lunedì 15 ottobre 2018

persona svantaggiata e tutela patrimonio artistico

....L'orientamento giurisprudenziale relativo agli articoli 4 e 5 della legge n. 13 del 1989, la prevalenza dell’interesse alla protezione della persona svantaggiata di fronte alla tutela del patrimonio artistico, interesse che può soccombere solo in casi eccezionali; da tale prevalenza deriva per l’Amministrazione “un onere motivazionale particolarmente intenso circa il serio pregiudizio per il bene storico-artistico derivante dall’intervento di eliminazione delle barriere architettoniche”. Inoltre, sotto il profilo soggettivo, “la normativa di favore di cui alla legge n. 13 del 1989 si applica anche quando si tratti di persone anziane le quali, pur non essendo portatrici di disabilità vere e proprie, soffrano comunque di disagi fisici e di difficoltà motorie. La legge in questione infatti, in base ad un'interpretazione costituzionalmente orientata, esprime il principio secondo il quale i problemi delle persone affette da una qualche specie di invalidità devono essere assunti dall'intera collettività, e in tal senso ha imposto in via generale che nella costruzione di edifici privati e nella ristrutturazione di quelli preesistenti, le barriere architettoniche siano eliminate indipendentemente dalla effettiva utilizzazione degli edifici stessi da parte di persone disabili, trattandosi comunque di garantire diritti fondamentali” (Consiglio di Stato n. 4824 del 18 ottobre 2017)”.
La legge n. 13 del 9 gennaio 1989, "Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati", all’art. 1 indica espressamente le opere considerate necessarie per favorire il superamento o eliminare tali barriere (da realizzare obbligatoriamente nella costruzione di nuovi edifici e nella ristrutturazione di interi edifici), tra cui, alla lettera d), “l'installazione, nel caso di immobili con più di tre livelli fuori terra, di un ascensore per ogni scala principale raggiungibile mediante rampe prive di gradini”.
Ai sensi degli articoli 4 e 5 della medesima legge, qualora la realizzazione di tali interventi avvenga su immobili soggetti a vincolo, la competente soprintendenza è tenuta a provvedere entro centoventi giorni dalla presentazione della domanda, anche impartendo, ove necessario, apposite prescrizioni; la mancata pronuncia nel termine equivale ad assenso; l'autorizzazione può essere negata solo ove non sia possibile realizzare le opere senza serio pregiudizio del bene tutelato; il diniego deve essere motivato con la specificazione della natura e della serietà del pregiudizio, della sua rilevanza in rapporto al complesso in cui l'opera si colloca e con riferimento a tutte le alternative eventualmente prospettate dall'interessato.
“In una valutazione comparativa fra diversi interessi di forte rilevanza sociale, il legislatore ha ritenuto che gli interventi di natura edilizia volti a favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche, negli edifici privati che sono sottoposti a disposizioni di tutela per il loro particolare interesse paesaggistico o storico artistico, possono essere non consentiti, dalle amministrazioni cui spetta l'esercizio delle funzioni di tutela, solo se recano un serio pregiudizio al bene tutelato. Per effetto delle indicate disposizioni può essere, pertanto, anche ammesso un pregiudizio ad un bene che è tutelato, per il suo particolare valore paesaggistico o storico-artistico, tenuto conto del rilievo sociale che assumono (anche) le opere necessarie ad eliminare le barriere architettoniche, purché tale pregiudizio non sia serio e quindi non comprometta in modo rilevante il bene tutelato. Alle amministrazioni che esercitano le funzioni di tutela spetta quindi il delicato compito di valutare la rilevanza del pregiudizio che il bene tutelato potrebbe subire per effetto dell'intervento edilizio progettato al fine di eliminare le barriere architettoniche. Tale attività valutativa si connota peraltro di una sua peculiarità rispetto alle valutazioni che sono da tali amministrazioni normalmente compiute nell'esercizio del loro potere/dovere di tutela, perché, quando l'intervento edilizio è progettato al fine di eliminare le barriere architettoniche, le amministrazioni di tutela possono ritenere possibili anche interventi in grado di arrecare un pregiudizio (purché non sia rilevante) al bene tutelato e consentire, quindi, anche una parziale alterazione di un bene che altrimenti non potrebbe essere alterato (Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 marzo 2016, n. 905)”.
...il legislatore, “nel bilanciamento degli interessi in gioco inerenti da una parte alla tutela del patrimonio storico ed artistico nazionale e dall'altra alla salvaguardia dei diritti alla salute ed al normale svolgimento della vita di relazione e socializzazione dei soggetti in minorate condizioni fisiche - espressamente tutelati dagli artt. 3, comma 2, e 32 della Costituzione - ha inteso dare prevalenza ai menzionati diritti della persona relegando il diniego dell'autorizzazione ai soli casi di accertato e motivato serio pregiudizio del bene vincolato. Se da un lato non vige un principio di superabilità e derogabilità assoluta e automatica dei vincoli posti a tutela del patrimonio culturale, da un altro le valutazioni negative devono farsi carico della presenza del serio pregiudizio, da rapportare alle concrete caratteristiche del bene protetto. Ne consegue che l'Amministrazione, per dar luogo a una pronuncia negativa della domandata autorizzazione, deve identificare ed esternare gli elementi che caratterizzano il pregiudizio e la sua serietà, in concreto rapporto alle caratteristiche proprie del bene culturale in cui l'intervento andrebbe a collocarsi” (Tar Lazio, II quater, 25 luglio 2017, n. 8928; 2 marzo 2018 n. 2343).