La gioia del cuore del Padre, che dice: «Facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato» (vv. 23-24).
Il padre lo abbraccia, lo aspetta con amore.
l’unica cosa che il padre ha a cuore è che questo figlio sia davanti a lui sano e salvo e questo lo fa felice e fa festa: «Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò» (v. 20).
Quanta tenerezza; lo vide da lontano... quel figlio che aveva combinato di tutto, ma il padre lo aspettava. Che cosa bella la tenerezza del padre!
La misericordia del padre è traboccante, incondizionata, e si manifesta ancor prima che il figlio parli. ...
L’abbraccio e il bacio di suo papà gli fanno capire che è stato sempre considerato figlio, nonostante tutto.
La nostra condizione di figli di Dio è frutto dell’amore del cuore del Padre; non dipende dai nostri meriti o dalle nostre azioni, e quindi nessuno può togliercela, neppure il diavolo! Nessuno può toglierci questa dignità.
Questa parola di Gesù ci incoraggia a non disperare mai.
… In qualunque situazione della vita, non devo dimenticare che non smetterò mai di essere figlio di Dio, essere figlio di un Padre che mi ama e attende il mio ritorno. Anche nella situazione più brutta della vita, Dio mi attende, Dio vuole abbracciarmi, Dio mi aspetta.
Nella parabola c’è un altro figlio, il maggiore; anche lui ha bisogno di scoprire la misericordia del padre. Lui è sempre rimasto a casa, ma è così diverso dal padre! Le sue parole mancano di tenerezza: «Ecco io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando… ma ora che è tornato questo tuo figlio…» (vv. 29-30).
Povero padre! Un figlio se n’era andato, e l’altro non gli è mai stato davvero vicino!
La sofferenza del padre è come la sofferenza di Dio, la sofferenza di Gesù quando noi ci allontaniamo o perché andiamo lontano o perché siamo vicini ma senza essere vicini.
Il figlio maggiore, anche lui ha bisogno di misericordia. I giusti, quelli che si credono giusti, hanno anche loro bisogno di misericordia.
... Gesù ci ricorda che nella casa del Padre non si rimane per avere un compenso, ma perché si ha la dignità di figli corresponsabili. Non si tratta di “barattare” con Dio, ma di stare alla sequela di Gesù che ha donato sé stesso sulla croce senza misura.
«Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo, ma bisognava far festa e rallegrarsi» (v. 31). Così dice il Padre al figlio maggiore. La sua logica è quella della misericordia! Il figlio minore pensava di meritare un castigo a causa dei propri peccati, il figlio maggiore si aspettava una ricompensa per i suoi servizi. I due fratelli non parlano fra di loro, vivono storie differenti, ma ragionano entrambi secondo una logica estranea a Gesù: se fai bene ricevi un premio, se fai male vieni punito; e questa non è la logica di Gesù, non lo è! Questa logica viene sovvertita dalle parole del padre: «Bisognava far festa e rallegrarsi perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato» (v. 31). Il padre ha recuperato il figlio perduto, e ora può anche restituirlo a suo fratello! Senza il minore, anche il figlio maggiore smette di essere un “fratello”. La gioia più grande per il padre è vedere che i suoi figli si riconoscano fratelli.
I figli possono decidere se unirsi alla gioia del padre o rifiutare. Devono interrogarsi sui propri desideri e sulla visione che hanno della vita.
Tutti abbiamo bisogno di entrare nella casa del Padre e partecipare alla sua gioia, alla sua festa della misericordia e della fraternità. Fratelli e sorelle, apriamo il nostro cuore, per essere “misericordiosi come il Padre”!
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