giovedì 5 maggio 2016

La preghiera è “la vera medicina per la nostra sofferenza”

Nel momento “dello smarrimento, della commozione e del pianto” emerge nel cuore di Cristo la preghiera al Padre.
Così anche noi, pregando, “possiamo sentire la presenza di Dio, che “ci consola”, “ci sostiene” e infonde “speranza”.
Anche oggi capita di scorgere la tristezza “su tanti volti che incontriamo”:
Quante lacrime vengono versate ad ogni istante nel mondo; una diversa dall’altra; e insieme formano come un oceano di desolazione, che invoca pietà, compassione, consolazione. 
Le più amare sono quelle provocate dalla malvagità umana: le lacrime di chi si è visto strappare violentemente una persona cara; lacrime di nonni, di mamme e papà, di bambini”.
Ci sono occhi che spesso rimangono “fissi sul tramonto” e stentano a vedere “l’alba di un giorno nuovo”:
“Abbiamo bisogno di misericordia, della consolazione che viene dal Signore. Tutti ne abbiamo bisogno; è la nostra povertà ma anche la nostra grandezza: invocare la consolazione di Dio che con la sua tenerezza viene ad asciugare le lacrime sul nostro volto”.
“Nei momenti di tristezza, nella sofferenza della malattia, nell’angoscia della persecuzione e nel dolore del lutto”, ognuno cerca una parola di consolazione, sentendo “forte” il bisogno di qualcuno che “ci stia vicino e provi compassione per noi”. Ci sentiamo “disorientati, confusi” e la “mente si riempie di domande”, ma le risposte non arrivano: “La ragione da sola non è capace di fare luce nell’intimo, di cogliere il dolore che proviamo e fornire la risposta che attendiamo. In questi momenti, abbiamo più bisogno delle ragioni del cuore, le uniche in grado di farci comprendere il mistero che circonda la nostra solitudine”.
Storie di vita, bagnate da lacrime e asciugate dalla fede.
Nel dolore, ha detto papa Francesco “non siamo soli”, perché Gesù “sa cosa significa piangere per la perdita di una persona amata”. Le Sue lacrime hanno lavato tante anime, hanno lenito tante ferite.
“Il pianto di Gesù è l’antidoto contro l’indifferenza per la sofferenza dei miei fratelli. Quel pianto insegna a fare mio il dolore degli altri, a rendermi partecipe del disagio e della sofferenza di quanti vivono nelle situazioni più dolorose. Mi scuote per farmi percepire la tristezza e la disperazione di quanti si sono visti perfino sottrarre il corpo dei loro cari, e non hanno più neppure un luogo dove poter trovare consolazione. Il pianto di Gesù non può rimanere senza risposta da parte di chi crede in Lui”.
Come Gesù consola, “così noi siamo chiamati a consolare, perché “la forza dell’amore trasforma la sofferenza nella certezza della vittoria di Cristo e nostra con Lui”, attraverso Maria che, “con il suo manto lei asciuga le nostre lacrime” e “ci accompagna nel cammino della speranza”. 

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