sabato 22 dicembre 2018

REVOCAZIONE

“nel processo amministrativo il rimedio della revocazione ha natura straordinaria e l'errore di deve rispondere a tre requisiti: a) derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l'organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto fattuale, ritenendo così un fatto documentale escluso, ovvero inesistente un fatto documentale provato; b) attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato; c) essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò un rapporto di causalità tra l'erronea presupposizione e la pronuncia stessa; inoltre, l'errore deve apparire con immediatezza ed essere di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche; esso è configurabile nell'attività preliminare del giudice, relativa alla lettura ed alla percezione degli atti acquisiti al processo quanto alla loro esistenza ed al loro significato letterale, ma non coinvolge la successiva attività d'interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande e delle eccezioni, ai fini della formazione del convincimento; in sostanza l'errore di fatto, eccezionalmente idoneo a fondare una domanda di revocazione, è configurabile solo riguardo all'attività ricognitiva di lettura e di percezione degli atti acquisiti al processo, quanto a loro esistenza e a loro significato letterale, per modo che del fatto vi siano due divergenti rappresentazioni, quella emergente dalla sentenza e quella emergente dagli atti e dai documenti processuali; ma non coinvolge la successiva attività di ragionamento e apprezzamento, cioè di interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande, delle eccezioni e del materiale probatorio, ai fini della formazione del convincimento del giudice (cfr. ancora Consiglio di Stato, Ad. Plen., 27 luglio 2016, n. 21).

martedì 11 dicembre 2018

no a Mandato Arresto Europeo in caso di gravidanza

Si premette che la gravidanza costituisce motivo ostativo alla consegna in caso di Mae esecutivo (articolo 18, lett. S, I. 69/2005) senza alcuna eccezione, prevista per la sola ipotesi del Mae processuale.

lunedì 15 ottobre 2018

persona svantaggiata e tutela patrimonio artistico

....L'orientamento giurisprudenziale relativo agli articoli 4 e 5 della legge n. 13 del 1989, la prevalenza dell’interesse alla protezione della persona svantaggiata di fronte alla tutela del patrimonio artistico, interesse che può soccombere solo in casi eccezionali; da tale prevalenza deriva per l’Amministrazione “un onere motivazionale particolarmente intenso circa il serio pregiudizio per il bene storico-artistico derivante dall’intervento di eliminazione delle barriere architettoniche”. Inoltre, sotto il profilo soggettivo, “la normativa di favore di cui alla legge n. 13 del 1989 si applica anche quando si tratti di persone anziane le quali, pur non essendo portatrici di disabilità vere e proprie, soffrano comunque di disagi fisici e di difficoltà motorie. La legge in questione infatti, in base ad un'interpretazione costituzionalmente orientata, esprime il principio secondo il quale i problemi delle persone affette da una qualche specie di invalidità devono essere assunti dall'intera collettività, e in tal senso ha imposto in via generale che nella costruzione di edifici privati e nella ristrutturazione di quelli preesistenti, le barriere architettoniche siano eliminate indipendentemente dalla effettiva utilizzazione degli edifici stessi da parte di persone disabili, trattandosi comunque di garantire diritti fondamentali” (Consiglio di Stato n. 4824 del 18 ottobre 2017)”.
La legge n. 13 del 9 gennaio 1989, "Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati", all’art. 1 indica espressamente le opere considerate necessarie per favorire il superamento o eliminare tali barriere (da realizzare obbligatoriamente nella costruzione di nuovi edifici e nella ristrutturazione di interi edifici), tra cui, alla lettera d), “l'installazione, nel caso di immobili con più di tre livelli fuori terra, di un ascensore per ogni scala principale raggiungibile mediante rampe prive di gradini”.
Ai sensi degli articoli 4 e 5 della medesima legge, qualora la realizzazione di tali interventi avvenga su immobili soggetti a vincolo, la competente soprintendenza è tenuta a provvedere entro centoventi giorni dalla presentazione della domanda, anche impartendo, ove necessario, apposite prescrizioni; la mancata pronuncia nel termine equivale ad assenso; l'autorizzazione può essere negata solo ove non sia possibile realizzare le opere senza serio pregiudizio del bene tutelato; il diniego deve essere motivato con la specificazione della natura e della serietà del pregiudizio, della sua rilevanza in rapporto al complesso in cui l'opera si colloca e con riferimento a tutte le alternative eventualmente prospettate dall'interessato.
“In una valutazione comparativa fra diversi interessi di forte rilevanza sociale, il legislatore ha ritenuto che gli interventi di natura edilizia volti a favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche, negli edifici privati che sono sottoposti a disposizioni di tutela per il loro particolare interesse paesaggistico o storico artistico, possono essere non consentiti, dalle amministrazioni cui spetta l'esercizio delle funzioni di tutela, solo se recano un serio pregiudizio al bene tutelato. Per effetto delle indicate disposizioni può essere, pertanto, anche ammesso un pregiudizio ad un bene che è tutelato, per il suo particolare valore paesaggistico o storico-artistico, tenuto conto del rilievo sociale che assumono (anche) le opere necessarie ad eliminare le barriere architettoniche, purché tale pregiudizio non sia serio e quindi non comprometta in modo rilevante il bene tutelato. Alle amministrazioni che esercitano le funzioni di tutela spetta quindi il delicato compito di valutare la rilevanza del pregiudizio che il bene tutelato potrebbe subire per effetto dell'intervento edilizio progettato al fine di eliminare le barriere architettoniche. Tale attività valutativa si connota peraltro di una sua peculiarità rispetto alle valutazioni che sono da tali amministrazioni normalmente compiute nell'esercizio del loro potere/dovere di tutela, perché, quando l'intervento edilizio è progettato al fine di eliminare le barriere architettoniche, le amministrazioni di tutela possono ritenere possibili anche interventi in grado di arrecare un pregiudizio (purché non sia rilevante) al bene tutelato e consentire, quindi, anche una parziale alterazione di un bene che altrimenti non potrebbe essere alterato (Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 marzo 2016, n. 905)”.
...il legislatore, “nel bilanciamento degli interessi in gioco inerenti da una parte alla tutela del patrimonio storico ed artistico nazionale e dall'altra alla salvaguardia dei diritti alla salute ed al normale svolgimento della vita di relazione e socializzazione dei soggetti in minorate condizioni fisiche - espressamente tutelati dagli artt. 3, comma 2, e 32 della Costituzione - ha inteso dare prevalenza ai menzionati diritti della persona relegando il diniego dell'autorizzazione ai soli casi di accertato e motivato serio pregiudizio del bene vincolato. Se da un lato non vige un principio di superabilità e derogabilità assoluta e automatica dei vincoli posti a tutela del patrimonio culturale, da un altro le valutazioni negative devono farsi carico della presenza del serio pregiudizio, da rapportare alle concrete caratteristiche del bene protetto. Ne consegue che l'Amministrazione, per dar luogo a una pronuncia negativa della domandata autorizzazione, deve identificare ed esternare gli elementi che caratterizzano il pregiudizio e la sua serietà, in concreto rapporto alle caratteristiche proprie del bene culturale in cui l'intervento andrebbe a collocarsi” (Tar Lazio, II quater, 25 luglio 2017, n. 8928; 2 marzo 2018 n. 2343).

mercoledì 14 febbraio 2018

subappalto


Pubblicato il 07/02/2018
N. 00164/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00497/2016 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 497 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
“Consorzio Cooperative Costruzioni – CCC Società Cooperativa”, in persona del legale rappresentante p.t., in proprio e quale mandataria del R.T.I. con Aleandri S.p.a.. e “Consorzio Integra Società Cooperativa”, in qualità di affittuaria del ramo d’azienda del primo, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dagli avvocati Rocco De Franchi e Marco Lancieri, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Marco Lancieri, in Bari, via Vito Nicola De Nicolò, n. 7; 
contro
ANAS S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari, presso la quale è domiciliata, in Bari, via Melo, n. 97;
ANAS S.p.a. – Compartimento di Viabilità per la Puglia, non costituito in giudizio; 
per l'annullamento
- della nota ANAS S.p.a. – Compartimento di Viabilità per la Puglia, DIRAMM- U-.O. Gare e Contratti, prot. CBA-0003303-P del 9 febbraio 2016 recante concessione di estensione dell’autorizzazione al subappalto per l'esecuzione di opere di pavimentazione stradale limitatamente al minimo importo di € 1.181.741,37 in luogo di quello maggiore richiesto, pari ad € 3.348.944,79;
- la nota ANAS S.p.a. – Compartimento di Viabilità per la Puglia, DIRAMM- U-.O. Gare e Contratti, prot. CBA-0008727-P del 29 marzo 2016 recante riscontro richiesta di chiarimenti di cui alla nota del Consorzio Cooperative Costruzioni del 12 febbraio 2016;
- di ogni altro atto o provvedimento lesivo, quantunque non noto, comunque connesso, preordinato e conseguente, ivi compreso “il parere della competente Area Tecnica Nuove Costruzioni in data 7 gennaio 2016” ed il “Prospetto” da questo trasmesso, inerente il computo “dell’importo per subappalti già autorizzati nella categoria prevalente OG3”, allo stato non conosciuto;
nonché per il risarcimento,
per equivalente monetario, dei danni subiti e subendi per effetto dei provvedimenti impugnati;
e sui motivi aggiunti depositati in data 14 ottobre 2016:
- della nota ANAS S.p.a. – Compartimento di Viabilità per la Puglia, DIRAMM- U-.O. Gare e Contratti, prot. CBA-00020290-P del 15 luglio 2016, comunicata via PEC in pari data, recante concessione di estensione dell’autorizzazione al subappalto da parte del RTI Consorzio Integra Società Cooperativa per l’esecuzione di opere di pavimentazione stradale in conglomerato bituminoso, per l’ulteriore importo di € 2.167.203,42;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della S.p.a ANAS;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 novembre 2017 la dott.ssa Maria Colagrande;
Uditi per le parti i difensori avv. Giuseppe Domenico Torre, su delega dell'avv. Marco Lancieri, e avv. dello Stato Lydia Fiandaca;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Il Consorzio Cooperative Costruzioni – CCC Società Cooperativa, costituito in raggruppamento temporaneo d’impresa con la Aleandri S.p.a. si è aggiudicato l’appalto per la progettazione esecutiva e la realizzazione dell’opera stradale “SS 96 Barese – Tronco Gravina-Bari: progetto dei lavori di ammodernamento con l’adeguamento alle sez. III CNR, del tratto fine variante Toritto Modugno, compresa la variante di Palo del Colle Ba 04/12” per un importo di € 71.398.669,67.
Il R.T.I. ricorrente ha chiesto e ottenuto dalla Stazione appaltante l’autorizzazione al subappalto dei lavori della categoria prevalente, per un importo pari a € 2.407.204,22, entro il limite massimo del 30% dell’importo della categoria prevalente, ai sensi dell’art. 170 del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 5 ottobre 2010, importo stimato dalla stazione appaltante in € 8.328.011,75.
La successiva istanza di estensione del subappalto per ulteriori € 3.348.994,79 è stata autorizzata per soli € 1.181.741,37.
A sostegno del gravame viene dedotto che la stazione appaltante avrebbe erroneamente considerato compreso nell’importo massimo subappaltabile, oltre il valore del subappalto indicato nei relativi contratti, anche i costi dei materiali necessari per eseguirli, nonostante questi fossero forniti dall’aggiudicatario appaltatore, come convenuto nei contratti di subappalto.
Il R.T.I. riferisce di aver risolto i contratti di subappalto eccedenti il limite concedibile calcolato erroneamente dalla stazione appaltante e chiede pertanto il risarcimento dei danni derivanti dalla necessità di gestire in proprio le relative lavorazioni.
Resiste l’ANAS con controricorso.
All’udienza pubblica del 21 novembre 2017, sulle conclusioni delle parti, la causa è passata in decisione.
Il ricorso è infondato.
Il comma 1 dell’art. 170 del decreto del Presidente della Repubblica n. 270 del 5 ottobre 2010, vigente ratione temporis, dispone: La percentuale di lavori della categoria prevalente subappaltabile o che può essere affidata a cottimo, da parte dell’esecutore, è stabilita nella misura del trenta per cento dell’importo della categoria calcolato con riferimento al prezzo del contratto di appalto.
Se ne deduce che la variabile indipendente che determina la percentuale subappaltabile dei lavori della categoria prevalente è sottratta all’autonomia contrattuale delle parti ed è individuata ex lege nel prezzo d’appalto relativo alla categoria prevalente.
A tal fine per “prezzo del contratto d’appalto” deve intendersi, ai sensi dell’art. 3 comma 7 (appalti pubblici di lavori) del decreto legislativo n. 163 del 12 aprile 2006, il corrispettivo, risultante dall’aggiudicazione, della progettazione esecutiva e realizzazione dell’opera commissionata all’appaltatore.
Ne consegue che con il prezzo d’appalto, secondo la disposizione dell’art. 170, comma 1, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 207/2010, viene compensato, secondo il criterio di corrispettività, il valore dell’opera o dell’intervento, quale risultato della prestazione dell’appaltatore che la esegue con organizzazione e mezzi propri.
Sotto altro profilo è chiaro che la distinzione fra il prezzo dei materiali - che la parte ricorrente esclude dalla base di calcolo a motivo del fatto che la fornitura dei materiali è contrattualmente posta a carico del R.T.I. – e il prezzo delle sole lavorazioni, ha rilevanza solo nel cottimo (comma 6 del citato art. 170) e non rileva ai fini del regime applicabile al subappalto.
La figura del cottimo è infatti distinta, per dettato normativo, dal subappalto che, ai sensi del comma 11 dell’art. 118 del decreto legislativo n. 163/2006, ha ad oggetto una prestazione – fra quelle che concorrono a realizzare l’opera oggetto dell’appalto – da eseguirsi, al pari di questo, mediante combinazione di mezzi e manodopera in posizione d’indipendenza e autonomia rispetto all’appaltatore (A.V.C.P., parere del 20 dicembre 2012 - AG n. 25/2012).
Ciò premesso, in linea di principio, è chiaro che, se le parti hanno convenuto un subappalto, cui tipicamente consegue l’assunzione in capo al subappaltatore del rischio connesso all’organizzazione dei fattori necessari per la realizzazione del risultato, ivi compreso quello derivante dagli eventuali difetti di detti materiali, l’acquisto, a qualsiasi titolo, di materiali dall’affidatario dell’appalto non si distingue da quello eventualmente convenuto con un altro fornitore, non ne muta quindi la causa tipica ed è, come quello, certamente irrilevante ai fini del calcolo della percentuale di lavori subappaltabili.
Resta dunque dimostrato che, in difetto di una deroga espressa, i singoli importi subappaltabili entro il limite 30% dell’importo della categoria prevalente vanno calcolati con lo stesso criterio di calcolo del prezzo d’appalto del quale costituiscono una frazione, tenendo conto cioè delle lavorazioni e dei materiali necessari per ciascuna prestazione subappaltabile, indipendentemente dai patti convenuti delle parti nel contratto derivato.
La soluzione è coerente, dal punto di vista dogmatico, con la natura di subcontratto del subappalto che mutua la propria disciplina dal contratto d’appalto: così come la percentuale di lavori della categoria prevalente subappaltabile, è stabilita nella misura del trenta per cento dell’importo della categoria calcolato con riferimento al prezzo del contratto di appalto, per derivazione anche il prezzo del contratto di subappalto è, ad ogni fine, quello corrispondente in parte qua all’importo della categoria (singola prestazione/lavorazione) commissionata al subappaltatore.