lunedì 18 dicembre 2017

P A C E 2018

LI GIORNATA MONDIALE DELLA PACE
1° GENNAIO 2018

Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace

1. Augurio di pace
Pace a tutte le persone e a tutte le nazioni della terra! 
La pace, che gli angeli annunciano ai pastori nella notte di Natale,[1] è un’aspirazione profonda di tutte le persone e di tutti i popoli, soprattutto di quanti più duramente ne patiscono la mancanza. Tra questi, che porto nei miei pensieri e nella mia preghiera, voglio ancora una volta ricordare gli oltre 250 milioni di migranti nel mondo, dei quali 22 milioni e mezzo sono rifugiati. Questi ultimi, come affermò il mio amato predecessore Benedetto XVI, «sono uomini e donne, bambini, giovani e anziani che cercano un luogo dove vivere in pace».[2] Per trovarlo, molti di loro sono disposti a rischiare la vita in un viaggio che in gran parte dei casi è lungo e pericoloso, a subire fatiche e sofferenze, ad affrontare reticolati e muri innalzati per tenerli lontani dalla meta.
Con spirito di misericordia, abbracciamo tutti coloro che fuggono dalla guerra e dalla fame o che sono costretti a lasciare le loro terre a causa di discriminazioni, persecuzioni, povertà e degrado ambientale.
Siamo consapevoli che aprire i nostri cuori alla sofferenza altrui non basta. Ci sarà molto da fare prima che i nostri fratelli e le nostre sorelle possano tornare a vivere in pace in una casa sicura. Accogliere l’altro richiede un impegno concreto, una catena di aiuti e di benevolenza, un’attenzione vigilante e comprensiva, la gestione responsabile di nuove situazioni complesse che, a volte, si aggiungono ad altri e numerosi problemi già esistenti, nonché delle risorse che sono sempre limitate. Praticando la virtù della prudenza, i governanti sapranno accogliere, promuovere, proteggere e integrare, stabilendo misure pratiche, «nei limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso, [per] permettere quell’inserimento».[3] Essi hanno una precisa responsabilità verso le proprie comunità, delle quali devono assicurare i giusti diritti e lo sviluppo armonico, per non essere come il costruttore stolto che fece male i calcoli e non riuscì a completare la torre che aveva cominciato a edificare.[4]
2. Perché così tanti rifugiati e migranti?
In vista del Grande Giubileo per i 2000 anni dall’annuncio di pace degli angeli a Betlemme, San Giovanni Paolo II annoverò il crescente numero di profughi tra le conseguenze di «una interminabile e orrenda sequela di guerre, di conflitti, di genocidi, di “pulizie etniche”»,[5] che avevano segnato il XX secolo. Quello nuovo non ha finora registrato una vera svolta: i conflitti armati e le altre forme di violenza organizzata continuano a provocare spostamenti di popolazione all’interno dei confini nazionali e oltre.
Ma le persone migrano anche per altre ragioni, prima fra tutte il «desiderio di una vita migliore, unito molte volte alla ricerca di lasciarsi alle spalle la “disperazione” di un futuro impossibile da costruire».[6] Si parte per ricongiungersi alla propria famiglia, per trovare opportunità di lavoro o di istruzione: chi non può godere di questi diritti, non vive in pace. Inoltre, come ho sottolineato nell’Enciclica Laudato si’, «è tragico l’aumento dei migranti che fuggono la miseria aggravata dal degrado ambientale».[7]
La maggioranza migra seguendo un percorso regolare, mentre alcuni prendono altre strade, soprattutto a causa della disperazione, quando la patria non offre loro sicurezza né opportunità, e ogni via legale pare impraticabile, bloccata o troppo lenta.
In molti Paesi di destinazione si è largamente diffusa una retorica che enfatizza i rischi per la sicurezza nazionale o l’onere dell’accoglienza dei nuovi arrivati, disprezzando così la dignità umana che si deve riconoscere a tutti, in quanto figli e figlie di Dio. Quanti fomentano la paura nei confronti dei migranti, magari a fini politici, anziché costruire la pace, seminano violenza, discriminazione razziale e xenofobia, che sono fonte di grande preoccupazione per tutti coloro che hanno a cuore la tutela di ogni essere umano.[8]
Tutti gli elementi di cui dispone la comunità internazionale indicano che le migrazioni globali continueranno a segnare il nostro futuro. Alcuni le considerano una minaccia. Io, invece, vi invito a guardarle con uno sguardo carico di fiducia, come opportunità per costruire un futuro di pace.
3. Con sguardo contemplativo
La sapienza della fede nutre questo sguardo, capace di accorgersi che tutti facciamo «parte di una sola famiglia, migranti e popolazioni locali che li accolgono, e tutti hanno lo stesso diritto ad usufruire dei beni della terra, la cui destinazione è universale, come insegna la dottrina sociale della Chiesa. Qui trovano fondamento la solidarietà e la condivisione».[9] Queste parole ci ripropongono l’immagine della nuova Gerusalemme. Il libro del profeta Isaia (cap. 60) e poi quello dell’Apocalisse (cap. 21) la descrivono come una città con le porte sempre aperte, per lasciare entrare genti di ogni nazione, che la ammirano e la colmano di ricchezze. La pace è il sovrano che la guida e la giustizia il principio che governa la convivenza al suo interno.
Abbiamo bisogno di rivolgere anche sulla città in cui viviamo questo sguardo contemplativo, «ossia uno sguardo di fede che scopra quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze [...] promuovendo la solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, di verità, di giustizia»,[10] in altre parole realizzando la promessa della pace.
Osservando i migranti e i rifugiati, questo sguardo saprà scoprire che essi non arrivano a mani vuote: portano un carico di coraggio,capacità, energie e aspirazioni, oltre ai tesori delle loro culture native, e in questo modo arricchiscono la vita delle nazioni che li accolgono. Saprà scorgere anche la creatività, la tenacia e lo spirito di sacrificio di innumerevoli persone, famiglie e comunità che in tutte le parti del mondo aprono la porta e il cuore a migranti e rifugiati, anche dove le risorse non sono abbondanti.
Questo sguardo contemplativo, infine, saprà guidare il discernimento dei responsabili della cosa pubblica, così da spingere le politiche di accoglienza fino al massimo dei «limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso»,[11] considerando cioè le esigenze di tutti i membri dell’unica famiglia umana e il bene di ciascuno di essi.
Chi è animato da questo sguardo sarà in grado di riconoscere i germogli di pace che già stanno spuntando e si prenderà cura della loro crescita. Trasformerà così in cantieri di pace le nostre città, spesso divise e polarizzate da conflitti che riguardano proprio la presenza di migranti e rifugiati.
4. Quattro pietre miliari per l’azione
Offrire a richiedenti asilo, rifugiati, migranti e vittime di tratta una possibilità di trovare quella pace che stanno cercando, richiede una strategia che combini quattro azioni: accogliere, proteggere, promuovere e integrare.[12]
“Accogliere” richiama l’esigenza di ampliare le possibilità di ingresso legale, di non respingere profughi e migranti verso luoghi dove li aspettano persecuzioni e violenze, e di bilanciare la preoccupazione per la sicurezza nazionale con la tutela dei diritti umani fondamentali. La Scrittura ci ricorda: «Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo».[13]
“Proteggere” ricorda il dovere di riconoscere e tutelare l’inviolabile dignità di coloro che fuggono da un pericolo reale in cerca di asilo e sicurezza, di impedire il loro sfruttamento. Penso in particolare alle donne e ai bambini che si trovano in situazioni in cui sono più esposti ai rischi e agli abusi che arrivano fino a renderli schiavi. Dio non discrimina: «Il Signore protegge lo straniero, egli sostiene l’orfano e la vedova».[14]
“Promuovere” rimanda al sostegno allo sviluppo umano integrale di migranti e rifugiati. Tra i molti strumenti che possono aiutare in questo compito, desidero sottolineare l’importanza di assicurare ai bambini e ai giovani l’accesso a tutti i livelli di istruzione: in questo modo essi non solo potranno coltivare e mettere a frutto le proprie capacità, ma saranno anche maggiormente in grado di andare incontro agli altri, coltivando uno spirito di dialogo anziché di chiusura o di scontro. La Bibbia insegna che Dio «ama lo straniero e gli dà pane e vestito»; perciò esorta: «Amate dunque lo straniero, poiché anche voi foste stranieri nel paese d’Egitto».[15]
“Integrare”, infine, significa permettere a rifugiati e migranti di partecipare pienamente alla vita della società che li accoglie, in una dinamica di arricchimento reciproco e di feconda collaborazione nella promozione dello sviluppo umano integrale delle comunità locali. Come scrive San Paolo: «Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio».[16]
5. Una proposta per due Patti internazionali
Auspico di cuore che sia questo spirito ad animare il processo che lungo il 2018 condurrà alla definizione e all’approvazione da parte delle Nazioni Unite di due patti globali, uno per migrazioni sicure, ordinate e regolari, l’altro riguardo ai rifugiati. In quanto accordi condivisi a livello globale, questi patti rappresenteranno un quadro di riferimento per proposte politiche e misure pratiche. Per questo è importante che siano ispirati da compassione, lungimiranza e coraggio, in modo da cogliere ogni occasione per far avanzare la costruzione della pace: solo così il necessario realismo della politica internazionale non diventerà una resa al cinismo e alla globalizzazione dell’indifferenza.
Il dialogo e il coordinamento, in effetti, costituiscono una necessità e un dovere proprio della comunità internazionale. Al di fuori dei confini nazionali, è possibile anche che Paesi meno ricchi possano accogliere un numero maggiore di rifugiati, o accoglierli meglio, se la cooperazione internazionale assicura loro la disponibilità dei fondi necessari.
La Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale ha suggerito 20 punti di azione[17] quali piste concrete per l’attuazione di questi quattro verbi nelle politiche pubbliche, oltre che nell’atteggiamento e nell’azione delle comunità cristiane. Questi ed altri contributi intendono esprimere l’interesse della Chiesa cattolica al processo che porterà all’adozione dei suddetti patti globali delle Nazioni Unite. Tale interesse conferma una più generale sollecitudine pastorale nata con la Chiesa e continuata in molteplici sue opere fino ai nostri giorni.
6. Per la nostra casa comune
Ci ispirano le parole di San Giovanni Paolo II: «Se il “sogno” di un mondo in pace è condiviso da tanti, se si valorizza l’apporto dei migranti e dei rifugiati, l’umanità può divenire sempre più famiglia di tutti e la nostra terra una reale “casa comune”».[18] Molti nella storia hanno creduto in questo “sogno” e quanto hanno compiuto testimonia che non si tratta di una utopia irrealizzabile.
Tra costoro va annoverata Santa Francesca Saverio Cabrini, di cui ricorre nel 2017 il centenario della nascita al cielo. Oggi, 13 novembre, molte comunità ecclesiali celebrano la sua memoria. Questa piccola grande donna, che consacrò la propria vita al servizio dei migranti, diventandone poi la celeste patrona, ci ha insegnato come possiamo accogliere, proteggere, promuovere e integrare questi nostri fratelli e sorelle. Per la sua intercessione il Signore conceda a noi tutti di sperimentare che «un frutto di giustizia viene seminato nella pace per coloro che fanno opera di pace».[19]
Dal Vaticano, 13 novembre 2017
Memoria di Santa Francesca Saverio Cabrini, Patrona dei migranti

martedì 14 novembre 2017

esonero onere della prova

secondo un principio consolidato, «facendo richiesta di applicazione della pena, l'imputato rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l'accusa, o, in altri termini, non nega la sua responsabilità ed esonera l'accusa dall'onere della prova; la sentenza che accoglie la detta richiesta contiene, quindi, un accertamento ed un'affermazione impliciti della responsabilità dell'imputato, e pertanto l'accertamento della responsabilità non va espressamente motivato, così come l'affermazione di responsabilità non va espressamente dichiarata» (Sez. U, n. 5777 del 27/03/1992, Di Benedetto). Di conseguenza, «la motivazione della sentenza che applica la pena su richiesta delle parti a norma dell'art. 444 comma secondo cod. proc. pen. si esaurisce in una delibazione ad un tempo positiva e negativa. Positiva a quanto all'accertamento: 1) della sussistenza dell'accordo delle parti sull'applicazione di una determinata pena; 2) della correttezza della qualificazione giuridica del fatto nonché della applicazione e della comparazione delle eventuali circostanze; 3) della congruità della pena patteggiata, ai fini e nei limiti di cui all'art. 27, terzo comma, Cost.; 4) della concedibilità della sospensione condizionale della pena, qualora l'efficacia della richiesta sia stata subordinata alla concessione del beneficio. Negativa quanto alla esclusione della sussistenza di cause di non punibilità o di non procedibilità o di estinzione del reato. Le delibazioni positive debbono essere necessariamente sorrette dalla concisa esposizione dei relativi motivi di fatto e di diritto, mentre, per quanto riguarda il giudizio negativo sulla ricorrenza di alcuna delle ipotesi previste dall'art. 129 cod. proc. pen., l'obbligo di una specifica motivazione sussiste, per la natura stessa della delibazione, soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle dichiarazioni delle parti risultino elementi concreti in ordine alla non ricorrenza delle suindicate ipotesi. In caso contrario, è sufficiente la semplice enunciazione, anche implicita, di aver effettuato, con esito negativo, la verifica richiesta dalla legge e cioè che non ricorrono gli estremi per 2 Corte di Cassazione - copia non ufficiale la pronuncia di sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen..>> (Sez. U, Di Benedetto, cit.). Unico dovere indeclinabile del giudice resta quello di «esaminare, prima della verifica dell'osservanza dei limiti di legittimità della proposta di pena concordata, gli atti del procedimento al fine di riscontrare l'eventuale esistenza di una qualsiasi causa di non punibilità, la cui operatività, giustificando il proscioglimento dell'imputato e creando un impedimento assoluto all'applicazione della sanzione, è necessariamente sottratta ai poteri dispositivi delle parti. Tale operazione preliminare consiste in una ricognizione allo stato degli atti, che può condurre a una pronuncia di proscioglimento ai sensi dell'art. 129 cod. proc. pen. soltanto se le risultanze disponibili rendano palese l'obiettiva esistenza di una causa di non punibilità, indipendentemente dalla valutazione compiuta dalle parti e senza la necessità di alcun approfondimento probatorio e di ulteriori acquisizioni>> (Sez. U, n. 3 del 25/11/1998, Messina). In coerenza alla natura pattizia dell'accordo ratificato con la sentenza di applicazione della pena, questa Corte ha affermato che «nell'ipotesi di impugnazione di una decisione assunta in conformità alla richiesta formulata dalla parte, secondo lo schema procedimen tale previsto dagli artt. 444 e seguenti cod. proc. perì., l'esigenza di specificità del discorso giustificativo della ragione di impugnazione deve ritenersi più pregnante rispetto ad ipotesi di diversa conclusione del giudizio, dato che la censura sul provvedimento che abbia accolto la richiesta dell'impugnante deve impegnarsi a demolire, prima di tutto, proprio quanto richiesto dalla stessa parte; e ciò anche a scongiurare il pericolo di scarsa serietà e correttezza nella gestione del processo» (Sez. U, n. 11493 del 24/06/1998).

lunedì 23 ottobre 2017

DIRITTO DI DIFESA

In tema di violazioni del codice della strada, la validità della contestazione, quale che sia la forma usata, dipende unicamente dalla sua idoneità a garantire l'esercizio del diritto di difesa al quale è preordinata, e solo tale accertata inidoneità può essere causa di nullità del verbale e della successiva ordinanza-ingiunzione (di recente, Cass. n. 462 del 2016).

giovedì 5 ottobre 2017

spazi di salvezza

Missionari di speranza oggi nel mese di ottobre nella Chiesa è dedicato in modo particolare alla missione, e nella festa San Francesco d’Assisi (4 ottobre) che è stato un grande missionario di speranza! 
Il cristiano non è un profeta di sventura...l’essenza del suo annuncio è l’opposto della sventura: è Gesù, morto per amore e che Dio ha risuscitato al mattino di Pasqua. E questo è il nucleo della fede cristiana...
i Vangeli non si chiudono col venerdì santo, vanno oltre; ed è proprio questo frammento ulteriore a trasformare le nostre vite. I discepoli di Gesù erano abbattuti in quel sabato dopo la sua crocifissione; quella pietra rotolata sulla porta del sepolcro aveva chiuso anche i tre anni entusiasmanti vissuti da loro col Maestro di Nazareth. Sembrava che tutto fosse finito, e alcuni, delusi e impauriti, stavano già lasciando Gerusalemme. 
Ma Gesù risorge! Questo fatto inaspettato rovescia e sovverte la mente e il cuore dei discepoli. Perché Gesù non risorge solo per sé stesso, ... nel giorno di Pentecoste i discepoli sono trasformati dal soffio dello Spirito Santo. Non avranno solamente una bella notizia da portare a tutti, ma saranno loro stessi diversi da prima, come rinati a vita nuova. La risurrezione di Gesù ci trasforma con la forza dello Spirito Santo. Gesù è vivo, è vivo fra noi, è vivente e ha quella forza di trasformare.
Com’è bello pensare che si è annunciatori della risurrezione di Gesù non solamente a parole, ma con i fatti e con la testimonianza della vita!
Gesù Vuole testimoni: persone che propagano speranza con il loro modo di accogliere, di sorridere, di amare. Soprattutto di amare: perché la forza della risurrezione rende i cristiani capaci di amare anche quando l’amore pare aver smarrito le sue ragioni. ...
la fede, la speranza nostra non è solo un ottimismo; è qualche altra cosa, di più! È come se i credenti fossero persone con un “pezzo di cielo” in più sopra la testa.


Così il compito dei cristiani in questo mondo è quello di aprire spazi di salvezza, sempre. ...Ecco, il vero cristiano è così: non lamentoso e arrabbiato, ma convinto, per la forza della risurrezione, che nessun male è infinito, nessuna notte è senza termine, nessun uomo è definitivamente sbagliato, nessun odio è invincibile dall’amore.
Certo, qualche volta i discepoli pagheranno a caro prezzo questa speranza donata loro da Gesù. Pensiamo a tanti cristiani che non hanno abbandonato il loro popolo, quando è venuto il tempo della persecuzione. Sono rimasti lì, dove si era incerti anche del domani, dove non si potevano fare progetti di nessun tipo, sono rimasti sperando in Dio. E pensiamo ai nostri fratelli, alle nostre sorelle del Medio Oriente che danno testimonianza di speranza e anche offrono la vita per questa testimonianza. Questi sono veri cristiani! Questi portano il cielo nel cuore, guardano oltre, sempre oltre. Chi ha avuto la grazia di abbracciare la risurrezione di Gesù può ancora sperare nell’insperato. I martiri di ogni tempo, con la loro fedeltà a Cristo, raccontano che l’ingiustizia non è l’ultima parola nella vita. In Cristo risorto possiamo continuare a sperare. Gli uomini e le donne che hanno un “perché” vivere resistono più degli altri nei tempi di sventura. Ma chi ha Cristo al proprio fianco davvero non teme più nulla. E per questo i cristiani, i veri cristiani, non sono mai uomini facili e accomodanti. La loro mitezza non va confusa con un senso di insicurezza e di remissività. San Paolo sprona Timoteo a soffrire per il vangelo, e dice così: «Dio non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza» (2 Tm 1,7). Caduti, si rialzano sempre. 
Ecco, cari fratelliil cristiano è un missionario di speranza. Non per suo merito, ma grazie a Gesù, il chicco di grano che, caduto nella terra, è morto e ha portato molto frutto (cfr Gv 12,24).

venerdì 8 settembre 2017

Grazie Nonna Grazia

Oggi nel giorno del suo onomastico un pensiero va a lei nonna Grazia. Grazie donna piccola di statura ma grande di cuore. E soprattutto una grandissima lavoratrice. Donna umile e silenziosa. Donna riservata amante delle piante, tante, e degli animali. Grazie nonna per il dono di Tua figlia,  mia madre Chiara. Forse mi avresti voluto sacerdote al quale avresti donato un tuo terreno agricolo per la gioia di vedere tuo nipote sull'altare. Non hai fatto in tempo a seguire la mia crescita le mie scelte. Presto sei tornata Lassù a riposare dopo instancabili giorni di lavoro su questa Terra. Oggi sarebbe stato un giorno di festa per il tuo onomastico. La tua devozione è testimoniata dalla grotta in onore di Sant'Anna che realizzasti ed è ancora lì. Nonna oggi non avresti visto tuo nipote sacerdote ma sono certo che mi vuoi bene ugualmente. Avresti conosciuto i miei figli che di certo avresti coccolato con l'amore silenzioso ma forte.

venerdì 1 settembre 2017

creato

La terra ci venne affidata come dono sublime e come eredità della quale tutti condividiamo la responsabilità
messaggio 
DI PAPA FRANCESCO E DEL PATRIARCA ECUMENICO BARTOLOMEO
PER LA GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER IL CREATO
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/messages/pont-messages/2017/documents/papa-francesco_20170901_messaggio-giornata-cura-creato.html

lunedì 19 giugno 2017

Succede

Succede che mentre speri che Nicola possa svegliarsi dal coma dopo due interventi di angioplastica a seguito di infarti e arresti cardiaci, giunge la notizia che una Tua zia ha appena completato la sua esistenza terrena. Pensi che vicino agli 80 sia la normale. Ma ti dispiace non aver fatto visita in questo ultimo periodo di vita in cui ha lottato contro il brutto tumore ai polmoni.
Succede che un'altra zia, un po' più giovane sia ricoverata per grave crisi a seguito del dannato diabete e versi in una situazione grave.
Succede che mentre tutto ciò sta accadendo Paolo stia anche lui ricoverato per tumore alla prostata.
Succede che un altro zio, anche se 90enne, è uno degli ultimi cinque della sua classe elementare ancora in vita su 40 alunni di allora, stia in carenza di ossigeno e sua moglie affetta anche Lei da un tumore.
Succede che il marito di zia Lucrezia sia finito in un istituto per degenti con alzhaimer forse ciò gli sta risparmiando il dolore della perdita della moglie di cui forse nulla saprà mai.
Succede che apprendi che un tale mons Antonio Neri poco più che 50enne sia deceduto da poco a seguito di un tumore. Ordinato prete dal vescovo don Tonino Bello anche lui deceduto per un tumore.
Succede che pensi sempre al tuo parroco morto per diabete che ha causato un tumore al fegato. Succede che ti ricordi di Tua madre deceduta per tumore al pancreas
Tutto ciò succede mentre vivi e pensi che questa è la vita in cui tutto succede

sabato 17 giugno 2017

Donne forti

Lavinia, Rosa, Tina sono donne forti.
La vita le ha rese così.
Cresciute con una mamma volata presto in cielo,
sono state subito donne. Le donne di casa, madri per i fratelli orfani della stessa mamma.
Un po' mogli, per quell'uomo anch'egli lasciato presto solo:vedovo.
Ma la vita non si è accontentata, le ha forgiate ancora più forti contro il dolore.
Donne che han visto volare in cielo una nipotina di pochissimi anni.
Donne che han dovuto sopportare anche il distacco geografico, lungo quanto la distanza, Italia - America.
Ma la vita non si è ancora saziata. Le ha rese ancora più resistenti. Prima vedere un fratello subire danni a causa di un servizio di leva obbligatorio che per indicibile malasorte ha causato per vaccini mal somministrati una pesante invalidità. Ma loro si sono rafforzate al solo vedere il sorriso di quel fratellone indebolito dalla disabilità. Eppure quella vita non era ancora convinta della fortezza di queste sorelle, mogli, madri. È così han subito un altro indicibile colpo, il coccolato fratello, con lo stesso sorriso con cui ha accettato l'invalidità, accettare la precoce morte.
Morte e vita che si affrontano in un continuo duello. Così le forti sorelle devono adesso farsi carico del l'anziano papà che è stato debilitato dal male oscuro. È mentre con quella forza che sembra diventata una corazza affrontano la difficile situazione del padre malato ecco quella durissima vita provare ancora fortemente le dure donne, un altro fratello che da ieri (16 giugno) combatte tra la vita e morte. Ben due infarti con urgente angioplastica. È per le dure donne è stato un durissimo ulteriore colpo. Resta la flebile speranza a cui fortemente tutti ci aggrappiamo per non causare loro un ulteriore danno. Forza e coraggio

mercoledì 10 maggio 2017

MADRE DELLA SPERANZA


 Madre della Speranza
Maria, Madre della speranza. Maria ha attraversato più di una notte nel suo cammino di madre. Fin dal primo apparire nella storia dei vangeli, la sua figura si staglia come se fosse il personaggio di un dramma. Non era semplice rispondere con un “sì” all’invito dell’angelo: eppure lei, donna ancora nel fiore della giovinezza, risponde con coraggio, nonostante nulla sapesse del destino che l’attendeva. Maria in quell’istante ci appare come una delle tante madri del nostro mondo, coraggiose fino all’estremo quando si tratta di accogliere nel proprio grembo la storia di un nuovo uomo che nasce.
Quel “sì” è il primo passo di una lunga lista di obbedienze che accompagneranno il suo itinerario di madre
Maria appare nei vangeli come una donna silenziosa, che spesso non comprende tutto quello che le accade intorno, ma che medita ogni parola e ogni avvenimento nel suo cuore.

Maria: non è una donna che si deprime davanti alle incertezze della vita, specialmente quando nulla sembra andare per il verso giusto. Non è nemmeno una donna che protesta con violenza, che inveisce contro il destino della vita che ci rivela spesso un volto ostile. È invece una donna che ascolta c’è sempre un grande rapporto tra la speranza e l’ascolto

Maria riappare proprio nel momento cruciale: quando buona parte degli amici si sono dileguati a motivo della paura. Le madri non tradiscono, e in quell’istante, ai piedi della croce, nessuno di noi può dire quale sia stata la passione più crudele: se quella di un uomo innocente che muore sul patibolo della croce, o l’agonia di una madre che accompagna gli ultimi istanti della vita di suo figlio. Ia presenza della Madre: lei “stava” (Gv 19,25), 

Maria “stava” nel buio più fitto, ma “stava”. Non se ne è andata. Maria è lì, fedelmente presente, ogni volta che c’è da tenere una candela accesa in un luogo di foschia e di nebbie. Nemmeno lei conosce il destino di risurrezione che suo Figlio stava in quell’istante aprendo per tutti noi uomini: è lì per fedeltà al piano di Dio di cui si è proclamata serva nel primo giorno della sua vocazione, ma anche a causa del suo istinto di madre che semplicemente soffre, ogni volta che c’è un figlio che attraversa una passione. Le sofferenze delle madri: tutti noi abbiamo conosciuto donne forti, che hanno affrontato tante sofferenze dei figli!
La ritroveremo nel primo giorno della Chiesa, lei, madre di speranza, in mezzo a quella comunità di discepoli così fragili: uno aveva rinnegato, molti erano fuggiti, tutti avevano avuto paura (cfr At 1,14). Ma lei semplicemente stava lì, nel più normale dei modi, come se fosse una cosa del tutto naturale: nella prima Chiesa avvolta dalla luce della Risurrezione, ma anche dai tremori dei primi passi che doveva compiere nel mondo.
Per questo tutti noi la amiamo come Madre. Non siamo orfani: abbiamo una Madre in cielo, che è la Santa Madre di Dio. Perché ci insegna la virtù dell’attesa, anche quando tutto appare privo di senso: lei sempre fiduciosa nel mistero di Dio, anche quando Lui sembra eclissarsi per colpa del male del mondo. Nei momenti di difficoltà, Maria, la Madre che Gesù ha regalato a tutti noi,...possa sempre dire al nostro cuore: “Alzati! Guarda avanti, guarda l’orizzonte”.


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lunedì 8 maggio 2017

latrare del cane e reato art 659 cod. pen

per consolidata e temporalmente radicata giurisprudenza della Cassazione, ai fini della integrazione del reato di cui all'art. 659 cod. pen. è necessario che i rumori, gli schiamazzi e le altre fonti sonore indicate nella norma superino la normale tollerabilità ed abbiano, anche in relazione allo loro intensità, l'attitudine a propagarsi ed a disturbare un numero indeterminato di persone, e ciò a prescindere dal fatto che, in concreto, alcune persone siano state effettivamente disturbate; invero, trattandosi di reato di pericolo, è sufficiente che la condotta dell'agente abbia l'attitudine a ledere il bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice, ed è indifferente che la lesione del bene si sia in concreto verificata (Corte di cassazione, Sezione I penale, 7 giugno 1996, n. 5714). ....l'elemento essenziale della fattispecie di reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone è l'idoneità del fatto ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone e non già l'effettivo disturbo arrecato alle stesse (Corte di cassazione, Sezione I penale, 7 gennaio 2008, n. 246). ....è, tuttavia, un reato di pericolo concreto, nel senso che, sebbene non sia necessaria ai fini della integrazione della fattispecie penale la concreta lesione del bene interesse protetto dalla norma incriminatrice - da individuarsi nel diritto alla quiete nelle proprie occupazioni ed al riposo di una pluralità tendenzialmente ampia ed indeterminata di soggetti e non solo del singolo e ristretto gruppo di individui che per avventura si trovino a soggiornare nei pressi del luogo dal quale originano gli schiamazzi, i rumori o comunque le emissioni sonore di cui alla predetta norma - è, tuttavia, necessario che siffatta idoneità potenziale alla lesione di una indeterminata pluralità di persone si presenti e sia dimostrata in termini di concreta sussistenza. E' di tutta evidenza che tale dimostrazione, oltre a poter essere data attraverso misurazioni strumentali che, per la loro obbiettiva pregnanza, potranno essere di per sé indicative della idoneità della fonte sonora a diffondersi in termini di intollerabilità, presso un numero imprecisato di soggetti, potrà essere offerta attraverso la analisi di diversi dati fattuali, quali la ubicazione della fonte sonora, in particolare con riferimento al fatto se la stessa si trovi in un luogo isolato ovvero densamente abitato; l'esistenza o meno di un rilevante rumore di fondo che elida in misura più o meno significativa l'idoneità a diffondere i suoi effetti propria della fonte sonora oggetto della ipotesi accusatoria; il fatto che si tratti di una emissione  costante ovvero ripetuta, nel qual caso se siffatta ripetizione soggetta a periodi costanti, più o meno brevi, ovvero se sia occasionale e sporadica. E' sulla base dell'analisi di questi elementi, ed altri di tale genere che sarà compito del giudice del merito di volta in volta enucleare attraverso l'esame del caso di specie, che è possibile verificare nel concreto l'attitudine, ancorché solo potenziale, della fonte sonora ad arrecare, oltre il limite della normale tollerabilità, la lesione della quiete e del riposo di un numero indeterminato di persone,

mercoledì 26 aprile 2017

impugnazione secondo la qualificazione fatta dal giudice

1"impugnazione di un provvedimento giurisdizionale deve essere proposta nelle forme previste dalla legge per la domanda così come è stata qualificata dal giudice, a prescindere dalla correttezza o meno di tale qualificazione, e non come le parti ritengano che debba essere qualificata, costituendo l'interpretazione della domanda giudiziale operazione riservata al giudice del merito (sentt. nn. 30201/08, 4617/11)

mercoledì 22 marzo 2017

speranza: perseveranza e consolazione

la speranza cristiana non è ottimismo, è: la «perseveranza» e la «consolazione» 

La perseveranza (pazienza) : è la capacità di sopportare, portare sopra le spalle, “sop-portare”, di rimanere fedeli, anche quando il peso sembra diventare troppo grande, insostenibile, e saremmo tentati di giudicare negativamente e di abbandonare tutto e tutti. 
La consolazione è la grazia di saper cogliere e mostrare in ogni situazione, anche in quelle maggiormente segnate dalla delusione e dalla sofferenza, la presenza e l’azione compassionevole di Dio. 
La Parola ci rivela che il Signore è davvero «il Dio della perseveranza e della consolazione»  che rimane sempre fedele al suo amore per noi. 
E' perseverante nell’amore con noi, non si stanca di amarci! si prende cura di noi, ricoprendo le nostre ferite con la carezza della sua bontà e della sua misericordia, cioè ci consola. Non si stanca neanche di consolarci.

«Noi, che siamo i forti, abbiamo il dovere di portare le infermità dei deboli, senza compiacere noi stessi» (v. 1). la nostra forza non viene da noi, ma dal Signore. Chi sperimenta nella propria vita l’amore fedele di Dio e la sua consolazione è in grado, anzi, in dovere di stare vicino ai fratelli più deboli e farsi carico delle loro fragilità. Se noi stiamo vicini al Signore, avremo quella fortezza per essere vicini ai più deboli, ai più bisognosi e consolarli e dare forza a loro
Noi  siamo semplicemente come un “canale” che trasmette i doni del Signore; “seminatore” di speranza.
 oggi serve seminare speranza, ma non è facile …

«avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull’esempio di Cristo Gesù» (v. 5). 
La Parola di Dio alimenta una speranza che si traduce concretamente in condivisione, in servizio reciproco. Perché anche chi è “forte” si trova prima o poi a sperimentare la fragilità e ad avere bisogno del conforto degli altri; e viceversa nella debolezza si può sempre offrire un sorriso o una mano al fratello in difficoltà. Ed è una comunità così che “con un solo animo e una voce sola rende gloria a Dio” (cfr v. 6). Ma tutto questo è possibile se si mette al centro Cristo, e la sua Parola, perché Lui è il “forte”, Lui è quello che ci dà la fortezza, che ci dà la pazienza, che ci dà la speranza, che ci dà la consolazione. Lui è il “fratello forte” che si prende cura di ognuno di noi: tutti infatti abbiamo bisogno di essere caricati sulle spalle dal Buon Pastore e di sentirci avvolti dal suo sguardo tenero e premuroso.



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lunedì 20 marzo 2017

CREDITI FORMATIVI AVVOCATO

L’iscritto (avvocato, ...) deve conseguire, nell’arco del triennio formativo, almeno n. 60 Crediti Formativi, di cui n. 9 Crediti Formativi nelle materie obbligatorie di ordinamento e previdenza forensi e deontologia ed etica professionale.
 Ogni anno l’iscritto deve conseguire almeno n. 15 Crediti Formativi, di cui n. 3 Crediti Formativi nelle materie obbligatorie.
È consentita la compensazione dei Crediti Formativi maturati solo nell’ambito del triennio formativo e nella misura massima di n. 5 Crediti Formativi per anno. La compensazione può essere operata tra annualità consecutive all’interno del medesimo triennio formativo. La compensazione è esclusa per la materia di deontologia ed etica professionale 14 .
 Il numero di Crediti Formativi conseguiti in modalità Formazione a distanza o elearning non può superare il limite del quaranta per cento (40%) del totale dei Crediti Formativi

lunedì 6 marzo 2017

vizio procedimento amministrativo e processo giurisdizionale

 l'eventuale vizio di un procedimento amministrativo non ridonda come vizio del processo giurisdizionale ma potrebbe,semmai, dar luogo ad un error in indicando qualora il giudice avesse basato la propria decisione su una prova illegittimamente formatasi , ma ciò non integra gli estremi di un diniego di giustizia e, come tale, non è sindacabile da queste Sezioni unite.http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snciv&id=./20170125/snciv@sU0@a2017@n01916@tS.clean.pdf

venerdì 3 marzo 2017

O IL BENE O IL MALE

Realtà da avere davanti per la  #conversione: la realtà dell’uomo — la realtà della vita — la realtà di Dio e la realtà del cammino.
La realtà dell’uomo: tu sei davanti a una scelta «Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male». Noi uomini siamo davanti a questa realtà: o è il bene, o è il male (...). Ma se il tuo cuore si volge indietro e se tu non ascolti e ti lasci trascinare a prostrarsi davanti ad altri dèi» andrai sulla strada del male.
Sempre possiamo prendere o il bene o il male, c’è la realtà umana della libertà. Dio ci ha fatti liberi, la scelta è nostraLa realtà di Dio: Dio si è fatto Cristo: questa è la realtà e per i discepoli era difficile capire questo. «Gesù disse ai suoi discepoli: “Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno”». Così «Dio ha preso tutta la realtà umana, meno il peccato: non c’è Dio senza Cristo, un Dio senza Cristo, “disincarnato”, è un Dio non reale». Non c’è un Dio senza Cristo». 
la realtà dell’uomo — siamo davanti al bene e al male
la realtà di Dio — Dio si è fatto Cristo — 

la realtà umana: la realtà del cammino».  «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua». Perché «la realtà del cammino è quella di Cristo: seguire Cristo, fare la volontà del Padre, come Lui, prendere le croci di ogni giorno e rinnegare se stesso per seguire Cristo». Questo significa «non fare quello che io voglio, ma quello che vuole Gesù, seguire Gesù». E Lui dice «che su questa strada noi perdiamo la vita per guadagnarla dopo; è un continuo perdere la vita, perdere di fare quello che io voglio, perdere le comodità, essere sempre sulla strada di Gesù che era al servizio degli altri, all’adorazione di Dio: quella è la strada giusta».

Il suggerimento all’inizio della Quaresima: «“Convertitevi” dice il Signore, cioè prendete sul serio queste realtà dell’esperienza umana: la realtà della vita, la realtà di Dio e la realtà del cammino».

sabato 11 febbraio 2017

LA BELLA SIGNORA

MESSAGGIO papa FRANCESCO
XXV GIORNATA MONDIALE DEL MALATO 2017

Stupore per quanto Dio compie: «Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente...» (Lc 1,49)

tale Giornata costituisce un’occasione di attenzione speciale alla condizione degli ammalati e, più in generale, dei sofferenti; e al tempo stesso invita chi si prodiga in loro favore, a partire dai familiari, dagli operatori sanitari e dai volontari, a rendere grazie per la vocazione ricevuta dal Signore di accompagnare i fratelli ammalati. 
... presso la Grotta di Massabielle, dinanzi all’effige della Vergine Immacolata, nella quale l’Onnipotente ha fatto grandi cose per la redenzione dell’umanità, ...
contemplare in Maria, Salute dei malati, la garante della tenerezza di Dio per ogni essere umano e il modello dell’abbandono alla sua volontà; e a trovare sempre nella fede, nutrita dalla Parola e dai Sacramenti, la forza di amare Dio e i fratelli anche nell’esperienza della malattia.
Come santa Bernadette siamo sotto lo sguardo di Maria. L’umile ragazza di Lourdes racconta che la Vergine, da lei definita “la Bella Signora”, la guardava come si guarda una persona. Queste semplici parole descrivono la pienezza di una relazione. Bernadette, povera, analfabeta e malata, si sente guardata da Maria come persona. La Bella Signora le parla con grande rispetto, senza compatimento. Questo ci ricorda che ogni malato è e rimane sempre un essere umano, e come tale va trattato. Gli infermi, come i portatori di disabilità anche gravissime, hanno la loro inalienabile dignità e la loro missione nella vita e non diventano mai dei meri oggetti, anche se a volte possono sembrare solo passivi, ma in realtà non è mai così.
Bernadette, dopo essere stata alla Grotta, grazie alla preghiera trasforma la sua fragilità in sostegno per gli altri, grazie all’amore diventa capace di arricchire il suo prossimo e, soprattutto, offre la sua vita per la salvezza dell’umanità. Il fatto che la Bella Signora le chieda di pregare per i peccatori, ci ricorda che gli infermi, i sofferenti, non portano in sé solamente il desiderio di guarire, ma anche quello di vivere cristianamente la propria vita, arrivando a donarla come autentici discepoli missionari di Cristo. A Bernadette Maria dona la vocazione di servire i malati e la chiama ad essere Suora della Carità, una missione che lei esprime in una misura così alta da diventare modello a cui ogni operatore sanitario può fare riferimento. Chiediamo dunque all’Immacolata Concezione la grazia di saperci sempre relazionare al malato come ad una persona che, certamente, ha bisogno di aiuto, a volte anche per le cose più elementari, ma che porta in sé il suo dono da condividere con gli altri.
Lo sguardo di Maria, Consolatrice degli afflitti, illumina il volto della Chiesa nel suo quotidiano impegno per i bisognosi e i sofferenti. I frutti preziosi di questa sollecitudine della Chiesa per il mondo della sofferenza e della malattia sono motivo di ringraziamento al Signore Gesù, il quale si è fatto solidale con noi, in obbedienza alla volontà del Padre e fino alla morte in croce, perché l’umanità fosse redenta. La solidarietà di Cristo, Figlio di Dio nato da Maria, è l’espressione dell’onnipotenza misericordiosa di Dio che si manifesta nella nostra vita – soprattutto quando è fragile, ferita, umiliata, emarginata, sofferente – infondendo in essa la forza della speranza che ci fa rialzare e ci sostiene.
Tanta ricchezza di umanità e di fede non deve andare dispersa, ma piuttosto aiutarci a confrontarci con le nostre debolezze umane e, al contempo, con le sfide presenti in ambito sanitario e tecnologico.
... contribuire alla diffusione di una cultura rispettosa della vita, della salute e dell’ambiente; un rinnovato impulso a lottare per il rispetto dell’integralità e della dignità delle persone, anche attraverso un corretto approccio alle questioni bioetiche, alla tutela dei più deboli e alla cura dell’ambiente.

O Maria, nostra Madre,
che in Cristo accogli ognuno di noi come figlio,
sostieni l’attesa fiduciosa del nostro cuore,
soccorrici nelle nostre infermità e sofferenze,
guidaci verso Cristo tuo figlio e nostro fratello,
e aiutaci ad affidarci al Padre che compie grandi cose.
A tutti voi assicuro il mio costante ricordo nella preghiera e vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica.
8 dicembre 2016, Festa dell’Immacolata Concezione

Francesco

martedì 7 febbraio 2017

CON TUTTO IL CUORE

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA QUARESIMA 2017

La Parola è un dono. L’altro è un dono


la Quaresima è un nuovo inizio, una strada che conduce verso una meta sicura: 
la Pasqua di Risurrezione
la vittoria di Cristo sulla morte. 
è un invito alla conversione: tornare a Dio «con tutto il cuore» (Gl 2,12), per non accontentarsi di una vita mediocre, ma crescere nell’amicizia con il Signore. Gesù è l’amico fedele che non ci abbandona mai, perché, anche quando pecchiamo, attende con pazienza il nostro ritorno a Lui ... 
La Quaresima è il momento favorevole per intensificare la vita dello spirito attraverso...: il digiuno, la preghiera e l’elemosina. 
Siamo invitati ad ascoltare e meditare con maggiore assiduità. 
la parabola dell’uomo ricco e del povero Lazzaro ...ci offre la chiave per comprendere come agire per raggiungere la vera felicità e la vita eterna, esortandoci ad una sincera conversione.
1. L’altro è un dono
La parabola comincia presentando i due personaggi principali, ma è il povero che viene descritto in maniera più dettagliata: egli si trova in una condizione disperata e non ha la forza di risollevarsi, giace alla porta del ricco e mangia le briciole che cadono dalla sua tavola, ha piaghe in tutto il corpo e i cani vengono a leccarle (cfr vv. 20-21). Il quadro dunque è cupo, e l’uomo degradato e umiliato.
...il povero si chiama Lazzaro:  significa «Dio aiuta».  Mentre per il ricco egli è come invisibile, per noi diventa noto e quasi familiare, diventa un volto; e, come tale, un dono, una ricchezza inestimabile, un essere voluto, amato, ricordato da Dio, anche se la sua concreta condizione è quella di un rifiuto umano 
Lazzaro ci insegna che l’altro è un dono. La giusta relazione con le persone consiste nel riconoscerne con gratitudine il valore. Anche il povero alla porta del ricco non è un fastidioso ingombro, ma un appello a convertirsi e a cambiare vita. 
Il primo invito che ci fa questa parabola è quello di aprire la porta del nostro cuore  all’altro, perché ogni persona è un dono, sia il nostro vicino sia il povero sconosciuto. 
La Quaresima è un tempo propizio per aprire la porta ad ogni bisognoso e riconoscere in lui o in lei il volto di Cristo. Ognuno di noi ne incontra sul proprio cammino. Ogni vita che ci viene incontro è un dono e merita accoglienza, rispetto, amore. La Parola di Dio ci aiuta ad aprire gli occhi per accogliere la vita e amarla, soprattutto quando è debole. Ma per poter fare questo è necessario prendere sul serio anche quanto il Vangelo ci rivela a proposito dell’uomo ricco.
2. Il peccato ci acceca il ricco non ha un nome. La sua opulenza si manifesta negli abiti che indossa, di un lusso esagerato. In lui si intravede drammaticamente la corruzione del peccato, che si realizza in tre momenti successivi: l’amore per il denaro, la vanità e la superbia 
Dice l’apostolo Paolo che «l’avidità del denaro è la radice di tutti i mali» (1 Tm 6,10). Essa è il principale motivo della corruzione e fonte di invidie, litigi e sospetti. Il denaro può arrivare a dominarci, così da diventare un idolo tirannico . Invece di essere uno strumento al nostro servizio per compiere il bene ed esercitare la solidarietà con gli altri, il denaro può asservire noi e il mondo intero ad una logica egoistica che non lascia spazio all’amore e ostacola la pace.
La cupidigia del ricco lo rende vanitoso. Ma l’apparenza maschera il vuoto interiore. La sua vita è prigioniera dell’esteriorità, della dimensione più superficiale ed effimera dell’esistenza .
Il gradino più basso di questo degrado morale è la superbia. 
L’uomo ricco si veste come se fosse un re, simula il portamento di un dio, dimenticando di essere semplicemente un mortale. Per l’uomo corrotto dall’amore per le ricchezze non esiste altro che il proprio io, e per questo le persone che lo circondano non entrano nel suo sguardo. Il frutto dell’attaccamento al denaro è dunque una sorta di cecità: il ricco non vede il povero affamato, piagato e prostrato nella sua umiliazione.
«Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza» (Mt 6,24).
3. La Parola è un dono
«Ricordati che sei polvere e in polvere tornerai». Il ricco e il povero, infatti, muoiono entrambi e la parte principale della parabola si svolge nell’aldilà. I due personaggi scoprono improvvisamente che «non abbiamo portato nulla nel mondo e nulla possiamo portare via» (1 Tm 6,7).
Anche il nostro sguardo si apre all’aldilà, dove il ricco ha un lungo dialogo con Abramo, che chiama «padre» (Lc 16,24.27), dimostrando di far parte del popolo di Dio. Questo particolare rende la sua vita ancora più contraddittoria, perché finora non si era detto nulla della sua relazione con Dio. In effetti, nella sua vita non c’era posto per Dio, l’unico suo dio essendo lui stesso.
Solo tra i tormenti dell’aldilà il ricco riconosce Lazzaro e vorrebbe che il povero alleviasse le sue sofferenze con un po’ di acqua. I gesti richiesti a Lazzaro sono simili a quelli che avrebbe potuto fare il ricco e che non ha mai compiuto. Abramo, tuttavia, gli spiega: «Nella vita tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti» (v. 25). Nell’aldilà si ristabilisce una certa equità e i mali della vita vengono bilanciati dal bene.
la radice dei  mali del ricco è il non prestare ascolto alla Parola di Dio; questo lo ha portato a non amare più Dio e quindi a disprezzare il prossimo. La Parola di Dio è una forza viva, capace di suscitare la conversione nel cuore degli uomini e di orientare nuovamente la persona a Dio. Chiudere il cuore al dono di Dio che parla ha come conseguenza il chiudere il cuore al dono del fratello.
...sappiamo aprire le nostre porte al debole e al povero. Allora potremo vivere e testimoniare in pienezza la gioia della Pasqua.
Dal Vaticano, 18 ottobre 2016
Festa di San Luca Evangelista
Francesco

AMARE DI PIU'


«O Signore, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra,
 Signore, che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi? Il figlio dell’uomo, perché te ne curi?»»  salmo 8 
«Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza. Domini sui pesci del mare, gli uccelli...”. E Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. E li benedisse e disse loro: “Siate fecondi, moltiplicatevi; riempite la Terra; soggiogatela; dominate sui pesci del mare...”». 
«Dio dà tutto all’uomo. E la creazione dell’uomo e della donna è l’incoronazione di tutta la creazione del mondo, è il fine». 
«cosa ci dà Dio? Prima di tutto  ci ha dato il dna, cioè ci ha fatto figli, ci ha creati a sua immagine, a sua immagine e somiglianza, come lui». ....
 Dio «ci ha dato questa identità di figli». Addirittura possiamo dire: «Siamo “come dei”, perché siamo figli di Dio». E Dio «è contento, perché ha sulla terra un figlio, come ne ha un altro in cielo. È felice il Signore: “È molto buono”, dice a se stesso». Questa, quindi, è la prima cosa che Dio ha dato all’uomo nella creazione.
Le seconda è insieme un «dono» e un «compito». 
Ci ha dato tutta la terra: «Domini sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». E Dio dice agli uomini: «riempite la terra, soggiogatela, dominate sui pesci del mare e su ogni essere vivente». Dio, cioè, «ha dato la regalità: è un re, l’uomo. È quello che domina. Così lo vuole il Signore: non lo vuole schiavo, lo vuole signore». E cosa comporta questa signoria? Comporta «il compito di portare avanti il Creato», cioè «un lavoro».
«Come DIO ha lavorato nella creazione, ha dato a noi il lavoro, ha dato il lavoro di portare avanti il creato. Non di distruggerlo; ma di farlo crescere, di curarlo, di custodirlo e farlo portare frutto avanti». 
la terza cosa che ha dato è l’amore. Dio dice: «Non è buono che l’uomo viva da solo. E ha fatto la compagna». ...
ringraziamo il Signore per questi tre regali che ci ha dato: l’identità, il dono-compito e l’amore. E chiediamo la grazia di custodire questa identità di figli, di lavorare sul dono che ci ha dato e portare avanti con il nostro lavoro questo dono, e la grazia di imparare ogni giorno ad amare di più». 
PAPA FRANCESCO martedì, 7 febbraio 2017



AMORE E LIBERTA'

 «Sei tanto grande, Signore, mio Dio! Sei tanto grande!» (Salmo 103)  lodiamo il Signore , per la creazione, tanto grande; «il Padre lavora per fare questa meraviglia della creazione  e per fare col Figlio questa meraviglia della ri-creazione; per fare quel passaggio dal caos al cosmo, dal disordine all’ordine, dal peccato alla grazia».

«Ma perché Dio ha voluto creare il mondo?»: Dio amava, nella sua pienezza amava; nella sua comunicazione, fra le tre Persone, amava e non aveva bisogno di più». 
ma se Dio «non aveva bisogno, perché ha creato il mondo?». 
perché Dio «ha creato il mondo?». La risposta da dare è questa: «Semplicemente per condividere la sua pienezza, per avere qualcuno al quale dare e col quale condividere la sua pienezza». In una parola, «per dare».
«il dono soltanto si riceve con la libertà»
«Sei grande Signore, Ti voglio tanto bene, perché mi hai dato questo dono, mi hai salvato, mi hai creato»:
 «quando tu diventi schiavo dell’amore sei libero: è una bella schiavitù
il Signore ci faccia capire questa cosa grande e ci faccia capire quello che lui faceva prima di creare il mondo: amava. Ci faccia capire il suo amore verso di noi e noi possiamo dire “Sei tanto grande, Signore, grazie, grazie!”». E «andiamo avanti così».
 PAPA FRANCESCO 

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVII, n.30, 07/02/2017)
Lunedì, 6 febbraio 2017

martedì 17 gennaio 2017

SIATE CORAGGIOSI

Il cristiano, consapevole che «Dio non delude», deve sempre avere «orizzonti aperti» alla speranza. Anche di fronte alle avversità non deve rimanere «parcheggiato» o «pigro», senza la «voglia di andare avanti».

Nella Scrittura si dice: «Che ciascuno di voi dimostri lo zelo,  “il coraggio per andare avanti” e questo zelo vi porterà al compimento fino alla fine». 
Ci vuole «coraggio, per andare avanti senza vergogna», la «vita coraggiosa è quella del cristiano».

I cristiani pigri, i cristiani che non hanno la voglia di andare avanti, i cristiani che non lottano per fare le cose che cambiano, le cose nuove, le cose che ci farebbero bene a tutti, sono cristiani parcheggiati, questi cristiani fermi, non lottano.

Un cristiano pigro non ha speranza.
La speranza, quella speranza che non delude, che va oltre è «un’ancora sicura e salda per la nostra vita». Dunque «la speranza è l’ancora: l’abbiamo buttata e noi siamo aggrappati alla corda». Ma non per restare fermi: «La speranza è lottare, aggrappato alla corda, per arrivare là». E «nella lotta di tutti i giorni» la speranza «è una virtù di orizzonti, non di chiusura». 
La SPERANZA ci consente di vivere «sempre guardando avanti con coraggio».


I cristiani devono essere «coraggiosi», avere il «coraggio per andare avanti».