venerdì 20 dicembre 2013

Custodire il mistero col silenzio

Solo il silenzio custodisce il mistero del cammino che l'uomo compie con Dio. 
Nella storia della salvezza, non il clamore né la platealità, ma l’ombra e il silenzio sono i “luoghi” in cui Dio ha scelto di manifestarsi all’uomo. Confini evanescenti da cui il suo mistero ha preso di volta in volta una forma visibile, ha preso carne. “Il Signore sempre ha avuto cura del mistero e ha coperto il mistero. Non ha fatto pubblicità del mistero. Un mistero che fa pubblicità di sé non è cristiano, non è il mistero di Dio: è una finta di mistero! E questo è quello che è accaduto alla Madonna qui, quando riceve suo Figlio: il mistero della sua maternità verginale è coperto. E’ coperto tutta la vita! E Lei lo sapeva. Quest’ombra di Dio, nella nostra vita, ci aiuta a scoprire il nostro mistero: il nostro mistero dell’incontro col Signore, il nostro mistero del cammino della vita col Signore”.
“Ognuno di noi  sa come misteriosamente opera il Signore nel nostro cuore, nella nostra anima”. “Questa nube in noi, nella nostra vita si chiama silenzio: il silenzio è proprio la nube che copre il mistero del nostro rapporto col Signore, della nostra santità e dei nostri peccati. Questo mistero che non possiamo spiegare. Ma quando non c’è silenzio nella vita nostra, il mistero si perde, va via. Custodire il mistero col silenzio! Quella è la nube, quella è la potenza di Dio per noi, quella è la forza dello Spirito Santo”.La Madre di Gesù è stata la perfetta icona del silenzio. Dall’annuncio della sua eccezionale maternità al Calvario. Quante volte ha taciuto e quante volte non ha detto quello che sentiva per custodire il mistero del rapporto con suo Figlio, fino al silenzio più crudo ai piedi della Croce “Maria era silenziosa, ma dentro il suo cuore, quante cose diceva al Signore! con questo silenzio ha lasciato che questo mistero potesse crescere e fiorire nella speranza”.
“Il silenzio è quello che custodisce il mistero”, per cui il mistero “del nostro rapporto con Dio, del nostro cammino, della nostra salvezza –non può essere messo all’aria, pubblicizzato". Che il Signore "ci dia a tutti la grazia di amare il silenzio, di cercarlo e avere un cuore custodito dalla nube del silenzio”.

Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/12/20/il_papa:_il_mistero_del_nostro_incontro_con_dio_si_comprende_in_un/it1-757278
del sito Radio Vaticana 

Natale incontro con Gesù che viene nella nostra storia di gioia e dolori


20 dicembre 2013 alle ore 16.36

Natale di Gesù, festa della fiducia e della speranza, che supera l’incertezza e il pessimismo.

 E la ragione della nostra speranza è questa: Dio è con noi e Dio si fida ancora di noi!
E' generoso questo Dio Padre! Egli viene ad abitare con gli uomini, sceglie la terra come sua dimora per stare insieme all’uomo e farsi trovare là dove l’uomo trascorre i suoi giorni nella gioia o nel dolore.
 Pertanto, la terra non è più soltanto una “valle di lacrime”, ma è il luogo dove Dio stesso ha posto la sua tenda, è il luogo dell’incontro di Dio con l’uomo, della solidarietà di Dio con gli uomini.
Dio ha voluto condividere la nostra condizione umana al punto da farsi una cosa sola con noi nella persona di Gesù, che è vero uomo e vero Dio. Ma c’è qualcosa di ancora più sorprendente.
Egli ha scelto di abitare la nostra storia così com’è, con tutto il peso dei suoi limiti e dei suoi drammi.
Il Natale di Gesù è la manifestazione che Dio si è “schierato” una volta per tutte dalla parte dell’uomo, per salvarci, per risollevarci dalla polvere delle nostre miserie, delle nostre difficoltà, dei nostri peccati.
Da qui viene il grande “regalo” del Bambino di Betlemme: Lui ci porta un’energia spirituale, un'energia che ci aiuta a non sprofondare nelle nostre fatiche, nelle nostre disperazioni, nelle nostre tristezze, perché è un’energia che riscalda e trasforma il cuore.
La nascita di Gesù, infatti, ci porta la bella notizia che siamo amati immensamente e singolarmente da Dio, e questo amore non solo ce lo fa conoscere, ma ce lo dona, ce lo comunica!
Nel Natale Dio si rivela non come uno che sta in alto e che domina l’universo, ma come Colui che si abbassa, discende sulla terra piccolo e povero, significa che per essere simili a Lui noi non dobbiamo metterci al di sopra degli altri, ma anzi abbassarci, metterci al servizio, farci piccoli con i piccoli e poveri con i poveri.
Se Dio, per mezzo di Gesù, si è coinvolto con l’uomo al punto da diventare come uno di noi, vuol dire che qualunque cosa avremo fatto a un fratello o a una sorella l’avremo fatta a Lui. Ce lo ha ricordato lo stesso Gesù: chi avrà nutrito, accolto, visitato, amato uno dei più piccoli e dei più poveri tra gli uomini, avrà fatto ciò al Figlio di Dio.
Affidiamoci alla materna intercessione di Maria, Madre di Gesù e nostra, perché ci aiuti in questo Santo Natale, ormai vicino, a riconoscere nel volto del nostro prossimo, specialmente delle persone più deboli ed emarginate, l’immagine del Figlio di Dio fatto uomo.
Udienza generale 18.12.2013 papa Francesco

giovedì 19 dicembre 2013

Tu solo puoi, io solo non posso!

“L’umiltà è necessaria per la fecondità, lA superbia che ci rende sterili. 
“Il Signore interviene nella vita  per dirci: ‘Io sono capace di dare vita’. Nei Profeti c’è l’immagine del deserto, la terra deserta incapace di far crescere un albero, un frutto, di far germogliare qualcosa. ‘Ma il deserto sarà come una foresta - dicono i Profeti - sarà grande, fiorirà’. Ma il deserto può fiorire? Sì. La donna sterile può dare vita? Sì. Quella promessa del Signore: Io posso! Io posso dalla secchezza, dalla secchezza vostra, far crescere la vita, la salvezza! Io posso dall’aridità far crescere i frutti!” 

E la salvezza è lìintervento di Dio che ci fa fecondi, che ci dà la capacità di dare vita”. Riconoscere la nostra secchezza, la nostra incapacità di dare vita. Chiedere: ‘Signore, io voglio essere fecondo. Io voglio che la mia vita dia vita, che la mia fede sia feconda e vada avanti e possa darla agli altri’. ‘Signore, io sono sterile, io non posso, Tu puoi. Io sono un deserto: io non posso, Tu puoi’”. 
            L’umiltà di dire al Signore: ‘Signore, sono sterile, sono un deserto’ e ripetere in questi giorni quelle belle antifone che la Chiesa ci fa pregare: ‘O figlio di David, o Adonai, o Sapienza o radice di Jesse, o Emmanuel, vieni a darci vita, vieni a salvarci, perché Tu solo puoi, io solo non posso!’ E con questa umiltà, l’umiltà del deserto, l’umiltà di anima sterile, ricevere la grazia, la grazia di fiorire, di dare frutto e di dare vita”.


Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/12/19/papa_francesco:_l%E2%80%99umilt%C3%A0_ci_rende_fecondi,_la_superbia_sterili/it1-756914
del sito Radio Vaticana 

martedì 17 dicembre 2013

noi siamo il cognome di Dio

Dio mai ci lascia soli, ma sempre cammina con noi. 
 genealogia di Gesù nel brano del Vangelo è pura storia e ha un argomento importante. E’ pura storia, perché Dio, come diceva San Leone Papa, Dio ha inviato il suo Figlio. E Gesù è consustanziale al Padre, Dio, ma anche consustanziale alla Madre, una donna. E questa è quella consustanzialità della Madre. Dio si è fatto storia. Dio ha voluto farsi storia. E’ con noi. Ha fatto il cammino con noi”. 

Dopo il primo peccato nel Paradiso, “Lui ha avuto questa idea: fare il cammino con noi”. Ha chiamato Abramo, “il primo nominato in questa lista” e “lo ha invitato a camminare”. E Abramo “ha incominciato quel cammino”. E poi Isacco Giacobbe, Giuda. “E così va questo cammino nella storia”. Dio cammina con il suo popolo. Dio non ha voluto venire a salvarci senza storia. Lui ha voluto fare storia con noi”. Una storiache va dalla santità al peccato. In questo elenco ci sono santi ma anche i peccatori”:

“I peccatori di alto livello, che hanno fatto peccati grossi. E Dio ha fatto storia con loro. Peccatori, che non hanno risposto a tutto quello che Dio pensava per loro. Pensiamo a Salomone, tanto grande, tanto intelligente, e finì, poveraccio, lì, che non sapeva come si chiamava! Ma Dio era con lui. E questo è il bello, no? Dio è consustanziale a noi. Fa storia con noi. Di più: quando Dio vuol dire chi è, dice ‘Io sono il Dio di Abramo, di Isacco e Giacobbe’. Ma qual è il cognome di Dio? Siamo noi, ognuno di noi. Lui prende da noi il nome per farlo il suo cognome. ‘Io sono il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, di Pedro, di Marietta, di Armony, di Marisa, di Simone, di tutti!’ Da noi prende il cognome. Il cognome di Dio è ognuno di noi”.

“Lui, il nostro Dio ha fatto storia con noi, ha preso il cognome dal nostro nome”, “si è lasciato scrivere la storia da noi”. “Noi scriviamo questa storia di grazia e peccato e Lui va dietro a noi”. Questa è l’umiltà di Dio, la pazienza di Dio, l’amore di Dio. E’ nostro, questo fa commuovere. “Tanto amore, tanta tenerezza, di avere un Dio così”: 

“La sua gioia è stata condividere la sua vita con noi. Il Libro della Sapienza dice che la gioia del Signore è fra i figli dell’uomo, con noi. Avvicinandosi il Natale, viene da pensare: se Lui ha fatto la sua storia con noi, se Lui ha preso il suo cognome da noi, se Lui ha lasciato che noi scrivessimo la sua storia, almeno lasciamo, noi, che Lui ci scriva la nostra storia. E quella è la santità: ‘Lasciare che il Signore ci scriva la nostra storia’. E questo è un augurio di Natale per tutti noi. Che il Signore ti scriva la storia e che tu lasci che Lui te la scriva. Così sia!”


Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/12/17/la_messa_mattutina_con_il_personale_di_santa_marta,_gli_auguri_al/it1-756283
del sito Radio Vaticana 

lunedì 16 dicembre 2013

promessa del passato; contemplazione del presente; coraggio per il futuro

Quando manca la profezia nella Chiesa, manca la vita stessa di Dio e ha il sopravvento il clericalismo.
Il profeta è colui che ascolta le parole di Dio, sa vedere il momento e proiettarsi sul futuro. “Ha dentro di sé questi tre momenti”: il passato, il presente e il futuro:
“Il passato: il profeta è cosciente della promessa e ha nel suo cuore la promessa di Dio, l’ha viva, la ricorda, la ripete. Poi guarda il presente, guarda il suo popolo e sente la forza dello Spirito per dirgli una parola che lo aiuti ad alzarsi, a continuare il cammino verso il futuro. Il profeta è un uomo di tre tempi: promessa del passato; contemplazione del presente; coraggio per indicare il cammino verso il futuro. E il Signore sempre ha custodito il suo popolo, con i profeti, nei momenti difficili, nei momenti nei quali il Popolo era scoraggiato o era distrutto, quando il Tempio non c’era, quando Gerusalemme era sotto il potere dei nemici, quando il popolo si domandava dentro di sé: ‘Ma Signore tu ci ha promesso questo! E adesso cosa succede?’”. 

E’ quello che “è successo nel cuore della Madonna  quando era ai piedi della Croce”. In questi momenti “è necessario l’intervento del profeta. E non sempre il profeta è ricevuto, tante volte è respinto. Lo stesso Gesù dice ai Farisei che i loro padri hanno ucciso i profeti, perché dicevano cose che non erano piacevoli: dicevano la verità, ricordavano la promessa! E quando nel popolo di Dio manca la profezia manca la vita del Signore!”. “Quando non c’è profezia la forza cade sulla legalità”, ha il sopravvento il legalismo. Così, nel Vangelo i “sacerdoti sono andati da Gesù a chiedere la cartella di legalità: ‘Con quale autorità fai queste cose? Noi siamo i padroni del Tempio!’”. “Non capivano le profezie. Avevano dimenticato la promessa! Non sapevano leggere i segni del momento, non avevano né occhi penetranti, né udito della Parola di Dio: soltanto avevano l’autorità!”: 

“Quando nel popolo di Dio non c’è profezia, il vuoto che lascia quello viene occupato dal clericalismo: è proprio questo clericalismo che chiede a Gesù: ‘Con quale autorità fai tu queste cose? Con quale legalità?’. E la memoria della promessa e la speranza di andare avanti vengono ridotte soltanto al presente: né passato, né futuro speranzoso. Il presente è legale: se è legale vai avanti”.

Ma quando regna il legalismo, la Parola di Dio non c’è e il popolo di Dio che crede, piange nel suo cuore, perché non trova il Signore: gli manca la profezia. Piange “come piangeva la mamma Anna, la mamma di Samuele, chiedendo la fecondità del popolo, la fecondità che viene dalla forza di Dio, quando Lui ci risveglia la memoria della sua promessa e ci spinge verso il futuro, con la speranza. Questo è il profeta! Questo è l’uomo dall’occhio penetrante e che ode le parole di Dio”:

“La nostra preghiera in questi giorni, nei quali ci prepariamo al Natale del Signore, sia: ‘Signore, che non manchino i profeti nel tuo popolo!’. Tutti noi battezzati siamo profeti. ‘Signore, che non dimentichiamo la tua promessa! Che non ci stanchiamo di andare avanti! Che non ci chiudiamo nelle legalità che chiudono le porte! Signore, libera il tuo popolo dalla spirito del clericalismo e aiutalo con lo spirito di profezia’”. 


Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/12/16/papa_francesco:_quando_nella_chiesa_manca_la_profezia,_c%C3%A8_il/it1-755982
del sito Radio Vaticana 

giovedì 5 dicembre 2013

le parole cristiane senza Cristo ingannano

Chi pronuncia parole cristiane senza Cristo, cioè senza metterle in pratica, fa male a se stesso e agli altri, perché è vinto dall’orgoglio e causa divisione, anche nella Chiesa.
Ascoltare e mettere in pratica la parola del Signore è come costruire la casa sulla roccia. 
 Gesù rimproverava i farisei di conoscere i comandamenti ma di non realizzarli nella loro vita: “sono parole buone”, ma se non sono messe in pratica “non solo non servono, ma fanno male: ci ingannano, ci fanno credere che noi abbiamo una bella casa, ma senza fondamenta”. 
Isaia dice: ‘Confidate nel Signore sempre, perché il Signore è una roccia eterna!’. La roccia è Gesù Cristo! La roccia è il Signore! Una parola è forte, dà vita, può andare avanti, può tollerare tutti gli attacchi, se questa parola ha le sue radici in Gesù Cristo. Una parola cristiana che non ha le sue radici vitali, nella vita di una persona, in Gesù Cristo, è una parola cristiana senza Cristo! E le parole cristiane senza Cristo ingannano, fanno male! 
“Una parola cristiana senza Cristo ti porta alla vanità, alla sicurezza di te stesso, all’orgoglio, al potere per il potere. E il Signore abbatte queste persone. Questa è una costante nella storia della Salvezza. Lo dice Anna, la mamma di Samuele; lo dice Maria nel Magnificat: il Signore abbatte la vanità, l’orgoglio di quelle persone che si credono di essere roccia. Queste persone che soltanto vanno dietro una parola, ma senza Gesù Cristo: una parola cristiana pure, ma senza Gesù Cristo, senza il rapporto con Gesù Cristo, senza la preghiera con Gesù Cristo, senza il servizio a Gesù Cristo, senza l’amore a Gesù Cristo. Questo è quello che il Signore oggi ci dice: di costruire la nostra vita su questa roccia e la roccia è Lui”.
“Ci farà bene fare un esame di coscienza  per capire “come sono le nostre parole”, se sono parole “che credono di essere potenti”, capaci “di darci la salvezza”, o se “sono parole con Gesù Cristo”: 

“Mi riferisco alle parole cristiane, perché quando non c’è Gesù Cristo anche questo ci divide fra di noi, fa la divisione nella Chiesa. Chiedere al Signore la grazia di aiutarci in questa umiltà, che dobbiamo avere sempre, di dire parole cristiane in Gesù Cristo, non senza Gesù Cristo. Con questa umiltà di essere discepoli salvati e di andare avanti non con parole che, per credersi potenti, finiscono nella pazzia della vanità, nella pazzia dell’orgoglio. Che il Signore ci dia questa grazia dell’umiltà di dire parole con Gesù Cristo, fondate su Gesù Cristo!”.


Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/12/05/papa_francesco:_ascoltare_e_non_mettere_in_pratica_la_parola_di_dio/it1-752888
del sito Radio Vaticana 

mercoledì 4 dicembre 2013

Siamo in cammino verso la Resurrezione

«Credo la risurrezione della carne».
 “verità non semplice e tutt’altro che ovvia, perché, vivendo immersi in questo mondo, non è facile comprendere le realtà future. Ma il Vangelo ci illumina: la nostra risurrezione è strettamente legata alla risurrezione di Gesù; il fatto che Egli è risorto è la prova che esiste la risurrezione dei morti
 rapporto tra la risurrezione di Cristo e la nostra risurrezione. Lui è risorto! E perché Lui è risorto, anche noi risusciteremo!”.

“la stessa Sacra Scrittura contiene un cammino verso la fede piena nella risurrezione dei morti. Questa si esprime come fede in Dio creatore di tutto l’uomo - anima e corpo -, e come fede in Dio liberatore, il Dio fedele all’alleanza con il suo popolo. Il profeta Ezechiele, in una visione, contempla i sepolcri dei deportati che vengono riaperti e le ossa aride che tornano a vivere grazie all’infusione di uno spirito vivificante. Questa visione esprime la speranza nella futura “risurrezione di Israele”, cioè nella rinascita del popolo sconfitto e umiliato (cfr Ez 37,1-14)”. 

“Gesù, nel Nuovo Testamento, porta a compimento questa rivelazione, e lega la fede nella risurrezione alla sua stessa persona e dice: «Io sono la risurrezione e la vita» (Gv 11,25). 
sarà Gesù Signore che risusciterà nell’ultimo giorno quanti avranno creduto in Lui. Gesù è venuto tra noi, si è fatto uomo come noi in tutto, eccetto il peccato; in questo modo ci ha presi con sé nel suo cammino di ritorno al Padre. Egli, il Verbo incarnato, morto per noi e risorto, dona ai suoi discepoli lo Spirito Santo come caparra della piena comunione nel suo Regno glorioso, che attendiamo vigilanti. Questa attesa è la fonte e la ragione della nostra speranza: una speranza che, se coltivata e custodita, la nostra speranza se noi la coltiviamo e la custodiamo diventa luce per illuminare la nostra storia personale e anche la storia comunitaria. 
siamo discepoli di Colui che è venuto, viene ogni giorno e verrà alla fine. 
Se riuscissimo ad avere più presente questa realtà, saremmo meno affaticati dal quotidiano, meno prigionieri dell’effimero e più disposti a camminare con cuore misericordioso sulla via della salvezza”.

“che cosa significa risuscitare? La risurrezione DI tutti noi  avverrà nell’ultimo giorno, alla fine del mondo, ad opera della onnipotenza di Dio, il quale restituirà la vita al nostro corpo riunendolo all’anima, in forza della risurrezione di Gesù. E questa è la spiegazione fondamentale, perché Gesù è Risorto, noi risusciteremo. Noi abbiamo speranza nella resurrezione, perché Lui ci ha aperto la porta: ci ha aperto la porta a questa resurrezione”. E questa trasformazione, questa trasfigurazione del nostro corpo viene preparata in questa vita dal rapporto con Gesù nei Sacramenti, specialmente l’Eucaristia. Noi che in questa vita ci siamo nutriti del suo Corpo e del suo Sangue risusciteremo come Lui, con Lui e per mezzo di Lui. Come Gesù è risorto con il suo proprio corpo, ma non è ritornato ad una vita terrena, così noi risorgeremo con i nostri corpi che saranno trasfigurati in corpi gloriosi, corpi spirituali”. 
Noi crediamo che Gesù è Risorto, che Gesù è vivo in questo momento.
 E se Gesù è vivo, voi pensate che Gesù ci lascerà morire e non ci risusciterà? No! Lui ci aspetta. E poiché Lui è risorto, la forza della sua resurrezione risusciterà tutti noi!”.

“E già in questa vita noi abbiamo una partecipazione alla Risurrezione di Cristo. Se è vero che Gesù ci risusciterà alla fine dei tempi, è anche vero che, per un certo aspetto, con Lui già siamo risuscitati. La vita eterna incomincia già in questo momento … E già siamo resuscitati! Infatti, mediante il Battesimo, siamo inseriti nella morte e risurrezione di Cristo e partecipiamo alla vita nuova” che è la sua vita. “Pertanto, in attesa dell’ultimo giorno, abbiamo in noi stessi un seme di risurrezione, quale anticipo della risurrezione piena che riceveremo in eredità. Per questo anche il corpo di ciascuno di noi è risonanza di eternità, quindi va sempre rispettato; e soprattutto va rispettata e amata la vita di quanti soffrono, perché sentano la vicinanza del Regno di Dio, di quella condizione di vita eterna verso la quale camminiamo”. 
 “questo pensiero ci dà speranza! Siamo in cammino verso la Resurrezione. E questa è la nostra gioia: un giorno trovare Gesù, incontrare Gesù e tutti insieme, tutti insieme  ma gioiosi con Gesù. E questo è il nostro destino!”.


Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/12/04/udienza_generale._il_papa:_noi_risorgeremo_perch%C3%A9_ges%C3%B9_%C3%A8_risorto/it1-752515
del sito Radio Vaticana 

martedì 3 dicembre 2013

pace e gioia

La Chiesa deve essere sempre gioiosa come Gesù. una gioia che dona la vera pace. Pace e gioia. 
“Noi pensiamo sempre a Gesù quando predicava, quando guariva, quando camminava, andava per le strade, anche durante l’Ultima Cena… Ma non siamo tanto abituati a pensare a Gesù sorridente, gioioso. Gesù era pieno di gioia. In quella intimità con suo Padre: ‘Esultò di gioia nello Spirito Santo e lodò il Padre’. E’ proprio il mistero interno di Gesù, quel rapporto con il Padre nello Spirito. E’ la sua gioia interna, la sua gioia interiore che Lui dà a noi”. 

“E questa gioia è la vera pace: non è una pace statica, quieta, tranquilla”. No, “la pace cristiana è una pace gioiosa, perché il nostro Signore è gioioso”. E, anche, è gioioso “quando parla del Padre: ama tanto il Padre che non può parlare del Padre senza gioia”. Il nostro Dio,  “è gioioso”. E Gesù “ha voluto che la sua sposa, la Chiesa, anche lei fosse gioiosa”: 

“Non si può pensare una Chiesa senza gioia e la gioia della Chiesa è proprio questo: annunciare il nome di Gesù. Dire: ‘Lui è il Signore. Il mio sposo è il Signore. E’ Dio. Lui ci salva, Lui cammina con noi’. E quella è la gioia della Chiesa, che in questa gioia di sposa diventa madre. Paolo VI diceva: la gioia della Chiesa è proprio evangelizzare, andare avanti e parlare del suo Sposo. E anche trasmettere questa gioia ai figli che lei fa nascere, che lei fa crescere”. 

una pace “rumorosa, nella lode, una pace feconda nella maternità di nuovi figli”. Una pace, ha detto ancora Papa Francesco, “che viene proprio nella gioia della lode alla Trinità e della evangelizzazione, di andare ai popoli a dire chi è Gesù”. 
“Anche nelle cose tanto serie Gesù è gioioso, la Chiesa è gioiosa. Deve essere gioiosa. Anche nella sua vedovanza - perché la Chiesa ha una parte di vedova che aspetta il suo sposo che torni - anche nella sua vedovanza, la Chiesa è gioiosa nella speranza. Il Signore ci dia a tutti noi questa gioia, questa gioia di Gesù, lodando il Padre nello Spirito. Questa gioia della nostra madre Chiesa nell’evangelizzare, nell’annunziare il suo Sposo”.

Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/12/03/il_papa:_impensabile_una_chiesa_senza_gioia,_annunciare_cristo_col/it1-752110 
del sito Radio Vaticana 

lunedì 2 dicembre 2013

prepararsi al Natale con la preghiera, la carità e la lode

Il Natale è un incontro! E camminiamo per incontrarlo: incontrarlo col cuore, con la vita; incontrarlo vivente, come Lui è; incontrarlo con fede. E non è facile vivere con la fede. 

Ma più che essere noi ad incontrare il Signore è importante “lasciarci incontrare da Lui”:

“Quando noi soltanto incontriamo il Signore, siamo noi  i padroni di questo incontro; ma quando noi ci lasciamo incontrare da Lui, è Lui che entra dentro di noi, è Lui che ci rifà tutto di nuovo, perché questa è la venuta, quello che significa quando viene il Cristo: rifare tutto di nuovo, rifare il cuore, l’anima, la vita, la speranza, il cammino. Noi siamo in cammino con fede, con la fede di questo centurione, per incontrare il Signore e principalmente per lasciarci incontrare da Lui!”.

Ma occorre il cuore aperto: perché Lui incontri me! E mi dica quello che Lui vuol dirmi, che non sempre è quello che io voglio che mi dica! Lui è il Signore e Lui mi dirà quello ha per me, perché il Signore non ci guarda tutti insieme, come una massa. No, no! Ci guarda ognuno in faccia, negli occhi, perché l’amore non è un amore così, astratto: è amore concreto! Da persona a persona: il Signore persona mi guarda a me persona. Lasciarci incontrare dal Signore è proprio questo: lasciarci amare dal Signore!”. 

Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/12/02/papa_francesco:_natale_%C3%A8_lasciarsi_incontrare_da_ges%C3%B9_col_cuore/it1-751781 
del sito Radio Vaticana 

2 dicembre 1943

riccorre oggi il 70imo anniversario del bombardamento nel porto di Bari.http://it.wikipedia.org/wiki/Bombardamento_di_Bari
un ricordo alle oltre 1000 vittime.
Ma in modo particolare al soldato Giuseppe SCARPA. Morì a 27 anni.
Nonno che .non
 ho conosciuto. Giovane che ha lasciato vedova nonna Pasqua, ed orfani i suoi piccolissimi figli, papà Luigi e zia Rosa. Anch'io, mi sento vittima di quella guerra. Penso a quel giovane soldato che non ha goduto del suo matrimonio. Non ha visto i suoi figli crescere. Non ha conosciuto i suoi nipoti. Mai più la guerra, se si pensa che le vittime non sono solo coloro che perdono la vita a causa delle bombe, ma vittime sono anche le persone che non potranno godere di quell'uomo diventato mio nonno senza poterci abbracciare. mai più la guerra.

venerdì 29 novembre 2013

un pensiero secondo Dio

Il cristiano pensa secondo Dio e per questo rifiuta il pensiero debole ed uniforme.
Per capire i segni dei tempi, un cristiano non può pensare solo con la testa, ma anche con il cuore e con lo spirito che ha dentro. 
‘Stolti e tardi di cuore’… chi non capisce le cose di Dio è una persona così. Il Signore vuole che noi capiamo cosa succede: cosa succede nel mio cuore, nella mia vita,  nel mondo, nella storia… Cosa significa questo che accade adesso? Questi sono i segni dei tempi! Invece, lo spirito del mondo ci fa altre proposte, perché lo spirito del mondo non ci vuole popolo: ci vuole massa, senza pensiero, senza libertà”. San Paolo, “lo spirito del mondo ci tratta come se noi non avessimo la capacità di pensare da noi stessi; ci tratta come persone non libere”: 
“Il pensiero uniforme, il pensiero uguale, il pensiero debole, un pensiero così diffuso. Lo spirito del mondo non vuole che noi ci chiediamo davanti a Dio: 'Ma perché questo, perché quell’altro, perché accade questo?'. O anche ci propone un pensiero prêt-à-porter, secondo i propri gusti: ‘Io penso come mi piace!’. 
Quello che lo spirito del mondo non vuole è questo che Gesù ci chiede: il pensiero libero, il pensiero di un uomo e di una donna che sono parte del popolo di Dio e la salvezza è stata proprio questa! Pensate ai profeti… ‘Tu non eri mio popolo, adesso ti dico popolo mio’: così dice il Signore. E questa è la salvezza: farci popolo, popolo di Dio, avere libertà”. 

“E Gesù  ci chiede di pensare liberamente, pensare per capire cosa succede”. La verità,  è che “da soli non possiamo! Abbiamo bisogno dell’aiuto del Signore”. Ne abbiamo bisogno “per capire i segni dei tempi.

Lo Spirito Santo ci dà questo regalo, un dono: l’intelligenza per capire e non perché altri mi dicano cosa succede”: “Qual è la strada che il Signore vuole? Sempre con lo spirito di intelligenza per capire i segni dei tempi. E’ bello chiedere al Signore Gesù questa grazia, che ci invii il suo spirito di intelligenza, perché noi non abbiamo un pensiero debole, non abbiamo un pensiero uniforme e non abbiamo un pensiero secondo i propri gusti: soltanto abbiamo un pensiero secondo Dio. Con questo pensiero, che è un pensiero di mente, di cuore e di anima. Con questo pensiero, che è dono dello Spirito, cercare cosa significano le cose e capire bene i segni dei tempi”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/29/il_papa:_il_cristiano_non_cede_al_%E2%80%9Cpensiero_debole%E2%80%9D,_ma_pensa_secondo/it1-750981
del sito Radio Vaticana 

giovedì 28 novembre 2013

Adorare fino alla fine

Nella lotta finale tra Dio e il Male, c’è una grande insidia, “la tentazione universale”. La tentazione di cedere alle lusinghe di chi vorrebbe averla vinta su Dio, avendo la meglio su chi crede in Lui. Ma proprio chi crede ha un riferimento limpido cui guardare. È la storia di Gesù, con le prove patite nel deserto e poi le “tante” sopportate nella sua vita pubblica, condite da “insulti” e “calunnie”, fino all’affronto estremo, la Croce, dove però il principe del mondo perde la sua battaglia davanti alla Risurrezione del Principe della pace. 
“Quando Gesù parla di questa calamità in un altro brano ci dice che sarà una profanazione del tempio, una profanazione della fede, del popolo: sarà la abominazione, sarà la desolazione della abominazione. Cosa significa quello? Sarà come il trionfo del principe di questo mondo: la sconfitta di Dio. Lui sembra che in quel momento finale di calamità, sembra che si impadronirà di questo mondo, sarà il padrone del mondo”. 
Ecco il cuore della “prova finale”: la profanazione della fede. Che tra l’altro è ben evidente da ciò che patisce il profeta Daniele, gettato nella fossa dei leoni per aver adorato Dio invece che il re. Dunque, “la desolazione della abominazione” ha un nome preciso, “il divieto di adorazione”:

“Non si può parlare di religione, è una cosa privata, no? Di questo pubblicamente non si parla. I segni religiosi sono tolti. Si deve obbedire agli ordini che vengono dai poteri mondani. Si possono fare tante cose, cose belle, ma non adorare Dio. Divieto di adorazione. Questo è il centro di questa fine. E quando arrivi alla pienezza – al ‘kairos’ di questo atteggiamento pagano, quando si compie questo tempo – allora sì, verrà Lui: ‘E vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria’. I cristiani che soffrono tempi di persecuzione, tempi di divieto di adorazione sono una profezia di quello che ci accadrà a tutti”.
nel momento in cui i “tempi dei pagani sono stati compiuti” è quello il momento di alzare il capo, perché è “vicina” la “vittoria di Gesù Cristo”:

“Non abbiamo paura, soltanto Lui ci chiede fedeltà e pazienza. Fedeltà come Daniele, che è stato fedele al suo Dio e ha adorato Dio fino alla fine. E pazienza, perché i capelli della nostra testa non cadranno. Così ha promesso il Signore. Questa settimana ci farà bene pensare a questa apostasia generale, che si chiama divieto di adorazione e domandarci: ‘Io adoro il Signore? Io adoro Gesù Cristo, il Signore? O un po’ metà e metà, faccio il gioco del principe di questo mondo?’. Adorare fino alla fine, con fiducia e fedeltà: questa è la grazia che dobbiamo chiedere questa settimana”.



Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/28/il_papa:_la_fede_non_%C3%A8_un_fatto_privato,_adorare_dio_fino_alla_fine,/it1-750683
del sito Radio Vaticana 

mercoledì 27 novembre 2013

Briciole di sapienza III

titoli dei post precedenti, cliccando sul link è possibile rileggerli



Chi pratica la misericordia non teme la morte

La morte  riguarda tutti, ci interroga in modo profondo, specialmente quando ci tocca da vicino, o quando colpisce i piccoli, gli indifesi in una maniera che ci risulta ‘scandalosa’.
perché soffrono i bambini?, perché muoiono i bambini? 
Se viene intesa come la fine di tutto, la morte spaventa, atterrisce, si trasforma in minaccia che infrange ogni sogno, ogni prospettiva, che spezza ogni relazione e interrompe ogni cammino. 
Questo capita quando consideriamo la nostra vita come un tempo rinchiuso tra due poli: la nascita e la morte; quando non crediamo in un orizzonte che va oltre quello della vita presente; quando si vive come se Dio non esistesse. Questa concezione della morte è tipica del pensiero ateo, che interpreta l’esistenza come un trovarsi casualmente nel mondo e un camminare verso il nulla. Ma esiste anche un ateismo pratico, che è un vivere solo per i propri interessi, vivere solo per le cose terrene
Se ci lasciamo prendere da questa visione sbagliata della morte, non abbiamo altra scelta che quella di occultare la morte, di negarla, o di banalizzarla, perché non ci faccia paura”. 

"Ma a questa falsa soluzione  si ribella il 'cuore' dell’uomo, il desiderio che tutti noi abbiamo di infinito, la nostalgia che tutti noi abbiamo dell’eterno
Qual è il senso cristiano della morte? 
Anche nel dramma della perdita, anche lacerati dal distacco, sale dal cuore la convinzione che non può essere tutto finito, che il bene dato e ricevuto non è stato inutile. C’è un istinto potente dentro di noi, che ci dice che la nostra vita non finisce con la morte. La nostra vita non finisce con la morte! 
Questa sete di vita ha trovato la sua risposta reale e affidabile nella risurrezione di Gesù Cristo. La risurrezione di Gesù non dà soltanto la certezza della vita oltre la morte, ma illumina anche il mistero stesso della morte di ciascuno di noi. Se viviamo uniti a Gesù, fedeli a Lui, saremo capaci di affrontare con speranza e serenità anche il passaggio della morte. La Chiesa infatti prega: «Se ci rattrista la certezza di dover morire, ci consola la promessa dell’immortalità futura»
Una persona tende a morire come è vissuta. Se la mia vita è stata un cammino con il Signore, di fiducia nella sua immensa misericordia, sarò preparato ad accettare il momento ultimo della mia esistenza terrena come il definitivo abbandono confidente nelle sue mani accoglienti, in attesa di contemplare faccia a faccia il suo volto”. 
contemplare faccia a faccia quel volto meraviglioso del Signore. Vederlo come Lui è: bello, pieno di luce, pieno di amore, pieno di tenerezza. Noi andiamo fino a questo punto: trovare il Signore”.
“In questo orizzonte si comprende l’invito di Gesù ad essere sempre pronti, vigilanti, sapendo che la vita in questo mondo ci è data anche per preparare l’altra vita, quella con il Padre celeste
E per questo c’è una via sicura: prepararsi bene alla morte, stando vicino a Gesù: quella è la sicurezza. Io mi preparo alla morte stando vicino a Gesù. E come si sta vicino a Gesù? Con la preghiera, nei Sacramenti e anche nella pratica della carità. Ricordiamo che Lui è presente nei più deboli e bisognosi. Lui stesso si è identificato con loro, nella famosa parabola del giudizio finale, quando dice: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi. …Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,35-36.40). Una via sicura è recuperare il senso della carità cristiana e della condivisione fraterna, prenderci cura delle piaghe corporali e spirituali del nostro prossimo”.
“La solidarietà nel compatire il dolore e infondere speranza è premessa e condizione per ricevere in eredità quel Regno preparato per noi. Chi pratica la misericordia non teme la morte. 
E perché non teme la morte? Perché la guarda in faccia nelle ferite dei fratelli, e la supera con l’amore di Gesù Cristo. Se apriremo la porta della nostra vita e del nostro cuore ai fratelli più piccoli, allora anche la nostra morte diventerà una porta che ci introdurrà al cielo, alla patria beata, verso cui siamo diretti, anelando di dimorare per sempre con il nostro Padre Dio, con Gesù, con la Madonna e con i santi”.


Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/27/udienza_generale._il_papa:_chi_pratica_la_misericordia_non_teme_la/it1-750359
del sito Radio Vaticana 

martedì 26 novembre 2013

discernimento, preghiera e speranza

L’uomo può credersi sovrano del momento, ma solo Cristo è padrone del tempo. 
la preghiera la virtù per discernere ogni singolo momento della vita e 
la speranza in Gesù quella per guardare alla fine del tempo. 
Due consigli, per capire lo scorrere del presente e prepararsi alla fine dei tempi: preghiera e speranza. 
La preghiera, assieme al discernimento, aiuta a decifrare i singoli momenti della vita e a orientarli a Dio. 
La speranza è il faro a lunga gittata che illumina l’ultimo approdo, quello di una singola vita e insieme – in senso escatologico – quello della fine dei tempi. 
 Gesù spiega ai fedeli nel Tempio che nemmeno il peggiore dei drammi dovrà gettare nella disperazione chi crede in Dio. 
 è differente vivere nel momento e differente è vivere nel tempo”:

“E il cristiano è un uomo o una donna che sa vivere nel momento e che sa vivere nel tempo. Il momento è quello che noi abbiamo in mano adesso: ma questo non è il tempo, questo passa! Forse noi possiamo sentirci padroni del momento, ma l’inganno è crederci padroni del tempo: il tempo non è nostro, il tempo è di Dio! Il momento è nelle nostre mani e anche nella nostra libertà di come prenderlo. E di più: noi possiamo diventare sovrani del momento, ma del tempo soltanto c’è un sovrano, un solo Signore, Gesù Cristo.”.
 Gesù dice che non bisogna lasciarsi “ingannare nel momento”, perché ci sarà chi approfitterà della confusione per presentarsi come Cristo. “ll cristiano, che è un uomo o una donna del momento, deve avere quelle due virtù, quei due atteggiamenti per vivere il momento: la preghiera e il discernimento”. E distingue:

“E per conoscere i veri segni, per conoscere la strada che devo prendere in questo momento è necessario il dono del discernimento e la preghiera per farlo bene. Invece per guardare il tempo, del quale soltanto il Signore è padrone, Gesù Cristo, noi non possiamo avere nessuna virtù umana. La virtù per guardare il tempo deve essere data, regalata dal Signore: è la speranza! Preghiera e discernimento per il momento; speranza per il tempo”.

“E così il cristiano si muove in questa strada, momento dopo momento, con la preghiera e il discernimento, ma lascia il tempo alla speranza":

“Il cristiano sa aspettare il Signore in ogni momento, ma spera nel Signore alla fine dei tempi. Uomo e donna di momento e di tempo: di preghiera e discernimento, e di speranza. Ci dia il Signore la grazia di camminare con la saggezza, che anche è un dono di Lui: la saggezza che nel momento ci porti a pregare e discernere. E nel tempo, che è il messaggero di Dio, ci faccia vivere con speranza”


Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/26/il_papa:_il_momento_%C3%A8_delluomo,_il_tempo_%C3%A8_di_dio_ed_%C3%A8_lui_che_lo/it1-750023
del sito Radio Vaticana 

lunedì 25 novembre 2013

fare scelte definitive

Affidarsi al Signore, anche nelle situazioni limite. 
 i cristiani sono chiamati a scelte definitive, come ci insegnano i martiri di ogni tempo. 
 i giovani ebrei schiavi alla corte di Nabucodonosor e la vedova che va al Tempio ad adorare il Signore. In entrambe i casi, sono al limite: la vedova in condizione di miseria, i giovani in quella di schiavitù. 
La vedova getta tutto quello che aveva sul tesoro del Tempio, 
i giovani restano fedeli al Signore a rischio della vita:

"Tutti e due – la vedova e i giovani – hanno rischiato. Nel loro rischio hanno scelto per il Signore, con un cuore grande, senza interesse personale, senza meschinità. Non avevano un atteggiamento meschino. Il Signore, il Signore è tutto. Il Signore è Dio e si affidarono al Signore. E questo non l’hanno fatto per una forza  fanatica, no: 'Questo dobbiamo farlo Signore', no! C’è un’altra cosa: si sono affidati, perché sapevano che il Signore è fedele. Si sono affidati a quella fedeltà che sempre c’è, perché il Signore non può mutarsi, non può: sempre è fedele, non può non essere fedele, non può rinnegare se stesso”. 

“Anche nella Chiesa, nella storia della Chiesa si trovano uomini, donne, anziani, giovani, che fanno questa scelta. Quando noi sentiamo la vita dei martiri, quando noi leggiamo sui giornali le persecuzioni contro i cristiani, oggi, pensiamo a questi fratelli e sorelle in situazioni limite, che fanno questa scelta. Loro vivono in questo tempo. Loro sono un esempio per noi e ci incoraggiano a gettare sul tesoro della Chiesa tutto quello che abbiamo per vivere”. 

Il Signore aiuta i giovani ebrei in schiavitù ad uscire dalle difficoltà e anche la vedova viene aiutata dal Signore. C’è la lode di Gesù per lei e dietro la lode c’è anche una vittoria: 

“Ci farà bene pensare a questi fratelli e sorelle che, in tutta la nostra storia, anche oggi, fanno scelte definitive. Ma anche pensiamo a tante mamme, a tanti padri di famiglia che ogni giorno fanno scelte definitive per andare avanti con la loro famiglia, con i loro figli. E questo è un tesoro nella Chiesa. Loro ci danno testimonianza, e davanti a tanti che ci danno testimonianza chiediamo al Signore la grazia del coraggio, del coraggio di andare avanti nella nostra vita cristiana, nelle situazioni abituali, comuni, di ogni giorno e anche nelle situazioni limite”.


Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/25/il_papa:_i_cristiani_facciano_scelte_definitive,_come_testimoniano_i/it1-749673
del sito Radio Vaticana 

testimoniare fede a chi è povero di fede

La fede è “il cardine” dell’esperienza di un cristiano, che è chiamato a testimoniarla verso chiunque non abbia ricevuto questo dono e abbia bisogno di speranza. 

“Questo è importante, direi essenziale! Soprattutto aprirsi a quanti sono più poveri di fede e di speranza nella loro vita. Parliamo tanto di povertà, ma non sempre pensiamo ai poveri di fede: ce ne sono tanti… Sono tante le persone che hanno bisogno di un gesto umano, di un sorriso, di una parola vera, di una testimonianza attraverso la quale cogliere la vicinanza di Gesù Cristo. Non manchi a nessuno questo segno di amore e di tenerezza che nasce dalla fede”. 
“siamo testimoni che la fede in Cristo è capace di scaldare i cuori, diventando realmente la forza motrice della nuova evangelizzazione”. 
“Essa è la vena inesauribile di tutto il nostro agire, in famiglia, al lavoro, in parrocchia, con gli amici, nei vari ambienti sociali. E questa fede salda, genuina, si vede specialmente nei momenti di difficoltà e di prova: allora il cristiano si lascia prendere in braccio da Dio, e si stringe a Lui, con la sicurezza di affidarsi ad un amore forte come roccia indistruttibile. Proprio nelle situazioni di sofferenza, se ci abbandoniamo a Dio con umiltà, noi possiamo dare una buona testimonianza”.

venerdì 22 novembre 2013

noi tempio dello Spirito adoriamo Dio?

l tempio è un luogo sacro in cui ciò che più importa non è la ritualità, ma “adorare il Signore”. 
L'uomo  “tempio dello Spirito Santo” è chiamato ad ascoltare dentro di sé Dio, a chiederGli perdono e a seguirlo. 
Il Tempio è la casa di pietra dove un popolo custodisce la sua anima davanti a Dio. Ma Tempio sacro è anche il corpo di un singolo individuo, in cui Dio parla e il cuore ascolta. 
“Il Tempio è il luogo dove la comunità va a pregare, a lodare il Signore, a rendere grazie, ma soprattutto ad adorare: nel Tempio si adora il Signore. E questo è il punto più importante. Anche, questo è valido per le cerimonie liturgiche:  Più importante è l’adorazione: tutta al comunità riunita guarda l’altare dove si celebra il sacrificio e adora. Noi cristiani forse abbiamo perso un po’ il senso della adorazione, e pensiamo: andiamo al Tempio, ci raduniamo come fratelli – quello è buono, è bello! – ma il centro è lì dove è Dio. E noi adoriamo Dio”.

“I nostri templisono luoghi di adorazione, favoriscono l’adorazione? Le nostre celebrazioni favoriscono l’adorazione?”. Gesù scaccia gli “affaristi” che avevano preso il Tempio per un luogo di traffici piuttosto che di adorazione. Ma c’è un altro “Tempio” e un’altra sacralità da considerare nella vita di fede:

“San Paolo ci dice che noi siamo templi dello Spirito Santo. Io sono un tempio. Lo Spirito di Dio è in me. E anche ci dice: ‘Non rattristate lo Spirito del Signore che è dentro di voi!’. E anche qui, forse non possiamo parlare come prima dell’adorazione, ma di una sorta di adorazione che è il cuore che cerca lo Spirito del Signore dentro di sé e sa che Dio è dentro di sé, che lo Spirito Santo è dentro di sé. Lo ascolta e lo segue”.
Certo la sequela di Dio presuppone una continua purificazione, “perché siamo peccatori”,  "Purificarci con la preghiera, con la penitenza, con il Sacramento della riconciliazione, con l’Eucaristia". E così, “in questi due templi – il tempio materiale, il luogo di adorazione, e il tempio spirituale dentro di me, dove abita lo Spirito Santo – in questi due templi il nostro atteggiamento deve essere la pietà che adora e ascolta, che prega e chiede perdono, che loda il Signore”:

“E quando si parla della gioia del Tempio, si parla di questo: tutta la comunità in adorazione, in preghiera, in rendimento di grazie, in lode. Io in preghiera con il Signore, che è dentro di me perché io sono ‘tempio’. Io in ascolto, io in disponibilità. Che il Signore ci conceda questo vero senso del Tempio, per potere andare avanti nella nostra vita di adorazione e di ascolto della Parola di Dio”.


Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/22/papa_francesco:_nel_tempio_non_si_va_a_celebrare_un_rito_ma_ad/it1-748874
del sito Radio Vaticana 

briciole di sapienza II