nome preciso, “il divieto di adorazione”:
“Non si può parlare di religione, è una cosa privata, no? Di questo pubblicamente non si parla. I segni religiosi sono tolti. Si deve obbedire agli ordini che vengono dai poteri mondani. Si possono fare tante cose, cose belle, ma non adorare Dio. Divieto di adorazione. Questo è il centro di questa fine. E quando arrivi alla pienezza – al ‘kairos’ di questo atteggiamento pagano, quando si compie questo tempo – allora sì, verrà Lui: ‘E vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria’. I cristiani che soffrono tempi di persecuzione, tempi di divieto di adorazione sono una profezia di quello che ci accadrà a tutti”.
nel momento in cui i “tempi dei pagani sono stati compiuti” è quello il momento di alzare il capo, perché è “vicina” la “vittoria di Gesù Cristo”:
“Non abbiamo paura, soltanto Lui ci chiede fedeltà e pazienza. Fedeltà come Daniele, che è stato fedele al suo Dio e ha adorato Dio fino alla fine. E pazienza, perché i capelli della nostra testa non cadranno. Così ha promesso il Signore. Questa settimana ci farà bene pensare a questa apostasia generale, che si chiama divieto di adorazione e domandarci: ‘Io adoro il Signore? Io adoro Gesù Cristo, il Signore? O un po’ metà e metà, faccio il gioco del principe di questo mondo?’. Adorare fino alla fine, con fiducia e fedeltà: questa è la grazia che dobbiamo chiedere questa settimana”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/28/il_papa:_la_fede_non_%C3%A8_un_fatto_privato,_adorare_dio_fino_alla_fine,/it1-750683
del sito Radio Vaticana
“Quando Gesù parla di questa calamità in un altro brano ci dice che sarà una profanazione del tempio, una profanazione della fede, del popolo: sarà la abominazione, sarà la desolazione della abominazione. Cosa significa quello? Sarà come il trionfo del principe di questo mondo: la sconfitta di Dio. Lui sembra che in quel momento finale di calamità, sembra che si impadronirà di questo mondo, sarà il padrone del mondo”.
Ecco il cuore della “prova finale”: la profanazione della fede. Che tra l’altro è ben evidente da ciò che patisce il profeta Daniele, gettato nella fossa dei leoni per aver adorato Dio invece che il re. Dunque, “la desolazione della abominazione” ha un nome preciso, “il divieto di adorazione”:
“Non si può parlare di religione, è una cosa privata, no? Di questo pubblicamente non si parla. I segni religiosi sono tolti. Si deve obbedire agli ordini che vengono dai poteri mondani. Si possono fare tante cose, cose belle, ma non adorare Dio. Divieto di adorazione. Questo è il centro di questa fine. E quando arrivi alla pienezza – al ‘kairos’ di questo atteggiamento pagano, quando si compie questo tempo – allora sì, verrà Lui: ‘E vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria’. I cristiani che soffrono tempi di persecuzione, tempi di divieto di adorazione sono una profezia di quello che ci accadrà a tutti”.
nel momento in cui i “tempi dei pagani sono stati compiuti” è quello il momento di alzare il capo, perché è “vicina” la “vittoria di Gesù Cristo”:
“Non abbiamo paura, soltanto Lui ci chiede fedeltà e pazienza. Fedeltà come Daniele, che è stato fedele al suo Dio e ha adorato Dio fino alla fine. E pazienza, perché i capelli della nostra testa non cadranno. Così ha promesso il Signore. Questa settimana ci farà bene pensare a questa apostasia generale, che si chiama divieto di adorazione e domandarci: ‘Io adoro il Signore? Io adoro Gesù Cristo, il Signore? O un po’ metà e metà, faccio il gioco del principe di questo mondo?’. Adorare fino alla fine, con fiducia e fedeltà: questa è la grazia che dobbiamo chiedere questa settimana”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/28/il_papa:_la_fede_non_%C3%A8_un_fatto_privato,_adorare_dio_fino_alla_fine,/it1-750683
del sito Radio Vaticana
mercoledì 27 novembre 2013
Chi pratica la misericordia non teme la morte
La morte riguarda tutti, ci interroga in modo profondo, specialmente quando ci tocca da vicino, o quando colpisce i piccoli, gli indifesi in una maniera che ci risulta ‘scandalosa’.
perché soffrono i bambini?, perché muoiono i bambini?
Se viene intesa come la fine di tutto, la morte spaventa, atterrisce, si trasforma in minaccia che infrange ogni sogno, ogni prospettiva, che spezza ogni relazione e interrompe ogni cammino.
Questo capita quando consideriamo la nostra vita come un tempo rinchiuso tra due poli: la nascita e la morte; quando non crediamo in un orizzonte che va oltre quello della vita presente; quando si vive come se Dio non esistesse. Questa concezione della morte è tipica del pensiero ateo, che interpreta l’esistenza come un trovarsi casualmente nel mondo e un camminare verso il nulla. Ma esiste anche un ateismo pratico, che è un vivere solo per i propri interessi, vivere solo per le cose terrene.
Se ci lasciamo prendere da questa visione sbagliata della morte, non abbiamo altra scelta che quella di occultare la morte, di negarla, o di banalizzarla, perché non ci faccia paura”.
"Ma a questa falsa soluzione si ribella il 'cuore' dell’uomo, il desiderio che tutti noi abbiamo di infinito, la nostalgia che tutti noi abbiamo dell’eterno.
Qual è il senso cristiano della morte?
Anche nel dramma della perdita, anche lacerati dal distacco, sale dal cuore la convinzione che non può essere tutto finito, che il bene dato e ricevuto non è stato inutile. C’è un istinto potente dentro di noi, che ci dice che la nostra vita non finisce con la morte. La nostra vita non finisce con la morte!
Questa sete di vita ha trovato la sua risposta reale e affidabile nella risurrezione di Gesù Cristo. La risurrezione di Gesù non dà soltanto la certezza della vita oltre la morte, ma illumina anche il mistero stesso della morte di ciascuno di noi. Se viviamo uniti a Gesù, fedeli a Lui, saremo capaci di affrontare con speranza e serenità anche il passaggio della morte. La Chiesa infatti prega: «Se ci rattrista la certezza di dover morire, ci consola la promessa dell’immortalità futura».
Una persona tende a morire come è vissuta. Se la mia vita è stata un cammino con il Signore, di fiducia nella sua immensa misericordia, sarò preparato ad accettare il momento ultimo della mia esistenza terrena come il definitivo abbandono confidente nelle sue mani accoglienti, in attesa di contemplare faccia a faccia il suo volto”.
contemplare faccia a faccia quel volto meraviglioso del Signore. Vederlo come Lui è: bello, pieno di luce, pieno di amore, pieno di tenerezza. Noi andiamo fino a questo punto: trovare il Signore”.
“In questo orizzonte si comprende l’invito di Gesù ad essere sempre pronti, vigilanti, sapendo che la vita in questo mondo ci è data anche per preparare l’altra vita, quella con il Padre celeste.
E per questo c’è una via sicura: prepararsi bene alla morte, stando vicino a Gesù: quella è la sicurezza. Io mi preparo alla morte stando vicino a Gesù. E come si sta vicino a Gesù? Con la preghiera, nei Sacramenti e anche nella pratica della carità. Ricordiamo che Lui è presente nei più deboli e bisognosi. Lui stesso si è identificato con loro, nella famosa parabola del giudizio finale, quando dice: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi. …Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,35-36.40). Una via sicura è recuperare il senso della carità cristiana e della condivisione fraterna, prenderci cura delle piaghe corporali e spirituali del nostro prossimo”.
“La solidarietà nel compatire il dolore e infondere speranza è premessa e condizione per ricevere in eredità quel Regno preparato per noi. Chi pratica la misericordia non teme la morte.
E perché non teme la morte? Perché la guarda in faccia nelle ferite dei fratelli, e la supera con l’amore di Gesù Cristo. Se apriremo la porta della nostra vita e del nostro cuore ai fratelli più piccoli, allora anche la nostra morte diventerà una porta che ci introdurrà al cielo, alla patria beata, verso cui siamo diretti, anelando di dimorare per sempre con il nostro Padre Dio, con Gesù, con la Madonna e con i santi”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/27/udienza_generale._il_papa:_chi_pratica_la_misericordia_non_teme_la/it1-750359
del sito Radio Vaticana
perché soffrono i bambini?, perché muoiono i bambini?
Se viene intesa come la fine di tutto, la morte spaventa, atterrisce, si trasforma in minaccia che infrange ogni sogno, ogni prospettiva, che spezza ogni relazione e interrompe ogni cammino.
Questo capita quando consideriamo la nostra vita come un tempo rinchiuso tra due poli: la nascita e la morte; quando non crediamo in un orizzonte che va oltre quello della vita presente; quando si vive come se Dio non esistesse. Questa concezione della morte è tipica del pensiero ateo, che interpreta l’esistenza come un trovarsi casualmente nel mondo e un camminare verso il nulla. Ma esiste anche un ateismo pratico, che è un vivere solo per i propri interessi, vivere solo per le cose terrene.
Se ci lasciamo prendere da questa visione sbagliata della morte, non abbiamo altra scelta che quella di occultare la morte, di negarla, o di banalizzarla, perché non ci faccia paura”.
"Ma a questa falsa soluzione si ribella il 'cuore' dell’uomo, il desiderio che tutti noi abbiamo di infinito, la nostalgia che tutti noi abbiamo dell’eterno.
Qual è il senso cristiano della morte?
Anche nel dramma della perdita, anche lacerati dal distacco, sale dal cuore la convinzione che non può essere tutto finito, che il bene dato e ricevuto non è stato inutile. C’è un istinto potente dentro di noi, che ci dice che la nostra vita non finisce con la morte. La nostra vita non finisce con la morte!
Questa sete di vita ha trovato la sua risposta reale e affidabile nella risurrezione di Gesù Cristo. La risurrezione di Gesù non dà soltanto la certezza della vita oltre la morte, ma illumina anche il mistero stesso della morte di ciascuno di noi. Se viviamo uniti a Gesù, fedeli a Lui, saremo capaci di affrontare con speranza e serenità anche il passaggio della morte. La Chiesa infatti prega: «Se ci rattrista la certezza di dover morire, ci consola la promessa dell’immortalità futura».
Una persona tende a morire come è vissuta. Se la mia vita è stata un cammino con il Signore, di fiducia nella sua immensa misericordia, sarò preparato ad accettare il momento ultimo della mia esistenza terrena come il definitivo abbandono confidente nelle sue mani accoglienti, in attesa di contemplare faccia a faccia il suo volto”.
contemplare faccia a faccia quel volto meraviglioso del Signore. Vederlo come Lui è: bello, pieno di luce, pieno di amore, pieno di tenerezza. Noi andiamo fino a questo punto: trovare il Signore”.
“In questo orizzonte si comprende l’invito di Gesù ad essere sempre pronti, vigilanti, sapendo che la vita in questo mondo ci è data anche per preparare l’altra vita, quella con il Padre celeste.
E per questo c’è una via sicura: prepararsi bene alla morte, stando vicino a Gesù: quella è la sicurezza. Io mi preparo alla morte stando vicino a Gesù. E come si sta vicino a Gesù? Con la preghiera, nei Sacramenti e anche nella pratica della carità. Ricordiamo che Lui è presente nei più deboli e bisognosi. Lui stesso si è identificato con loro, nella famosa parabola del giudizio finale, quando dice: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi. …Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,35-36.40). Una via sicura è recuperare il senso della carità cristiana e della condivisione fraterna, prenderci cura delle piaghe corporali e spirituali del nostro prossimo”.
“La solidarietà nel compatire il dolore e infondere speranza è premessa e condizione per ricevere in eredità quel Regno preparato per noi. Chi pratica la misericordia non teme la morte.
E perché non teme la morte? Perché la guarda in faccia nelle ferite dei fratelli, e la supera con l’amore di Gesù Cristo. Se apriremo la porta della nostra vita e del nostro cuore ai fratelli più piccoli, allora anche la nostra morte diventerà una porta che ci introdurrà al cielo, alla patria beata, verso cui siamo diretti, anelando di dimorare per sempre con il nostro Padre Dio, con Gesù, con la Madonna e con i santi”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/27/udienza_generale._il_papa:_chi_pratica_la_misericordia_non_teme_la/it1-750359
del sito Radio Vaticana
martedì 26 novembre 2013
discernimento, preghiera e speranza
L’uomo può credersi sovrano del momento, ma solo Cristo è padrone del tempo.
la preghiera la virtù per discernere ogni singolo momento della vita e
la speranza in Gesù quella per guardare alla fine del tempo.
Due consigli, per capire lo scorrere del presente e prepararsi alla fine dei tempi: preghiera e speranza.
La preghiera, assieme al discernimento, aiuta a decifrare i singoli momenti della vita e a orientarli a Dio.
La speranza è il faro a lunga gittata che illumina l’ultimo approdo, quello di una singola vita e insieme – in senso escatologico – quello della fine dei tempi.
Gesù spiega ai fedeli nel Tempio che nemmeno il peggiore dei drammi dovrà gettare nella disperazione chi crede in Dio.
è differente vivere nel momento e differente è vivere nel tempo”:
“E il cristiano è un uomo o una donna che sa vivere nel momento e che sa vivere nel tempo. Il momento è quello che noi abbiamo in mano adesso: ma questo non è il tempo, questo passa! Forse noi possiamo sentirci padroni del momento, ma l’inganno è crederci padroni del tempo: il tempo non è nostro, il tempo è di Dio! Il momento è nelle nostre mani e anche nella nostra libertà di come prenderlo. E di più: noi possiamo diventare sovrani del momento, ma del tempo soltanto c’è un sovrano, un solo Signore, Gesù Cristo.”.
Gesù dice che non bisogna lasciarsi “ingannare nel momento”, perché ci sarà chi approfitterà della confusione per presentarsi come Cristo. “ll cristiano, che è un uomo o una donna del momento, deve avere quelle due virtù, quei due atteggiamenti per vivere il momento: la preghiera e il discernimento”. E distingue:
“E per conoscere i veri segni, per conoscere la strada che devo prendere in questo momento è necessario il dono del discernimento e la preghiera per farlo bene. Invece per guardare il tempo, del quale soltanto il Signore è padrone, Gesù Cristo, noi non possiamo avere nessuna virtù umana. La virtù per guardare il tempo deve essere data, regalata dal Signore: è la speranza! Preghiera e discernimento per il momento; speranza per il tempo”.
“E così il cristiano si muove in questa strada, momento dopo momento, con la preghiera e il discernimento, ma lascia il tempo alla speranza":
“Il cristiano sa aspettare il Signore in ogni momento, ma spera nel Signore alla fine dei tempi. Uomo e donna di momento e di tempo: di preghiera e discernimento, e di speranza. Ci dia il Signore la grazia di camminare con la saggezza, che anche è un dono di Lui: la saggezza che nel momento ci porti a pregare e discernere. E nel tempo, che è il messaggero di Dio, ci faccia vivere con speranza”
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/26/il_papa:_il_momento_%C3%A8_delluomo,_il_tempo_%C3%A8_di_dio_ed_%C3%A8_lui_che_lo/it1-750023
del sito Radio Vaticana
la preghiera la virtù per discernere ogni singolo momento della vita e
la speranza in Gesù quella per guardare alla fine del tempo.
Due consigli, per capire lo scorrere del presente e prepararsi alla fine dei tempi: preghiera e speranza.
La preghiera, assieme al discernimento, aiuta a decifrare i singoli momenti della vita e a orientarli a Dio.
La speranza è il faro a lunga gittata che illumina l’ultimo approdo, quello di una singola vita e insieme – in senso escatologico – quello della fine dei tempi.
Gesù spiega ai fedeli nel Tempio che nemmeno il peggiore dei drammi dovrà gettare nella disperazione chi crede in Dio.
è differente vivere nel momento e differente è vivere nel tempo”:
“E il cristiano è un uomo o una donna che sa vivere nel momento e che sa vivere nel tempo. Il momento è quello che noi abbiamo in mano adesso: ma questo non è il tempo, questo passa! Forse noi possiamo sentirci padroni del momento, ma l’inganno è crederci padroni del tempo: il tempo non è nostro, il tempo è di Dio! Il momento è nelle nostre mani e anche nella nostra libertà di come prenderlo. E di più: noi possiamo diventare sovrani del momento, ma del tempo soltanto c’è un sovrano, un solo Signore, Gesù Cristo.”.
Gesù dice che non bisogna lasciarsi “ingannare nel momento”, perché ci sarà chi approfitterà della confusione per presentarsi come Cristo. “ll cristiano, che è un uomo o una donna del momento, deve avere quelle due virtù, quei due atteggiamenti per vivere il momento: la preghiera e il discernimento”. E distingue:
“E per conoscere i veri segni, per conoscere la strada che devo prendere in questo momento è necessario il dono del discernimento e la preghiera per farlo bene. Invece per guardare il tempo, del quale soltanto il Signore è padrone, Gesù Cristo, noi non possiamo avere nessuna virtù umana. La virtù per guardare il tempo deve essere data, regalata dal Signore: è la speranza! Preghiera e discernimento per il momento; speranza per il tempo”.
“E così il cristiano si muove in questa strada, momento dopo momento, con la preghiera e il discernimento, ma lascia il tempo alla speranza":
“Il cristiano sa aspettare il Signore in ogni momento, ma spera nel Signore alla fine dei tempi. Uomo e donna di momento e di tempo: di preghiera e discernimento, e di speranza. Ci dia il Signore la grazia di camminare con la saggezza, che anche è un dono di Lui: la saggezza che nel momento ci porti a pregare e discernere. E nel tempo, che è il messaggero di Dio, ci faccia vivere con speranza”
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/26/il_papa:_il_momento_%C3%A8_delluomo,_il_tempo_%C3%A8_di_dio_ed_%C3%A8_lui_che_lo/it1-750023
del sito Radio Vaticana
lunedì 25 novembre 2013
fare scelte definitive
Affidarsi al Signore, anche nelle situazioni limite.
i cristiani sono chiamati a scelte definitive, come ci insegnano i martiri di ogni tempo.
i giovani ebrei schiavi alla corte di Nabucodonosor e la vedova che va al Tempio ad adorare il Signore. In entrambe i casi, sono al limite: la vedova in condizione di miseria, i giovani in quella di schiavitù.
La vedova getta tutto quello che aveva sul tesoro del Tempio,
i giovani restano fedeli al Signore a rischio della vita:
"Tutti e due – la vedova e i giovani – hanno rischiato. Nel loro rischio hanno scelto per il Signore, con un cuore grande, senza interesse personale, senza meschinità. Non avevano un atteggiamento meschino. Il Signore, il Signore è tutto. Il Signore è Dio e si affidarono al Signore. E questo non l’hanno fatto per una forza fanatica, no: 'Questo dobbiamo farlo Signore', no! C’è un’altra cosa: si sono affidati, perché sapevano che il Signore è fedele. Si sono affidati a quella fedeltà che sempre c’è, perché il Signore non può mutarsi, non può: sempre è fedele, non può non essere fedele, non può rinnegare se stesso”.
“Anche nella Chiesa, nella storia della Chiesa si trovano uomini, donne, anziani, giovani, che fanno questa scelta. Quando noi sentiamo la vita dei martiri, quando noi leggiamo sui giornali le persecuzioni contro i cristiani, oggi, pensiamo a questi fratelli e sorelle in situazioni limite, che fanno questa scelta. Loro vivono in questo tempo. Loro sono un esempio per noi e ci incoraggiano a gettare sul tesoro della Chiesa tutto quello che abbiamo per vivere”.
Il Signore aiuta i giovani ebrei in schiavitù ad uscire dalle difficoltà e anche la vedova viene aiutata dal Signore. C’è la lode di Gesù per lei e dietro la lode c’è anche una vittoria:
“Ci farà bene pensare a questi fratelli e sorelle che, in tutta la nostra storia, anche oggi, fanno scelte definitive. Ma anche pensiamo a tante mamme, a tanti padri di famiglia che ogni giorno fanno scelte definitive per andare avanti con la loro famiglia, con i loro figli. E questo è un tesoro nella Chiesa. Loro ci danno testimonianza, e davanti a tanti che ci danno testimonianza chiediamo al Signore la grazia del coraggio, del coraggio di andare avanti nella nostra vita cristiana, nelle situazioni abituali, comuni, di ogni giorno e anche nelle situazioni limite”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/25/il_papa:_i_cristiani_facciano_scelte_definitive,_come_testimoniano_i/it1-749673
del sito Radio Vaticana
i cristiani sono chiamati a scelte definitive, come ci insegnano i martiri di ogni tempo.
i giovani ebrei schiavi alla corte di Nabucodonosor e la vedova che va al Tempio ad adorare il Signore. In entrambe i casi, sono al limite: la vedova in condizione di miseria, i giovani in quella di schiavitù.
La vedova getta tutto quello che aveva sul tesoro del Tempio,
i giovani restano fedeli al Signore a rischio della vita:
"Tutti e due – la vedova e i giovani – hanno rischiato. Nel loro rischio hanno scelto per il Signore, con un cuore grande, senza interesse personale, senza meschinità. Non avevano un atteggiamento meschino. Il Signore, il Signore è tutto. Il Signore è Dio e si affidarono al Signore. E questo non l’hanno fatto per una forza fanatica, no: 'Questo dobbiamo farlo Signore', no! C’è un’altra cosa: si sono affidati, perché sapevano che il Signore è fedele. Si sono affidati a quella fedeltà che sempre c’è, perché il Signore non può mutarsi, non può: sempre è fedele, non può non essere fedele, non può rinnegare se stesso”.
“Anche nella Chiesa, nella storia della Chiesa si trovano uomini, donne, anziani, giovani, che fanno questa scelta. Quando noi sentiamo la vita dei martiri, quando noi leggiamo sui giornali le persecuzioni contro i cristiani, oggi, pensiamo a questi fratelli e sorelle in situazioni limite, che fanno questa scelta. Loro vivono in questo tempo. Loro sono un esempio per noi e ci incoraggiano a gettare sul tesoro della Chiesa tutto quello che abbiamo per vivere”.
Il Signore aiuta i giovani ebrei in schiavitù ad uscire dalle difficoltà e anche la vedova viene aiutata dal Signore. C’è la lode di Gesù per lei e dietro la lode c’è anche una vittoria:
“Ci farà bene pensare a questi fratelli e sorelle che, in tutta la nostra storia, anche oggi, fanno scelte definitive. Ma anche pensiamo a tante mamme, a tanti padri di famiglia che ogni giorno fanno scelte definitive per andare avanti con la loro famiglia, con i loro figli. E questo è un tesoro nella Chiesa. Loro ci danno testimonianza, e davanti a tanti che ci danno testimonianza chiediamo al Signore la grazia del coraggio, del coraggio di andare avanti nella nostra vita cristiana, nelle situazioni abituali, comuni, di ogni giorno e anche nelle situazioni limite”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/25/il_papa:_i_cristiani_facciano_scelte_definitive,_come_testimoniano_i/it1-749673
del sito Radio Vaticana
testimoniare fede a chi è povero di fede
La fede è “il cardine” dell’esperienza di un cristiano, che è chiamato a testimoniarla verso chiunque non abbia ricevuto questo dono e abbia bisogno di speranza.
“Questo è importante, direi essenziale! Soprattutto aprirsi a quanti sono più poveri di fede e di speranza nella loro vita. Parliamo tanto di povertà, ma non sempre pensiamo ai poveri di fede: ce ne sono tanti… Sono tante le persone che hanno bisogno di un gesto umano, di un sorriso, di una parola vera, di una testimonianza attraverso la quale cogliere la vicinanza di Gesù Cristo. Non manchi a nessuno questo segno di amore e di tenerezza che nasce dalla fede”.
“siamo testimoni che la fede in Cristo è capace di scaldare i cuori, diventando realmente la forza motrice della nuova evangelizzazione”.
“Essa è la vena inesauribile di tutto il nostro agire, in famiglia, al lavoro, in parrocchia, con gli amici, nei vari ambienti sociali. E questa fede salda, genuina, si vede specialmente nei momenti di difficoltà e di prova: allora il cristiano si lascia prendere in braccio da Dio, e si stringe a Lui, con la sicurezza di affidarsi ad un amore forte come roccia indistruttibile. Proprio nelle situazioni di sofferenza, se ci abbandoniamo a Dio con umiltà, noi possiamo dare una buona testimonianza”.
“Questo è importante, direi essenziale! Soprattutto aprirsi a quanti sono più poveri di fede e di speranza nella loro vita. Parliamo tanto di povertà, ma non sempre pensiamo ai poveri di fede: ce ne sono tanti… Sono tante le persone che hanno bisogno di un gesto umano, di un sorriso, di una parola vera, di una testimonianza attraverso la quale cogliere la vicinanza di Gesù Cristo. Non manchi a nessuno questo segno di amore e di tenerezza che nasce dalla fede”.
“siamo testimoni che la fede in Cristo è capace di scaldare i cuori, diventando realmente la forza motrice della nuova evangelizzazione”.
“Essa è la vena inesauribile di tutto il nostro agire, in famiglia, al lavoro, in parrocchia, con gli amici, nei vari ambienti sociali. E questa fede salda, genuina, si vede specialmente nei momenti di difficoltà e di prova: allora il cristiano si lascia prendere in braccio da Dio, e si stringe a Lui, con la sicurezza di affidarsi ad un amore forte come roccia indistruttibile. Proprio nelle situazioni di sofferenza, se ci abbandoniamo a Dio con umiltà, noi possiamo dare una buona testimonianza”.
venerdì 22 novembre 2013
noi tempio dello Spirito adoriamo Dio?
l tempio è un luogo sacro in cui ciò che più importa non è la ritualità, ma “adorare il Signore”.
L'uomo “tempio dello Spirito Santo” è chiamato ad ascoltare dentro di sé Dio, a chiederGli perdono e a seguirlo.
Il Tempio è la casa di pietra dove un popolo custodisce la sua anima davanti a Dio. Ma Tempio sacro è anche il corpo di un singolo individuo, in cui Dio parla e il cuore ascolta.
“Il Tempio è il luogo dove la comunità va a pregare, a lodare il Signore, a rendere grazie, ma soprattutto ad adorare: nel Tempio si adora il Signore. E questo è il punto più importante. Anche, questo è valido per le cerimonie liturgiche: Più importante è l’adorazione: tutta al comunità riunita guarda l’altare dove si celebra il sacrificio e adora. Noi cristiani forse abbiamo perso un po’ il senso della adorazione, e pensiamo: andiamo al Tempio, ci raduniamo come fratelli – quello è buono, è bello! – ma il centro è lì dove è Dio. E noi adoriamo Dio”.
“I nostri templisono luoghi di adorazione, favoriscono l’adorazione? Le nostre celebrazioni favoriscono l’adorazione?”. Gesù scaccia gli “affaristi” che avevano preso il Tempio per un luogo di traffici piuttosto che di adorazione. Ma c’è un altro “Tempio” e un’altra sacralità da considerare nella vita di fede:
“San Paolo ci dice che noi siamo templi dello Spirito Santo. Io sono un tempio. Lo Spirito di Dio è in me. E anche ci dice: ‘Non rattristate lo Spirito del Signore che è dentro di voi!’. E anche qui, forse non possiamo parlare come prima dell’adorazione, ma di una sorta di adorazione che è il cuore che cerca lo Spirito del Signore dentro di sé e sa che Dio è dentro di sé, che lo Spirito Santo è dentro di sé. Lo ascolta e lo segue”.
Certo la sequela di Dio presuppone una continua purificazione, “perché siamo peccatori”, "Purificarci con la preghiera, con la penitenza, con il Sacramento della riconciliazione, con l’Eucaristia". E così, “in questi due templi – il tempio materiale, il luogo di adorazione, e il tempio spirituale dentro di me, dove abita lo Spirito Santo – in questi due templi il nostro atteggiamento deve essere la pietà che adora e ascolta, che prega e chiede perdono, che loda il Signore”:
“E quando si parla della gioia del Tempio, si parla di questo: tutta la comunità in adorazione, in preghiera, in rendimento di grazie, in lode. Io in preghiera con il Signore, che è dentro di me perché io sono ‘tempio’. Io in ascolto, io in disponibilità. Che il Signore ci conceda questo vero senso del Tempio, per potere andare avanti nella nostra vita di adorazione e di ascolto della Parola di Dio”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/22/papa_francesco:_nel_tempio_non_si_va_a_celebrare_un_rito_ma_ad/it1-748874
del sito Radio Vaticana
L'uomo “tempio dello Spirito Santo” è chiamato ad ascoltare dentro di sé Dio, a chiederGli perdono e a seguirlo.
Il Tempio è la casa di pietra dove un popolo custodisce la sua anima davanti a Dio. Ma Tempio sacro è anche il corpo di un singolo individuo, in cui Dio parla e il cuore ascolta.
“Il Tempio è il luogo dove la comunità va a pregare, a lodare il Signore, a rendere grazie, ma soprattutto ad adorare: nel Tempio si adora il Signore. E questo è il punto più importante. Anche, questo è valido per le cerimonie liturgiche: Più importante è l’adorazione: tutta al comunità riunita guarda l’altare dove si celebra il sacrificio e adora. Noi cristiani forse abbiamo perso un po’ il senso della adorazione, e pensiamo: andiamo al Tempio, ci raduniamo come fratelli – quello è buono, è bello! – ma il centro è lì dove è Dio. E noi adoriamo Dio”.
“I nostri templisono luoghi di adorazione, favoriscono l’adorazione? Le nostre celebrazioni favoriscono l’adorazione?”. Gesù scaccia gli “affaristi” che avevano preso il Tempio per un luogo di traffici piuttosto che di adorazione. Ma c’è un altro “Tempio” e un’altra sacralità da considerare nella vita di fede:
“San Paolo ci dice che noi siamo templi dello Spirito Santo. Io sono un tempio. Lo Spirito di Dio è in me. E anche ci dice: ‘Non rattristate lo Spirito del Signore che è dentro di voi!’. E anche qui, forse non possiamo parlare come prima dell’adorazione, ma di una sorta di adorazione che è il cuore che cerca lo Spirito del Signore dentro di sé e sa che Dio è dentro di sé, che lo Spirito Santo è dentro di sé. Lo ascolta e lo segue”.
Certo la sequela di Dio presuppone una continua purificazione, “perché siamo peccatori”, "Purificarci con la preghiera, con la penitenza, con il Sacramento della riconciliazione, con l’Eucaristia". E così, “in questi due templi – il tempio materiale, il luogo di adorazione, e il tempio spirituale dentro di me, dove abita lo Spirito Santo – in questi due templi il nostro atteggiamento deve essere la pietà che adora e ascolta, che prega e chiede perdono, che loda il Signore”:
“E quando si parla della gioia del Tempio, si parla di questo: tutta la comunità in adorazione, in preghiera, in rendimento di grazie, in lode. Io in preghiera con il Signore, che è dentro di me perché io sono ‘tempio’. Io in ascolto, io in disponibilità. Che il Signore ci conceda questo vero senso del Tempio, per potere andare avanti nella nostra vita di adorazione e di ascolto della Parola di Dio”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/22/papa_francesco:_nel_tempio_non_si_va_a_celebrare_un_rito_ma_ad/it1-748874
del sito Radio Vaticana
aspettare il domani di Dio
Maria è la madre della speranza e da Lei nasce l’insegnamento a guardare al domani con speranza, e a non fermarsi all’oggi.
Maria: icona più espressiva della speranza cristiana.
La Madonna, Colei che ha conosciuto e amato Gesù come nessun’altra creatura, con il quale ha instaurato un legame di parentela ancora prima di darlo alla luce:
Diventa discepola e madre del suo Figlio nel momento in cui accoglie le parole dell’Angelo e dice: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38). Questo “avvenga” non è solo accettazione, ma anche apertura fiduciosa al futuro: è speranza! Questo “avvenga” è speranza!
Maria è la madre della speranza con tutti i sì della vita della Vergine, a partire da quello dell’annunciazione, che ne fanno appunto “l’icona più espressiva della speranza cristiana”:
Maria non sapeva come potesse diventare madre, ma si è affidata totalmente al mistero che stava per compiersi, ed è diventata la donna dell’attesa e della speranza.
la Maria a Betlemme per la nascita di Gesù,
la Maria a Gerusalemme per la presentazione al tempio,
la Maria consapevole di come la missione e l’identità di quel Figlio, divenuto Maestro e Messia, superino il suo essere madre e allo stesso tempo possano generare apprensione, così come le parole di Simeone e la sua profezia di dolore. “Eppure di fronte a tutte queste difficoltà e sorprese del progetto di Dio, la speranza della Vergine non vacilla mai!” :
Questo ci dice che la speranza si nutre di ascolto, di contemplazione, di pazienza perché i tempi del Signore maturino.
Anche nel momento in cui Maria diviene donna del dolore ai piedi della croce, la sua speranza non cede, ma la sorregge nella “vigilante attesa di un mistero, più grande del dolore che sta per compiersi”:
Tutto sembra veramente finito; ogni speranza potrebbe dirsi spenta. Anche lei, in quel momento, avrebbe potuto dire, se avesse ricordato le promesse dell’Annunciazione: “Questo non è vero! Sono stata ingannata!”. E non lo ha fatto.
Maria ha creduto, la sua fede le ha fatto aspettare con speranza il domani di Dio.
“Noi sappiamo aspettare il domani di Dio o vogliamo l’oggi, l’oggi, l’oggi?”. Il domani di Dio è per lei l’alba di quel giorno, primo della settimana.
Maria è quindi la testimonianza solida di speranza, presente in ogni momento della storia della salvezza:
Lei, madre di speranza, ci sostiene nei momenti di buio, di difficoltà, di sconforto, di apparente sconfitta, nelle vere sconfitte umane. Maria, speranza nostra, ci aiuti a fare della nostra vita un’offerta gradita al Padre celeste, un dono gioioso per i nostri fratelli, un atteggiamento sempre che guarda al domani.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/21/il_papa_alle_benedettine:_maria,_icona_pi%C3%B9_espressiva_della_speranza/it1-748827
del sito Radio Vaticana
Maria: icona più espressiva della speranza cristiana.
La Madonna, Colei che ha conosciuto e amato Gesù come nessun’altra creatura, con il quale ha instaurato un legame di parentela ancora prima di darlo alla luce:
Diventa discepola e madre del suo Figlio nel momento in cui accoglie le parole dell’Angelo e dice: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38). Questo “avvenga” non è solo accettazione, ma anche apertura fiduciosa al futuro: è speranza! Questo “avvenga” è speranza!
Maria è la madre della speranza con tutti i sì della vita della Vergine, a partire da quello dell’annunciazione, che ne fanno appunto “l’icona più espressiva della speranza cristiana”:
Maria non sapeva come potesse diventare madre, ma si è affidata totalmente al mistero che stava per compiersi, ed è diventata la donna dell’attesa e della speranza.
la Maria a Betlemme per la nascita di Gesù,
la Maria a Gerusalemme per la presentazione al tempio,
la Maria consapevole di come la missione e l’identità di quel Figlio, divenuto Maestro e Messia, superino il suo essere madre e allo stesso tempo possano generare apprensione, così come le parole di Simeone e la sua profezia di dolore. “Eppure di fronte a tutte queste difficoltà e sorprese del progetto di Dio, la speranza della Vergine non vacilla mai!” :
Questo ci dice che la speranza si nutre di ascolto, di contemplazione, di pazienza perché i tempi del Signore maturino.
Anche nel momento in cui Maria diviene donna del dolore ai piedi della croce, la sua speranza non cede, ma la sorregge nella “vigilante attesa di un mistero, più grande del dolore che sta per compiersi”:
Tutto sembra veramente finito; ogni speranza potrebbe dirsi spenta. Anche lei, in quel momento, avrebbe potuto dire, se avesse ricordato le promesse dell’Annunciazione: “Questo non è vero! Sono stata ingannata!”. E non lo ha fatto.
Maria ha creduto, la sua fede le ha fatto aspettare con speranza il domani di Dio.
“Noi sappiamo aspettare il domani di Dio o vogliamo l’oggi, l’oggi, l’oggi?”. Il domani di Dio è per lei l’alba di quel giorno, primo della settimana.
Maria è quindi la testimonianza solida di speranza, presente in ogni momento della storia della salvezza:
Lei, madre di speranza, ci sostiene nei momenti di buio, di difficoltà, di sconforto, di apparente sconfitta, nelle vere sconfitte umane. Maria, speranza nostra, ci aiuti a fare della nostra vita un’offerta gradita al Padre celeste, un dono gioioso per i nostri fratelli, un atteggiamento sempre che guarda al domani.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/21/il_papa_alle_benedettine:_maria,_icona_pi%C3%B9_espressiva_della_speranza/it1-748827
del sito Radio Vaticana
martedì 19 novembre 2013
custodire, ascoltare e venerare i nostri antenati, i nostri nonni
Un popolo che “non rispetta i nonni” è senza memoria e dunque senza futuro.
Scegliere la morte, anziché scamparla con l’aiuto di amici compiacenti, pur di non tradire Dio e anche per non mostrare ai giovani che in fondo l’ipocrisia può tornare utile, anche se si tratta di rinnegare la propria fede. C’è tutto questo nella vicenda del nobile Eleàzaro, che agli aguzzini che volevano costringerlo all’abiura preferisce il martirio, il sacrificio della vita piuttosto che una salvezza strappata con l'ipocrisia. “Quest’uomo non dubita rifiutando quell’atteggiamento del fingere, del fingere pietà, del fingere religiosità, anzi, invece di badare a sé “pensa ai giovani”, a quello che il suo atto di coraggio potrà lasciare loro in ricordo:
“La coerenza di quest’uomo, la coerenza della sua fede, ma anche la responsabilità di lasciare un’eredità nobile, un’eredità vera. Noi viviamo in un tempo nel quale gli anziani non contano.
E’ brutto dirlo, ma si scartano, eh? Perché danno fastidio.
Gli anziani sono quelli che ci portano la storia, che ci portano la dottrina, che ci portano la fede e ce la danno in eredità. Sono quelli che, come il buon vino invecchiato, hanno questa forza dentro per darci un’eredità nobile”.
E qui Papa Francesco ricorda una storiella ascoltata da piccolo. Protagonista è una famiglia – “papà, mamma, tanti bambini” – e il nonno, che quando a tavola mangiava la zuppa “si sporcava la faccia”. Infastidito, il papà spiega ai figli perché il nonno si comporti così quindi compra un tavolino a parte dove isolare il genitore. Quello stesso papà un giorno torna a casa e vede uno dei figli giocare con il legno. “Cosa fai?”, gli chiede. “Un tavolino”, risponde il bimbo. “E perché?”. “Per te, papà, per quando tu diventi vecchio come il nonno”:
“Questa storia mi ha fatto tanto bene, tutta la vita. I nonni sono un tesoro.
Davvero la vecchiaia tante volte è un po’ brutta. Per le malattie che porta, ma la sapienza che hanno i nostri nonni è l’eredità che noi dobbiamo ricevere. Un popolo che non custodisce i nonni, un popolo che non rispetta i nonni, non ha futuro, perché non ha memoria, ha perso la memoria”.
“Ci farà bene pensare a tanti anziani e anziane, tanti che sono nelle case di riposo, e anche tanti abbandonati dai loro. Sono il tesoro della nostra società”:
“Preghiamo per i nostri nonni, le nostre nonne, che tante volte hanno avuto un ruolo eroico nella trasmissione della fede in tempo di persecuzione. Quando papà e mamma non c’erano a casa e anche avevano idee strane, che la politica di quel tempo insegnava, sono state le nonne quelle che hanno trasmesso la fede. Quarto comandamento: è l’unico che promette qualcosa in cambio. E’ il comandamento della pietà. Essere pietoso con i nostri antenati. Chiediamo oggi la grazia ai vecchi Santi - Simeone, Anna, Policarpo e Eleazaro - a tanti vecchi Santi: chiediamo la grazia di custodire, ascoltare e venerare i nostri antenati, i nostri nonni”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/19/il_papa:_dio_ci_insegni_a_rispettare_i_nonni,_nella_loro_memoria_c%C3%A8/it1-747888
del sito Radio Vaticana
Scegliere la morte, anziché scamparla con l’aiuto di amici compiacenti, pur di non tradire Dio e anche per non mostrare ai giovani che in fondo l’ipocrisia può tornare utile, anche se si tratta di rinnegare la propria fede. C’è tutto questo nella vicenda del nobile Eleàzaro, che agli aguzzini che volevano costringerlo all’abiura preferisce il martirio, il sacrificio della vita piuttosto che una salvezza strappata con l'ipocrisia. “Quest’uomo non dubita rifiutando quell’atteggiamento del fingere, del fingere pietà, del fingere religiosità, anzi, invece di badare a sé “pensa ai giovani”, a quello che il suo atto di coraggio potrà lasciare loro in ricordo:
“La coerenza di quest’uomo, la coerenza della sua fede, ma anche la responsabilità di lasciare un’eredità nobile, un’eredità vera. Noi viviamo in un tempo nel quale gli anziani non contano.
E’ brutto dirlo, ma si scartano, eh? Perché danno fastidio.
Gli anziani sono quelli che ci portano la storia, che ci portano la dottrina, che ci portano la fede e ce la danno in eredità. Sono quelli che, come il buon vino invecchiato, hanno questa forza dentro per darci un’eredità nobile”.
E qui Papa Francesco ricorda una storiella ascoltata da piccolo. Protagonista è una famiglia – “papà, mamma, tanti bambini” – e il nonno, che quando a tavola mangiava la zuppa “si sporcava la faccia”. Infastidito, il papà spiega ai figli perché il nonno si comporti così quindi compra un tavolino a parte dove isolare il genitore. Quello stesso papà un giorno torna a casa e vede uno dei figli giocare con il legno. “Cosa fai?”, gli chiede. “Un tavolino”, risponde il bimbo. “E perché?”. “Per te, papà, per quando tu diventi vecchio come il nonno”:
“Questa storia mi ha fatto tanto bene, tutta la vita. I nonni sono un tesoro.
Davvero la vecchiaia tante volte è un po’ brutta. Per le malattie che porta, ma la sapienza che hanno i nostri nonni è l’eredità che noi dobbiamo ricevere. Un popolo che non custodisce i nonni, un popolo che non rispetta i nonni, non ha futuro, perché non ha memoria, ha perso la memoria”.
“Ci farà bene pensare a tanti anziani e anziane, tanti che sono nelle case di riposo, e anche tanti abbandonati dai loro. Sono il tesoro della nostra società”:
“Preghiamo per i nostri nonni, le nostre nonne, che tante volte hanno avuto un ruolo eroico nella trasmissione della fede in tempo di persecuzione. Quando papà e mamma non c’erano a casa e anche avevano idee strane, che la politica di quel tempo insegnava, sono state le nonne quelle che hanno trasmesso la fede. Quarto comandamento: è l’unico che promette qualcosa in cambio. E’ il comandamento della pietà. Essere pietoso con i nostri antenati. Chiediamo oggi la grazia ai vecchi Santi - Simeone, Anna, Policarpo e Eleazaro - a tanti vecchi Santi: chiediamo la grazia di custodire, ascoltare e venerare i nostri antenati, i nostri nonni”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/19/il_papa:_dio_ci_insegni_a_rispettare_i_nonni,_nella_loro_memoria_c%C3%A8/it1-747888
del sito Radio Vaticana
non negoziamo la nostra identità cristiana
Il Signore ci salvi dallo “spirito mondano che negozia tutto”, non solo i valori ma anche la fede.
bisogna stare in guardia da una “globalizzazione dell’uniformità egemonica”, frutto della mondanità.
Il Popolo di Dio preferisce allontanarsi dal Signore davanti ad una proposta di mondanità.
lo “spirito del progressismo adolescente crede che andare avanti in qualsiasi scelta è meglio che rimanere nelle abitudini della fedeltà”.
“E questa è una contraddizione: non negoziamo i valori ma negoziamo la fedeltà. E questo è proprio il frutto del demonio, del principe di questo mondo, che ci porta avanti con lo spirito di mondanità. E poi, accadono le conseguenze.
Non è la bella globalizzazione dell’unità di tutte le Nazioni, ma, ognuna con le proprie usanze ma unite, ma è la globalizzazione dell’uniformità egemonica, è proprio il pensiero unico. E questo pensiero unico è frutto della mondanità”.
“Ma, Padre, questo succede anche oggi? Sì. Perché lo spirito della mondanità anche oggi c’è, anche oggi ci porta con questa voglia di essere progressisti sul pensiero unico.
Oggi, avverte il Papa, si pensa che “dobbiamo essere come tutti, dobbiamo essere più normali, come fanno tutti, con questo progressismo adolescente”.
“Ma quello che ci consola è che davanti a questo cammino che fa lo spirito del mondo, il principe di questo mondo, il cammino di infedeltà, sempre rimane il Signore che non può rinnegare se stesso, il Fedele: Lui sempre ci aspetta, Lui ci ama tanto e Lui ci perdona quando noi, pentiti per qualche passo, per qualche piccolo passo in questo spirito di mondanità, andiamo da Lui, il Dio fedele davanti al Suo popolo che non è fedele. Con lo spirito di figli della Chiesa preghiamo il Signore perché con la Sua bontà, con la Sua fedeltà ci salvi da questo spirito mondano che negozia tutto; che ci protegga e ci faccia andare avanti, come ha fatto andare avanti il suo popolo nel deserto, portandolo per mano, come un papà porta il suo bambino. Alla mano del Signore andremo sicuri”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/18/il_papa:_dio_ci_salvi_dallo_spirito_mondano_che_negozia_tutto_e_dal/it1-747550
del sito Radio Vaticana
bisogna stare in guardia da una “globalizzazione dell’uniformità egemonica”, frutto della mondanità.
Il Popolo di Dio preferisce allontanarsi dal Signore davanti ad una proposta di mondanità.
lo “spirito del progressismo adolescente crede che andare avanti in qualsiasi scelta è meglio che rimanere nelle abitudini della fedeltà”.
“E questa è una contraddizione: non negoziamo i valori ma negoziamo la fedeltà. E questo è proprio il frutto del demonio, del principe di questo mondo, che ci porta avanti con lo spirito di mondanità. E poi, accadono le conseguenze.
Non è la bella globalizzazione dell’unità di tutte le Nazioni, ma, ognuna con le proprie usanze ma unite, ma è la globalizzazione dell’uniformità egemonica, è proprio il pensiero unico. E questo pensiero unico è frutto della mondanità”.
“Ma, Padre, questo succede anche oggi? Sì. Perché lo spirito della mondanità anche oggi c’è, anche oggi ci porta con questa voglia di essere progressisti sul pensiero unico.
Oggi, avverte il Papa, si pensa che “dobbiamo essere come tutti, dobbiamo essere più normali, come fanno tutti, con questo progressismo adolescente”.
“Ma quello che ci consola è che davanti a questo cammino che fa lo spirito del mondo, il principe di questo mondo, il cammino di infedeltà, sempre rimane il Signore che non può rinnegare se stesso, il Fedele: Lui sempre ci aspetta, Lui ci ama tanto e Lui ci perdona quando noi, pentiti per qualche passo, per qualche piccolo passo in questo spirito di mondanità, andiamo da Lui, il Dio fedele davanti al Suo popolo che non è fedele. Con lo spirito di figli della Chiesa preghiamo il Signore perché con la Sua bontà, con la Sua fedeltà ci salvi da questo spirito mondano che negozia tutto; che ci protegga e ci faccia andare avanti, come ha fatto andare avanti il suo popolo nel deserto, portandolo per mano, come un papà porta il suo bambino. Alla mano del Signore andremo sicuri”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/18/il_papa:_dio_ci_salvi_dallo_spirito_mondano_che_negozia_tutto_e_dal/it1-747550
del sito Radio Vaticana
soddisfazioni che si ripetono
Ieri dopo la soddisfazione per aver conseguito una seconda laurea, diversa dalla prima, enorme è stata la commozione per i numerosi messaggi di congratulazione. Pensare che pochissimi sapevano di questo mio nuovo percorso. Ho capito quanto una seconda laurea che ho in parte considerato quasi inferiore alla prima, in realtà se non uguale è forse di maggior valore. Una seconda laurea ripensandoci è stato rimettersi sui libri, costi di iscrizione, lezioni da seguire, professori di una pesantezza. Poi non si è più studenti di primo pelo. L'età avanza e ti trovi circondato da figli che assistono ancora inconsapevoli a questa cerimonia di seduta per discussione di tesi di Laurea. Un percorso fatto anche di giorni fortunati, o di scelte sbagliate, di esami ben preparati e di esami che potevano andar meglio. Solo dopo ho compreso quanto mi è costata ad oggi questa seconda laurea. Non solo a me personalmente, ma anche alla mia famiglia ai miei figli. Impegni risorse economiche, ma soprattutto tempo, tempo per seguire lezioni, tempo per studiare, tempo per sostenere un esame, tempo per scrivere la tesi. Tempo per raggiungere la sede e ritornare a casa con treni mai puntuali, con km di strada da fare. Con il caldo o pioggia. Quindi sacrifici anche per chi ti sta vicino, che deve permetterti queste spese, per viaggi, libri, fotocopie, versamenti vari. Ma anche sacrifici di sostituirti nelle ore che ti assenti per esami per lezioni. Allora mi accorgo solo ora che una seconda laurea è forse come un secondo figlio. E non perchè secondo meno importante del primo. Solo adesso realizzo quanto il tuo impegno è possibile anche grazie a chi ti sostiene non solo moralmente. Da qui nasce sincero il grazie per mia moglie, i parenti che ti aiutano con i figli piccoli. Grazie di cuore a chi ha permesso direttamente o indirettamente questo mio nuovo traguardo. Ultima considerazione: a motivo di quanto sopra andrebbe realmente dato valore alle lauree frutto di sacrificio. grazie e ancora grazie.
domenica 17 novembre 2013
La forza dell'uomo è pregare, chiedere, bussare al cuore di Dio, ogni giorno.
La preghiera dell’uomo è la debolezza di Dio.
“Quando chiama Mosè gli dice: ‘Ho sentito il pianto, il lamento del mio popolo’. Il Signore ascolta. E nella prima Lettura abbiamo ascoltato quello che ha fatto il Signore, quella parola onnipotente: ‘Dal Cielo viene come un guerriero implacabile’. Quando il Signore prende la difesa del suo popolo è così: è un guerriero implacabile e salva il suo popolo. Salva, rinnova tutto: ‘Tutto il Creato fu modellato di nuovo nella propria natura come prima’. ‘Il Mar Rosso divenne una strada senza ostacoli … e coloro che la tua mano proteggeva, passarono con tutto il popolo’”.
Il Signore “ha sentito la preghiera del suo popolo, perché ha sentito nel suo cuore che i suoi eletti soffrivano” e lo salva in modo potente:
“Questa è la forza di Dio. E qual è la forza degli uomini? Qual è la forza dell’uomo? Questa della vedova: bussare al cuore di Dio, bussare, chiedere, lamentarsi di tanti problemi, tanti dolori e chiedere al Signore la liberazione da questi dolori, da questi peccati, da questi problemi. La forza dell’uomo è la preghiera e anche la preghiera dell’uomo umile è la debolezza di Dio. Il Signore è debole soltanto in questo: è debole in confronto alla preghiera del suo popolo”.
“Il culmine della forza di Dio, della salvezza di Dio è “nell’Incarnazione del Verbo”. Voi siete come la vedova: pregare, chiedere, bussare al cuore di Dio, ogni giorno. E non si addormentava mai la vedova quando faceva questo, era coraggiosa. E il Signore ascolta la preghiera del suo popolo. Dio ha una forza, quando Lui vuole che cambi tutto. ‘Tutto fu modellato di nuovo’ dice. Lui è capace di modellare tutto di nuovo, ma ha anche una debolezza: la nostra preghiera; la vostra preghiera universale vicina al Papa in San Pietro. Grazie di questo servizio e andate avanti così per il bene della Chiesa”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/16/messa_a_santa_marta._il_papa:_la_preghiera_delluomo_%C3%A8_la_debolezza/it1-747145
del sito Radio Vaticana
“Quando chiama Mosè gli dice: ‘Ho sentito il pianto, il lamento del mio popolo’. Il Signore ascolta. E nella prima Lettura abbiamo ascoltato quello che ha fatto il Signore, quella parola onnipotente: ‘Dal Cielo viene come un guerriero implacabile’. Quando il Signore prende la difesa del suo popolo è così: è un guerriero implacabile e salva il suo popolo. Salva, rinnova tutto: ‘Tutto il Creato fu modellato di nuovo nella propria natura come prima’. ‘Il Mar Rosso divenne una strada senza ostacoli … e coloro che la tua mano proteggeva, passarono con tutto il popolo’”.
Il Signore “ha sentito la preghiera del suo popolo, perché ha sentito nel suo cuore che i suoi eletti soffrivano” e lo salva in modo potente:
“Questa è la forza di Dio. E qual è la forza degli uomini? Qual è la forza dell’uomo? Questa della vedova: bussare al cuore di Dio, bussare, chiedere, lamentarsi di tanti problemi, tanti dolori e chiedere al Signore la liberazione da questi dolori, da questi peccati, da questi problemi. La forza dell’uomo è la preghiera e anche la preghiera dell’uomo umile è la debolezza di Dio. Il Signore è debole soltanto in questo: è debole in confronto alla preghiera del suo popolo”.
“Il culmine della forza di Dio, della salvezza di Dio è “nell’Incarnazione del Verbo”. Voi siete come la vedova: pregare, chiedere, bussare al cuore di Dio, ogni giorno. E non si addormentava mai la vedova quando faceva questo, era coraggiosa. E il Signore ascolta la preghiera del suo popolo. Dio ha una forza, quando Lui vuole che cambi tutto. ‘Tutto fu modellato di nuovo’ dice. Lui è capace di modellare tutto di nuovo, ma ha anche una debolezza: la nostra preghiera; la vostra preghiera universale vicina al Papa in San Pietro. Grazie di questo servizio e andate avanti così per il bene della Chiesa”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/16/messa_a_santa_marta._il_papa:_la_preghiera_delluomo_%C3%A8_la_debolezza/it1-747145
del sito Radio Vaticana
non aver paura di affrontare difficoltà
“Anche oggi ci sono falsi ‘salvatori’, che tentano di sostituirsi a Gesù: leader di questo mondo, santoni, anche stregoni, personaggi che vogliono attirare a sé le menti e i cuori, specialmente dei giovani. Gesù ci mette in guardia: ‘Non andate dietro a loro!’. E il Signore ci aiuta anche a non avere paura: di fronte alle guerre, alle rivoluzioni, ma anche alle calamità naturali, alle epidemie, Gesù ci libera dal fatalismo e da false visioni apocalittiche”.
Gesù “preannuncia prove dolorose e persecuzioni che i suoi discepoli dovranno patire, a causa sua”. Tuttavia assicura che “siamo totalmente nelle mani di Dio”, perché “le avversità che incontriamo per la nostra fede e la nostra adesione al Vangelo sono occasioni di testimonianza; non devono allontanarci dal Signore, ma spingerci ad abbandonarci ancora di più a Lui, alla forza del suo Spirito e della sua grazia”:
“Pensiamo a tanti fratelli e sorelle cristiani che soffrono persecuzioni a causa della loro fede. Ce ne sono tanti. Forse molti di più dei primi secoli. Gesù è con loro.
perseverando, dice il Signore, “salverete la vostra vita”. Sono, queste parole, “un richiamo alla speranza e alla pazienza, al saper aspettare i frutti sicuri della salvezza, confidando nel senso profondo della vita e della storia”:
“Le prove e le difficoltà fanno parte di un disegno più grande; il Signore, padrone della storia, conduce tutto al suo compimento. Nonostante i disordini e le sciagure che turbano il mondo, il disegno di bontà e di misericordia di Dio si compirà. E questa è la nostra speranza: andare così, su questa strada, nel disegno di Dio che si compirà. E’ la nostra speranza".
‘Misericordina’ una corona del Rosario, con la quale si può pregare anche la ‘coroncina della Divina Misericordia’, aiuto spirituale per la nostra anima e per diffondere ovunque l’amore, il perdono e la fraternità. Non dimenticatevi di prenderla, perché fa bene. Fa bene al cuore, all’anima e a tutta la vita”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/17/il_papa_all%E2%80%99angelus:_no_all%E2%80%99inganno_dei_%E2%80%9Cfalsi_messia%E2%80%9D._preghiamo_per/it1-747428
del sito Radio Vaticana
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/17/il_papa_all%E2%80%99angelus:_no_all%E2%80%99inganno_dei_%E2%80%9Cfalsi_messia%E2%80%9D._preghiamo_per/it1-747428
del sito Radio Vaticana
Gesù “preannuncia prove dolorose e persecuzioni che i suoi discepoli dovranno patire, a causa sua”. Tuttavia assicura che “siamo totalmente nelle mani di Dio”, perché “le avversità che incontriamo per la nostra fede e la nostra adesione al Vangelo sono occasioni di testimonianza; non devono allontanarci dal Signore, ma spingerci ad abbandonarci ancora di più a Lui, alla forza del suo Spirito e della sua grazia”:
“Pensiamo a tanti fratelli e sorelle cristiani che soffrono persecuzioni a causa della loro fede. Ce ne sono tanti. Forse molti di più dei primi secoli. Gesù è con loro.
perseverando, dice il Signore, “salverete la vostra vita”. Sono, queste parole, “un richiamo alla speranza e alla pazienza, al saper aspettare i frutti sicuri della salvezza, confidando nel senso profondo della vita e della storia”:
“Le prove e le difficoltà fanno parte di un disegno più grande; il Signore, padrone della storia, conduce tutto al suo compimento. Nonostante i disordini e le sciagure che turbano il mondo, il disegno di bontà e di misericordia di Dio si compirà. E questa è la nostra speranza: andare così, su questa strada, nel disegno di Dio che si compirà. E’ la nostra speranza".
‘Misericordina’ una corona del Rosario, con la quale si può pregare anche la ‘coroncina della Divina Misericordia’, aiuto spirituale per la nostra anima e per diffondere ovunque l’amore, il perdono e la fraternità. Non dimenticatevi di prenderla, perché fa bene. Fa bene al cuore, all’anima e a tutta la vita”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/17/il_papa_all%E2%80%99angelus:_no_all%E2%80%99inganno_dei_%E2%80%9Cfalsi_messia%E2%80%9D._preghiamo_per/it1-747428
del sito Radio Vaticana
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/17/il_papa_all%E2%80%99angelus:_no_all%E2%80%99inganno_dei_%E2%80%9Cfalsi_messia%E2%80%9D._preghiamo_per/it1-747428
del sito Radio Vaticana
giovedì 14 novembre 2013
Camminare guidati dallo Spirito di Dio dona pace
Lo spirito di curiosità genera confusione e ci allontana dallo Spirito della sapienza che, invece, ci dà pace: Lo spirito di Dio ci aiuta a giudicare, a prendere decisioni secondo il cuore di Dio. E questo spirito ci dà pace! E’ lo spirito di pace, lo spirito d’amore, lo spirito di fraternità. E la santità è proprio questo.
Quello che Dio chiede ad Abramo - 'Cammina nella mia presenza e sii irreprensibile' - è questo: questa pace. Andare sotto la mozione dello Spirito di Dio e di questa saggezza.
E quell’uomo e quella donna che camminano così, si può dire che sono un uomo e una donna saggia. Un uomo saggio e una donna saggia, perché si muovono sotto la mozione della pazienza di Dio”.
lo spirito di curiosità”:
“E’ quando noi vogliamo impadronirci dei progetti di Dio, del futuro, delle cose; conoscere tutto, prendere in mano tutto…
I farisei domandarono a Gesù: ‘Quando verrà il Regno di Dio?’. Volevano conoscere la data, il giorno…
Lo spirito di curiosità ci allontana dallo Spirito della sapienza, perché soltanto interessano i dettagli, le notizie, le piccole notizie di ogni giorno.
Questo spirito di curiosità, che è mondano, ci porta alla confusione”.
Il Regno di Dio è in mezzo a noi: non cercare cose strane, non cercare novità con questa curiosità mondana. Lasciamo che lo Spirito ci porti avanti, con quella saggezza che è una soave brezza. Questo è lo Spirito del Regno di Dio, di cui parla Gesù. Così sia”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/14/il_papa:_lo_spirito_di_curiosit%C3%A0_ci_allontana_dalla_sapienza_e_dalla/it1-746468
del sito Radio Vaticana
Quello che Dio chiede ad Abramo - 'Cammina nella mia presenza e sii irreprensibile' - è questo: questa pace. Andare sotto la mozione dello Spirito di Dio e di questa saggezza.
E quell’uomo e quella donna che camminano così, si può dire che sono un uomo e una donna saggia. Un uomo saggio e una donna saggia, perché si muovono sotto la mozione della pazienza di Dio”.
lo spirito di curiosità”:
“E’ quando noi vogliamo impadronirci dei progetti di Dio, del futuro, delle cose; conoscere tutto, prendere in mano tutto…
I farisei domandarono a Gesù: ‘Quando verrà il Regno di Dio?’. Volevano conoscere la data, il giorno…
Lo spirito di curiosità ci allontana dallo Spirito della sapienza, perché soltanto interessano i dettagli, le notizie, le piccole notizie di ogni giorno.
Questo spirito di curiosità, che è mondano, ci porta alla confusione”.
Il Regno di Dio è in mezzo a noi: non cercare cose strane, non cercare novità con questa curiosità mondana. Lasciamo che lo Spirito ci porti avanti, con quella saggezza che è una soave brezza. Questo è lo Spirito del Regno di Dio, di cui parla Gesù. Così sia”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/14/il_papa:_lo_spirito_di_curiosit%C3%A0_ci_allontana_dalla_sapienza_e_dalla/it1-746468
del sito Radio Vaticana
martedì 12 novembre 2013
Nelle mani paterne di Dio
Affidiamoci a Dio come una bambino si affida alle mani del suo papà. Il Signore mai ci abbandona e quando ci rimprovera, Dio non ci dà uno schiaffo ma una carezza.
“Tutti dobbiamo passare per la morte, ma una cosa è passare per questa esperienza con una appartenenza al diavolo e un’altra cosa è passare per questa esperienza dalla mano di Dio. ‘Siamo nelle mani di Dio dall’inizio’. La Bibbia ci spiega la Creazione, usando una immagine bella: Dio che, con le sue mani ci fa dal fango, dalla terra a Sua immagine e somiglianza. Sono state le mani di Dio che ci hanno creato: il Dio artigiano, eh! Come un artigiano ci ha fatto. Le mani di Dio, che non ci hanno abbandonato”.
il Signore dice al suo popolo: “Io ho camminato con te, come un papà con suo figlio, portandolo per mano”. Sono proprio le mani di Dio “che ci accompagnano nel cammino”:
“Nostro Padre, come un Padre con suo figlio, ci insegna a camminare. Ci insegna ad andare per la strada della vita e della salvezza. Sono le mani di Dio che ci carezzano nei momenti del dolore, ci confortano. E’ nostro Padre che ci carezza! Ci vuole tanto bene. E anche in queste carezze, tante volte, c’è il perdono. Gesù, Dio, ha portato con sé le sue piaghe: le fa vedere al Padre. Questo è il prezzo: le mani di Dio sono mani piagate per amore! E questo ci consola tanto”.
“Mi affido alle mani di Dio! lì stiamo sicuri: è la massima sicurezza, perché è la sicurezza del nostro Padre che ci vuole bene”. “Le mani di Dio ci guariscono dalle nostre malattie spirituali”. “Pensiamo alle mani di Gesù, quando toccava gli ammalati e li guariva… Sono le mani di Dio: ci guariscono! Io non mi immagino Dio dandoci uno schiaffo! Non me lo immagino. Rimproverandoci, sì me lo immagino, perché lo fa. Ma mai, mai, ci ferisce. Mai! Ci accarezza. Anche quando deve rimproverarci lo fa con una carezza, perché è Padre. ‘Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio’. Pensiamo alle mani di Dio, che ci ha creato come un artigiano, ci ha dato la salute eterna. Sono mani piagate e ci accompagnano nella strada delle vita. Affidiamoci alle mani di Dio, come un bambino si affida alla mano del suo papà. E’ una mano sicura quella!”
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/12/il_papa:_anche_quando_ci_rimprovera,_dio_ci_accarezza_e_mai_ci_ferisce/it1-745831
del sito Radio Vaticana
“Tutti dobbiamo passare per la morte, ma una cosa è passare per questa esperienza con una appartenenza al diavolo e un’altra cosa è passare per questa esperienza dalla mano di Dio. ‘Siamo nelle mani di Dio dall’inizio’. La Bibbia ci spiega la Creazione, usando una immagine bella: Dio che, con le sue mani ci fa dal fango, dalla terra a Sua immagine e somiglianza. Sono state le mani di Dio che ci hanno creato: il Dio artigiano, eh! Come un artigiano ci ha fatto. Le mani di Dio, che non ci hanno abbandonato”.
il Signore dice al suo popolo: “Io ho camminato con te, come un papà con suo figlio, portandolo per mano”. Sono proprio le mani di Dio “che ci accompagnano nel cammino”:
“Nostro Padre, come un Padre con suo figlio, ci insegna a camminare. Ci insegna ad andare per la strada della vita e della salvezza. Sono le mani di Dio che ci carezzano nei momenti del dolore, ci confortano. E’ nostro Padre che ci carezza! Ci vuole tanto bene. E anche in queste carezze, tante volte, c’è il perdono. Gesù, Dio, ha portato con sé le sue piaghe: le fa vedere al Padre. Questo è il prezzo: le mani di Dio sono mani piagate per amore! E questo ci consola tanto”.
“Mi affido alle mani di Dio! lì stiamo sicuri: è la massima sicurezza, perché è la sicurezza del nostro Padre che ci vuole bene”. “Le mani di Dio ci guariscono dalle nostre malattie spirituali”. “Pensiamo alle mani di Gesù, quando toccava gli ammalati e li guariva… Sono le mani di Dio: ci guariscono! Io non mi immagino Dio dandoci uno schiaffo! Non me lo immagino. Rimproverandoci, sì me lo immagino, perché lo fa. Ma mai, mai, ci ferisce. Mai! Ci accarezza. Anche quando deve rimproverarci lo fa con una carezza, perché è Padre. ‘Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio’. Pensiamo alle mani di Dio, che ci ha creato come un artigiano, ci ha dato la salute eterna. Sono mani piagate e ci accompagnano nella strada delle vita. Affidiamoci alle mani di Dio, come un bambino si affida alla mano del suo papà. E’ una mano sicura quella!”
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/12/il_papa:_anche_quando_ci_rimprovera,_dio_ci_accarezza_e_mai_ci_ferisce/it1-745831
del sito Radio Vaticana
Comunicare il Vangelo con il linguaggio dell’uomo
Il teologo Ricard O Pérez Márquez afferma che il
linguaggio del vangelo pone al centro le parole e i gesti di un Dio con-noi, non
più da cercare ma da accogliere. E’ nel dialogo con la samaritana dove Gesù
afferma che non è più possibile separare il divino dall’umano, il sacro dal profano
che si trova l’efficacia del linguaggio evangelico. Quando l’amore verso Dio
porta a trascurare quello verso il prossimo, non si può parlare il linguaggio
della buona notizia di Gesù. All’attenzione di Gesù non c’è la dottrina o la
verità che essa difende, bensì l’amore vicendevole che mette al primo posto il
bene dell’altro. Non sono le dottrine e le loro questioni, ma la solidarietà e
la misericordia, a rendere credibile ed efficace la testimonianza del vangelo.
I termini «misericordia» e «Padre» fanno parte del linguaggio dell’umano e
qualunque persona può comprendere queste parole. Alla luce di ciò, Gesù ha
configurato il suo linguaggio, e l’ha reso sempre comprensibile, attraente,
convincente e realizzabile nella pratica. Con questo tipo di linguaggio, Gesù
si esprime per istruire, comunicare il Regno di Dio con parole e immagini che
appartengono al quotidiano e al profano (salute, cibo, rapporti umani). La
teologia deve armonizzare il linguaggio ecclesiale ai linguaggi del mondo,
consapevoli che «comunicare il Vangelo è e resta il compito primario della Chiesa».
lunedì 11 novembre 2013
Peccatori, sì. Corrotti, no
Gesù “non si stanca di perdonare e ci consiglia” di fare lo stesso.Gesù chiede di perdonare sette volte al giorno, e dice anche “Guai a colui a causa del quale vengono gli scandali”. Che differenza c’è dunque “tra peccare e scandalizzare”?
“chi pecca e si pente, chiede perdono, si sente debole, si sente figlio di Dio, si umilia, e chiede proprio la salvezza da Gesù. Chi scandalizza perchè non si pente continua a peccare, ma fa finta di essere cristiano: la doppia vita. E la doppia vita di un cristiano fa tanto male, tanto male. ‘Ma, io sono un benefattore della Chiesa! Metto la mano in tasca e do alla Chiesa’. Ma con l’altra mano, ruba: allo Stato, ai poveri … ruba. E’ un ingiusto. Questa è doppia vita. E questo merita – dice Gesù, non lo dico io – che gli mettano al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Non parla di perdono, qui”. Questa persona inganna”, e “dove c’è l’inganno, non c’è lo Spirito di Dio. Questa è la differenza fra peccatore e corrotto”. Chi "fa la doppia vita è un corrotto”. Diverso è chi "pecca e vorrebbe non peccare, ma è debole” e “va dal Signore” e chiede perdono: “a quello il Signore vuole bene! Lo accompagna, è con lui”:
“E noi dobbiamo dirci peccatori, corrotti, no. Il corrotto è fisso in uno stato di sufficienza, non sa cosa sia l’umiltà. Gesù, a questi corrotti, diceva: ‘La bellezza di essere sepolcri imbiancati’, che appaiono belli, all’esterno, ma dentro sono pieni di ossa morte e di putredine. E un cristiano che si vanta di essere cristiano, ma non fa vita da cristiano, è uno di questi corrotti. […] Tutti conosciamo qualcuno che è in questa situazione e quanto male fanno alla Chiesa! Cristiani corrotti, preti corrotti … Quanto male fanno alla Chiesa! Perché non vivono nello spirito del Vangelo, ma nello spirito della mondanità”.
Chiediamo oggi la grazia allo Spirito Santo che fugge da ogni inganno, chiediamo la grazia di riconoscerci peccatori: siamo peccatori. Peccatori, sì. Corrotti, no”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/11/il_papa:_ingiusto_essere_benefattore_della_chiesa_e_rubare_allo/it1-745480
del sito Radio Vaticana
“chi pecca e si pente, chiede perdono, si sente debole, si sente figlio di Dio, si umilia, e chiede proprio la salvezza da Gesù. Chi scandalizza perchè non si pente continua a peccare, ma fa finta di essere cristiano: la doppia vita. E la doppia vita di un cristiano fa tanto male, tanto male. ‘Ma, io sono un benefattore della Chiesa! Metto la mano in tasca e do alla Chiesa’. Ma con l’altra mano, ruba: allo Stato, ai poveri … ruba. E’ un ingiusto. Questa è doppia vita. E questo merita – dice Gesù, non lo dico io – che gli mettano al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Non parla di perdono, qui”. Questa persona inganna”, e “dove c’è l’inganno, non c’è lo Spirito di Dio. Questa è la differenza fra peccatore e corrotto”. Chi "fa la doppia vita è un corrotto”. Diverso è chi "pecca e vorrebbe non peccare, ma è debole” e “va dal Signore” e chiede perdono: “a quello il Signore vuole bene! Lo accompagna, è con lui”:
“E noi dobbiamo dirci peccatori, corrotti, no. Il corrotto è fisso in uno stato di sufficienza, non sa cosa sia l’umiltà. Gesù, a questi corrotti, diceva: ‘La bellezza di essere sepolcri imbiancati’, che appaiono belli, all’esterno, ma dentro sono pieni di ossa morte e di putredine. E un cristiano che si vanta di essere cristiano, ma non fa vita da cristiano, è uno di questi corrotti. […] Tutti conosciamo qualcuno che è in questa situazione e quanto male fanno alla Chiesa! Cristiani corrotti, preti corrotti … Quanto male fanno alla Chiesa! Perché non vivono nello spirito del Vangelo, ma nello spirito della mondanità”.
Chiediamo oggi la grazia allo Spirito Santo che fugge da ogni inganno, chiediamo la grazia di riconoscerci peccatori: siamo peccatori. Peccatori, sì. Corrotti, no”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/11/il_papa:_ingiusto_essere_benefattore_della_chiesa_e_rubare_allo/it1-745480
del sito Radio Vaticana
venerdì 8 novembre 2013
io ti amo lo stesso e vado a cercarti e ti porto a casa
La gioia di Dio è ritrovare la pecorella smarrita, perché ha una "debolezza d'amore" per quanti si sono perduti.
La gioia di Dio, che è un Dio cui non piace perdere, che cerca tutti quelli che sono lontani da Lui. Come il pastore, che va a cercare la pecora smarrita”.
E’ un Dio che cammina per cercarci e ha una certa debolezza d’amore per quelli che si sono più allontanati, che si sono perduti ... Va e li cerca sino alla fine come la donna, che quando perde quella moneta accende la lampada, spazza la casa e cerca accuratamente. Dio è nostro Padre: sempre ci cerca”.
La gioia del Padre, Dio, è quella dell’amore: ci ama. ‘Ma, io sono un peccatore, ho fatto questo, questo, questo!’ …‘Ma io ti amo lo stesso e vado a cercarti e ti porto a casa’. Questo è il nostro Padre. ”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/07/il_papa:_la_debolezza_damore_di_dio_per_chi_%C3%A8_smarrito_%C3%A8_la_gioia/it1-744277
del sito Radio Vaticana
La gioia di Dio, che è un Dio cui non piace perdere, che cerca tutti quelli che sono lontani da Lui. Come il pastore, che va a cercare la pecora smarrita”.
E’ un Dio che cammina per cercarci e ha una certa debolezza d’amore per quelli che si sono più allontanati, che si sono perduti ... Va e li cerca sino alla fine come la donna, che quando perde quella moneta accende la lampada, spazza la casa e cerca accuratamente. Dio è nostro Padre: sempre ci cerca”.
La gioia del Padre, Dio, è quella dell’amore: ci ama. ‘Ma, io sono un peccatore, ho fatto questo, questo, questo!’ …‘Ma io ti amo lo stesso e vado a cercarti e ti porto a casa’. Questo è il nostro Padre. ”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/07/il_papa:_la_debolezza_damore_di_dio_per_chi_%C3%A8_smarrito_%C3%A8_la_gioia/it1-744277
del sito Radio Vaticana
Il lavoro onesto dà pane dignitoso, il lavoro per la strada della tangente porta sporcizia
omelia Santa Marta del 08 nov 2013
“Quando noi pensiamo ai nostri nemici, davvero pensiamo prima al demonio, perché è proprio quello che ci fa male. L’atmosfera, lo stile di vita piace tanto al demonio, è questa mondanità: vivere secondo i valori del mondo. E questo amministratore è un esempio di mondanità. Qualcuno di voi potrà dire: ‘Ma, questo uomo ha fatto quello che fanno tutti!’. [La parabola dell’amministratore disonesto]
Ma tutti, no! Alcuni amministratori, amministratori di aziende, amministratori pubblici; alcuni amministratori del governo... Forse non sono tanti. Ma è un po’ quell’atteggiamento della strada più breve, più comoda per guadagnarsi la vita”.
E l’abitudine della tangente è un’abitudine mondana e fortemente peccatrice. E’ un’abitudine che non viene da Dio: Dio ci ha comandato di portare il pane a casa col nostro lavoro onesto! E quest’uomo, amministratore, lo portava, ma come? Dava da mangiare ai suoi figli pane sporco! E i suoi figli, forse educati in collegi costosi, forse cresciuti in ambienti colti, avevano ricevuto dal loro papà, come pasto, sporcizia, perché il loro papà, portando pane sporco a casa, aveva perso la dignità! E questo è un peccato grave! Perché si incomincia forse con una piccola bustarella, ma è come la droga, eh!”.
l’abitudine alle tangenti diventa una dipendenza. Ma se c’è una “furbizia mondana” c’è anche una “furbizia cristiana, di fare le cose un po’ svelte … non con lo spirito del mondo”, ma onestamente. E’ ciò che dice Gesù quando invita ad essere astuti come i serpenti e semplici come colombe: mettere insieme queste due dimensioni “è una grazia dello Spirito Santo”, un dono che dobbiamo chiedere.
“Pregare perché il Signore cambi il cuore di questi devoti della dea tangente e se ne accorgano che la dignità viene dal lavoro degno, dal lavoro onesto, dal lavoro di ogni giorno e non da queste strade più facili che alla fine ti tolgono tutto. Questa povera gente che ha perso la dignità nella pratica delle tangenti soltanto porta con sé non il denaro che ha guadagnato, ma la mancanza di dignità! Preghiamo per loro!”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/08/il_papa_prega_per_i_figli_dei_devoti_della_dea_tangente,_la/it1-744709
del sito Radio Vaticana
“Quando noi pensiamo ai nostri nemici, davvero pensiamo prima al demonio, perché è proprio quello che ci fa male. L’atmosfera, lo stile di vita piace tanto al demonio, è questa mondanità: vivere secondo i valori del mondo. E questo amministratore è un esempio di mondanità. Qualcuno di voi potrà dire: ‘Ma, questo uomo ha fatto quello che fanno tutti!’. [La parabola dell’amministratore disonesto]
Ma tutti, no! Alcuni amministratori, amministratori di aziende, amministratori pubblici; alcuni amministratori del governo... Forse non sono tanti. Ma è un po’ quell’atteggiamento della strada più breve, più comoda per guadagnarsi la vita”.
E l’abitudine della tangente è un’abitudine mondana e fortemente peccatrice. E’ un’abitudine che non viene da Dio: Dio ci ha comandato di portare il pane a casa col nostro lavoro onesto! E quest’uomo, amministratore, lo portava, ma come? Dava da mangiare ai suoi figli pane sporco! E i suoi figli, forse educati in collegi costosi, forse cresciuti in ambienti colti, avevano ricevuto dal loro papà, come pasto, sporcizia, perché il loro papà, portando pane sporco a casa, aveva perso la dignità! E questo è un peccato grave! Perché si incomincia forse con una piccola bustarella, ma è come la droga, eh!”.
l’abitudine alle tangenti diventa una dipendenza. Ma se c’è una “furbizia mondana” c’è anche una “furbizia cristiana, di fare le cose un po’ svelte … non con lo spirito del mondo”, ma onestamente. E’ ciò che dice Gesù quando invita ad essere astuti come i serpenti e semplici come colombe: mettere insieme queste due dimensioni “è una grazia dello Spirito Santo”, un dono che dobbiamo chiedere.
“Pregare perché il Signore cambi il cuore di questi devoti della dea tangente e se ne accorgano che la dignità viene dal lavoro degno, dal lavoro onesto, dal lavoro di ogni giorno e non da queste strade più facili che alla fine ti tolgono tutto. Questa povera gente che ha perso la dignità nella pratica delle tangenti soltanto porta con sé non il denaro che ha guadagnato, ma la mancanza di dignità! Preghiamo per loro!”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/08/il_papa_prega_per_i_figli_dei_devoti_della_dea_tangente,_la/it1-744709
del sito Radio Vaticana
martedì 5 novembre 2013
invitati alla festa
La Chiesa “non è solo per le persone buone”, l’invito a farne parte riguarda tutti.
“Un cristiano è uno che è invitato a festa, alla gioia di essere salvato, alla di essere redento, di partecipare la vita con Gesù.
Si fa festa con gli altri, si fa festa in famiglia, si fa festa con gli amici, si fa festa con le persone che sono state invitate, come io sono stato invitato. Per essere cristiano ci vuole una appartenenza e appartiene a questo Corpo questa gente che è stata invitata a festa: questa è l’appartenenza cristiana”.
tutti sono invitati, “buoni e cattivi”. E i primi ad essere chiamati sono gli emarginati:
“La Chiesa non è la Chiesa solo per le persone buone. Vogliamo dire chi appartiene alla Chiesa, a questa festa? I peccatori, tutti noi peccatori siamo stati invitati. E qui cosa si fa? Si fa una comunità, che ha doni diversi: uno ha il dono della profezia, l’altro il ministero, qui un insegnante...
Alla festa si partecipa totalmente. Non si può capire l’esistenza cristiana senza questa partecipazione. E’ una partecipazione di tutti noi. ‘Io vado alla festa, ma mi fermo soltanto al primo salottino, perché devo stare soltanto con tre o quattro che io conosco e gli altri…’. Questo non si può fare nella Chiesa! O tu entri con tutti o tu rimani fuori! Tu non puoi fare una selezione: la Chiesa è per tutti, incominciando dai più emarginati.
se non si entra nella festa non si è cristiani.
“Il Signore è molto generoso. Il Signore apre tutte le porte. Anche il Signore capisce quello che dice: ‘No, Signore, non voglio andare da te!’. Capisce e lo aspetta, perché è misericordioso. Ma al Signore non piace quell’uomo che dice di “sì” e fa di “no”; che fa finta di ringraziarlo per tante cose belle, ma nella verità va per la sua strada; che ha delle buone maniere, ma fa la propria volontà e non quella del Signore: quelli che sempre si scusano, quelli che non sanno la gioia, che non sperimentano la gioia dell’appartenenza. Chiediamo al Signore questa grazia: capire bene quanto bello è essere invitati alla festa, quando bello è essere con tutti e condividere con tutti le proprie qualità, quando bello è stare con Lui e che brutto è giocare fra il “sì” e il “no”, dire di “sì” ma accontentarmi soltanto di essere elencato nella lista dei cristiani”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/05/il_papa:_tutti_siamo_invitati_a_festa_dal_signore,_non/it1-743647
del sito Radio Vaticana
“Un cristiano è uno che è invitato a festa, alla gioia di essere salvato, alla di essere redento, di partecipare la vita con Gesù.
Si fa festa con gli altri, si fa festa in famiglia, si fa festa con gli amici, si fa festa con le persone che sono state invitate, come io sono stato invitato. Per essere cristiano ci vuole una appartenenza e appartiene a questo Corpo questa gente che è stata invitata a festa: questa è l’appartenenza cristiana”.
tutti sono invitati, “buoni e cattivi”. E i primi ad essere chiamati sono gli emarginati:
“La Chiesa non è la Chiesa solo per le persone buone. Vogliamo dire chi appartiene alla Chiesa, a questa festa? I peccatori, tutti noi peccatori siamo stati invitati. E qui cosa si fa? Si fa una comunità, che ha doni diversi: uno ha il dono della profezia, l’altro il ministero, qui un insegnante...
Alla festa si partecipa totalmente. Non si può capire l’esistenza cristiana senza questa partecipazione. E’ una partecipazione di tutti noi. ‘Io vado alla festa, ma mi fermo soltanto al primo salottino, perché devo stare soltanto con tre o quattro che io conosco e gli altri…’. Questo non si può fare nella Chiesa! O tu entri con tutti o tu rimani fuori! Tu non puoi fare una selezione: la Chiesa è per tutti, incominciando dai più emarginati.
se non si entra nella festa non si è cristiani.
“Il Signore è molto generoso. Il Signore apre tutte le porte. Anche il Signore capisce quello che dice: ‘No, Signore, non voglio andare da te!’. Capisce e lo aspetta, perché è misericordioso. Ma al Signore non piace quell’uomo che dice di “sì” e fa di “no”; che fa finta di ringraziarlo per tante cose belle, ma nella verità va per la sua strada; che ha delle buone maniere, ma fa la propria volontà e non quella del Signore: quelli che sempre si scusano, quelli che non sanno la gioia, che non sperimentano la gioia dell’appartenenza. Chiediamo al Signore questa grazia: capire bene quanto bello è essere invitati alla festa, quando bello è essere con tutti e condividere con tutti le proprie qualità, quando bello è stare con Lui e che brutto è giocare fra il “sì” e il “no”, dire di “sì” ma accontentarmi soltanto di essere elencato nella lista dei cristiani”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/05/il_papa:_tutti_siamo_invitati_a_festa_dal_signore,_non/it1-743647
del sito Radio Vaticana
Iscriviti a:
Post (Atom)